> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
_

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
_

Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

_

X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


_

APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
_

A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

_

Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
_

Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
_

NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

_

IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
_

PREDICAZIONE. 14-11-10. Commento alla Sacra Scrittura

14-11-10 - XXXIII Domenica del tempo ordinario – Anno C

Mal 3,19-20; 2Tess 3,7-12; Lc 21,5-19

Omelia

“dall’oriente e dall’occidente grande è il mio nome tra le genti…”

E’ forse Malachia un rappresentante di una tradizione che vede la possibilità di accogliere stranieri nel popolo di Dio se essi riconoscono il Dio d’Israele. Troviamo nella Bibbia diversi orientamenti al riguardo: c’è una spiritualità della chiusura, di chi pretendeva che ‘nessuno straniero, nessun incirconciso nella carne e nel cuore potesse essere ammesso al tempio. E’ questa la posizione di Esdra (cfr. Esd 7) e dell’ambiente sacerdotale del tempo del ritorno dall’esilio, del tempo della difesa di una identità dalle possibili contaminazioni con i popoli pagani. Malachia si pone piuttosto su di un’altra, quella dello sguardo del terzo Isaia: “Gli stranieri che hanno aderito al Signore per servirlo, e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera… perché il mio tempio si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli” (Is 56,6-7). Il tempio non è concepito come segno di esclusione ma come luogo di accoglienza. Nell’ultimo capitolo del suo libro Malachia presenta il motivo dell’attesa di un ‘giorno del Signore’: al centro sta il messaggero che deve preparare la via. Secondo la tradizione ebraica Elia non era morto, ma trasferito in cielo (2Re 2,11), e sarebbe un giorno ritornato per accompagnare il popolo a prepararsi alla venuta di Dio. Elia è identificato con questo messaggero: ‘ecco io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile’ (Mal 3,23). Il giorno grande è il ‘giorno del Signore’. Immagine che ritorna nei profeti. Amos lo indica vede come momento temporale in cui Dio fa irruzione in modo inevitabile e definitivo (Am 5,18-20): “Come quando uno fugge davanti al leone e si imbatte in un orso; entra in casa, appoggia la sua mano sul muro e un serpente la morde”. In una sequenza di minacce inevitabili il giorno del Signore è evocato come momento di un giudizio: nessuno può sfuggire e allora si compirà la speranza di giustizia e di pace presente nei cuori dei poveri. In quel giorno Dio stesso si scaglierà contro i buontemponi e contro gli ipocriti esecutori di un culto separato dalla vita: ‘piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente in piena’ (Am 5,24).

Malachia descrive questo ‘giorno del Signore’ con le immagini del fuoco e della paglia che si consuma. Dio stesso sarà ‘testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adulteri, contro gli spergiuri, contro chi froda il salario all’operaio, contro gli oppressori della vedova dell’orfano e contro chi fa torto al forestiero” (Mal 3,5). In contrasto con questa scena di fuoco, sta l’atmosfera di gioia di coloro che sono indicati come ‘cultori del nome di Dio’: per esso ‘sorgerà il sole di giustizia con raggi benefici e voi uscirete saltellanti come vitelli di stalla’ (Mal 3,20).

“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”

Anche nel vangelo di Luca, come in Marco e Matteo, a conclusione dell'attività di Gesù è presentato un discorso sulla città di Gerusalemme, sulla sua fine: Luca segue lo schema presente in Marco, una introduzione, lo sguardo al tempio e al suo ornamento di belle pietre e la parola di Gesù: "non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta" (vv.5-6). Segue l'annuncio della fine e della rovina di Gerusalemme e dei segni che verranno prima (vv.7-11.20-24). Infine l'annuncio della salvezza finale con i segni che la annunceranno (vv.25-33). Il discorso si conclude con un invito alla perseveranza nella persecuzione ed alla vigilanza (vv.12-19.34-36).

Gesù fa riferimento al ‘giorno del Signore’ a Gerusalemme, nell’area del tempio: (Lc 21,6). Attorno gli chiedono: ‘quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno quando esse staranno per accadere?” (Lc 21,7). Gesù si sottrae a domande inutili, che non cambiano la vita, soddisfacimento di curiosità senza ricadute in una prassi. Critica anche la ricerca di segni, in tutto funzionali ad una pretesa di dominio del futuro, attitudine superstiziosa e di idolatria. Invita invece a vivere la vigilanza, invita ad essere responsabili nel tempo presente, invita ad operare scelte che attuino la promessa del regno, in continuità con i suoi gesti. Tutti i motivi di prova e di persecuzione saranno occasione di rendere testimonianza e di scoprire la presenza forte dello Spirito che agisce nei cuori.

Il discorso di Gesù è davanti a tutto il popolo, non solo a pochi discepoli - come in Marco. Con accenti profetici, che riecheggiano le parole di Geremia di Michea, di Ezechiele, è evocata la fine di un tempo, l'avvicinarsi di un radicale cambiamento.

I segni che preannunciano tale svolta sono quelli che i profeti indicavano come i segni dell'intervento di Dio nella storia. Parlando di un giudizio di Dio da attendere annunciavano la caduta di Gerusalemme. Luca riprende questi motivi e riecheggia anche l'impressione dei suoi contemporanei per gli avvenimenti dell'intervento dei romani nel 70. In particolare egli vede nell'invito a fuggire dalla città il movimento di una chiesa spinta ad uscire verso le genti. Nel discorso di Gesù, Luca quindi presenta una riflessione sulla storia. In questa storia umana si rende presente la salvezza di Dio. La salvezza in Luca ha una dimensione di liberazione (dall'oppressione, da tutto ciò che opprime e sta alla radice di ogni esclusione e paura, un 'uscire al largo' - Lc 5,20-24 -) ed una dimensione storica: Gesù non segue la scelta della lotta armata degli zeloti, non la politica astuta di compromesso dei sadducei, e neppure l'atteggiamento dei farisei che nutre un'attesa facendo coincidere regno di Dio con le osservanze legali. La sua proposta di salvezza si connota come fedeltà estrema a Dio e solidarietà con gli uomini rovesciando le logiche di dominio e di oppressione, costituendo una comunità a partire dagli esclusi.

Di fronte alla distruzione del tempio compiuta dalle armate romane nell’anno 70 la comunità di Luca ricordava l’invito di Gesù: ‘quando sentirete di guerre e di rivoluzioni non terrorizzatevi, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine”: non pensare quindi che è giunta la fine, ma vivere sin d’ora quegli atteggiamenti che sono in sintonia con il fine della storia, questo chiede Gesù ai suoi. Il regno di Dio si realizzerà alla fine ma già sin d’ora è all’opera e cresce in ogni scelta e in ogni atteggiamento di affidamento all’opera dello Spirito e di testimonianza di Gesù. Sta qui la fiducia del credente che fonda il suo impegno quotidiano sulle parole: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Dalla Parola alla preghiera

Cambia il nostro cuore Signore per aprirci alla fede e non seguire le varie curiosità di tipo religioso e la ricerca delle nostre sicurezze come idoli…

Donaci Signore il senso della fedeltà al lavoro e del guadagnarsi il pane. Donaci il senso delle cose ben fatte con le nostre mani e con la nostra intelligenza, facci comprendere il senso della fatica, donaci la gioia di vedere l’esito di un impegno che ha richiesto tempo e preparazione, donaci di saper educare i giovani a questo stile di vita…

Aprici ad un impegno di vigilanza e responsabilità nel presente: donaci coraggio e inventiva per rimanere svegli quando il torpore è diffuso, quando attorno prevale una religiosità di tipo magico e disincarnato…

Donaci di scoprire il senso dell’attesa profonda nella nostra vita, l’attesa del tuo venire che ci raggiunge nel nostro oggi e ci apre ad un futuro oltre ogni immaginazione…

Uno spunto da…

“Spero che i temi che via via espongo siano utili per sviluppare in direzioni finora poco considerate la discussione in corso sulla flessibilità del lavoro. Essa ricorda, mi permetto di dire, l’equipaggio di una barca che in mezzo all’oceano discuta animatamente delle modifiche da apportare al logo sulle vele anziché predisporre le misure per far fronte alla tempesta che si annuncia. Nell’oceano del lavoro la tempesta deriva dall’aver messo in competizione tra loro, deliberatamente, il mezzo miliardo di lavoratori del mondo che hanno goduto per alcuni decenni di buoni salari e condizioni di lavoro, con un miliardo e mezzo di nuovi salariati che lavorano in condizioni orrende con salari miserandi. La richiesta di accrescere i lavori flessibili è un aspetto di tale competizione. Il problema – smisurato – che la politica nazionale e internazionale dovrebbe affrontare sta nel far sì che l’incontro che prima o poi avverrà tra queste due parti della popolazione mondiale avvenga verso l’alto della scala dei salari e dei diritti piuttosto che verso il basso; che è l’esito verso cui finirebbe per condurci lo smantellamento delle protezioni legali dell’occupazione – uno dei tanti sinonimi della flessibilità. Proponendo che la politica si occupi di questo, piuttosto che del logo sulle vele, mi auguro di poter contribuire in qualche modo e misura a migliorare la condizione sociale e umana delle tante donne e uomini che ogni giorno sperimentano di persona che cosa significhi essere un lavoratore flessibile”

(L.Gallino, Il lavoro non è una merce, Laterza 2008)

Il titolo del libro di Luciano Gallino riprende un’espressione della “Dichiarazione di Filadelfia” del 1944 dell' Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), ente collegato alle Nazioni Unite. Proprio questa organizzazione negli ultimi sessant’anni ha messo in risalto come nella tensione tra capitale e lavoro il processo di indebolimento e del venir meno della forza della componente dei lavoratori non producesse alcun risultato positivo nell’ambito della giustizia sociale ma anche, ad un altro livello nel potere d'acquisto dei lavoratori stessi.

Nel libro Gallino si confronta con le cause dell’attuale crisi economica e finanziaria trovandone le cause in processi lontani nel tempo a partire dagli anni 70 con la crisi petrolifera che segnò il momento di passaggio del sistema capitalistico occidentale verso scelte di rafforzamento del capitale a scapito delle conquiste avvenute a favore dei lavoratori nei trent’anni precedenti in cui era prevalso un indirizzo keynesiano e socialdemocratico.

Egli prende soprattutto in esame il lavoro flessibile e osserva come tale tipo di lavoro sia la conseguenza di precise scelte dal punto di vista politico ed economico. In fondo sta l’idea di pianificare il lavoro riducendolo a merce allargando la domanda di lavoro quando aumenta la richiesta di prodotti e facendola diminuire quando la richiesta di prodotti cala.

A questo si collegano altri fenomeni legati alla globalizzazione che per il lavoro significano fondamentalmente la delocalizzazione, ossia il trasferimento del lavoro nelle zone d’Europa e del mondo in cui non vi sono tradizioni sindacali, non c’è tutela giudica del lavoro e le norme per la sicurezza dei lavoratori sono di livello bassissimo.

Tale scelta della flessibilità del lavoro non produce alcun tipo di vantaggi né per i lavoratori di qui né per i lavoratori di altri luoghi, ma semmai produce solamente un guadagno per l’impresa, anche perché la delocalizzazione si accompagna con il venir meno delle forme di tutela sociale dei lavoratori. In buona sostanza Gallino sostiene che le promesse legate alla logica della flessibilità del lavoro di un miglioramento della qualità del lavoro e delle ricadute positive sulla vita dei lavoratori di fatto non si realizzano assolutamente. E le conseguenze stanno sotto i nostri occhi nelle diverse forme che sta assumendo la precarizzazione della vita delle persone con costi sociali difficilmente calcolabili. Un altro termine per lavoro flessibile è lavoro precario laddove la forma di contratto di lavoro dominante è quella del lavoro ‘atipico’ in cui la durata può essere di poche settimane. Ma quali i costi di tale precarietà che segna la vita soprattutto dei giovani? Le sue analisi al riguardo sono interessanti per la capacità di porre insieme attenzione non solo al dato economico, ma insieme ad esso il dato sociale e quello politico delle questioni che sono profondamente interrelati.

“Sono state le grandi imprese europee e americane, e italiane non poche, che hanno messo in rapporto grossomodo un miliardo e passa di persone da 5, 8, 10 dollari al giorno di retribuzione, quando tutto va bene (diritti zero, sindacati zero, eccetera) con il mezzo milione di persone di cui fanno parte i 25 milioni di lavoratori italiani che invece hanno retribuzioni che rispetto a quelle altre vanno sicuramente considerate ancora relativamente elevate, con diritti ancora notevolmente elevati e condizioni di lavoro umane, anche se in via di progressivo appesantimento. Cosa se ne trae da questo? Se ne trae che politiche del lavoro che volessero veramente evitare che il lavoro italiano, o europeo, o altro, scenda lungo le scale del diritto, delle retribuzioni, delle condizioni ambientali eccetera, verso le pessime condizioni che si osservano nei paesi emergenti, dovrebbe essere una politica, dovrebbe essere una serie di politiche che sono impegnate soprattutto a migliorare le condizioni di lavoro nei paesi emergenti” (L.Gallino in http://www.dossetti.com/corso/corso%202009/200907gallino.html)

Gallino propone due soluzioni di tipo politico alla situazione che egli vede profilarsi come aggravarsi di una condizione che già al presente vede nel mondo un 50 % dei lavoratori che non riesce a garantire a se e ai propri congiunti (2 o 3 a testa) più di due dollari al giorno, quindi con una media di guadagno di dieci dollari al giorno. Egli parla di ‘reddito base’ (basic income) e dello ‘stato come datore di lavoro di ultima istanza’. Il reddito base permetterebbe a chi si trova senza lavoro di non dover accettare qualsiasi condizione e qualsiasi tipo di contratto pur di lavorare, come invece accade. Due proposte da discutere ma che certamente possono aprire gli occhi sull’importanza del lavoro che non solamente è un diritto ma è anche un’esperienza della vita umana che non può andare senza diritti.

“Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi” (2Tess 3,7-12).

Dalla Parola alla vita

Qui di seguito la recensione di un testo uscito in Francia e che vede come autrici due donne, due che si definiscono una cattolica di tradizione l’altra cattolica da metà navata, ma che hanno vissuto un passaggio di responsabilità e di risveglio nel loro impegno di battezzate e di donne di fede che nutrono uno sguardo profondo per la vita della comunità ecclesiale nel suo insieme. (Anne Soupa e Christine Pedotti, Les Pieds dans le bénitier, Presses de la Renaissance)

Philippe Clanché La mia parrocchia è scoppiata, “Témoignage chrétien” 3417, 4 novembre 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)

“Fino ad allora eravamo delle 'gattine addormentate', appena svegliate ci siamo accorte di avere le unghie”. In effetti, le due 'gattine', la giornalista Anne Soupa, 'cattolica della tradizione e cattolica del mio tempo', e l'editrice Christine Pedotti, 'cattolica da metà navata', non avevano nulla che potesse far pensare che sarebbero diventate delle agitatrici. Ma bastò una frase infelice - “l'importante non è avere una gonna, ma avere qualcosa nella testa”, pronunciata alla radio nel novembre 2008 da André Vingt-Trois – per far nascere questo duo protestatario. Il libro racconta dall'interno la loro avventura e la decisione di far nascere le loro due creazioni: il Comité de la jupe e poi la Conférence catholique des Baptisés de France (CCBF).

Unendo citazioni bibliche, riferimenti teologici e frasi a effetto, le due saggiste delineano il ritratto di una Chiesa cattolica in affanno. Della pietosa storia dell'atteggiamento della Chiesa verso le donne preferiscono ridere, dicendo, rivolte alla Vergine Maria, modello di femminilità difeso dalla Chiesa: “Perdonaci di averti ridotta ad una meringa bianca ed evanescente.” Rispondendo ad un argomento d'attualità, non si trattengono più: “In materia di contro-cultura, si vede soprattutto un piccolo club di vecchi signori in abito lungo che compuntamente vanno in processione o che dicono alla gente come comportarsi in camera da letto.” Sulla base di un approfondito studio sul battesimo, rivendicano per tutti i laici completa libertà di parola e di pensiero: “Non si tratta di obbedire al papa, al direttore spirituale o al Catechismo della Chiesa cattolica, ma di lasciarci cambiare, modellare dalla parola di Dio.”

Danno un nome alla malattia da combattere: la presbiterocrazia, il clericalismo, “non l'esistenza dei preti né la loro azione, ma la loro onnipotenza”, mentre “la Chiesa non è fatta esclusivamente da preti, né per i preti”. Fatta questa constatazione, severa, ma sempre argomentata, Anne Soupa e Christine Pedotti espongono il loro obiettivo - “far attenzione a mantenere un cattolicesimo insieme critico e aperto” - e la strategia della CCBF: “Né andarcene né stare zitti. Non chiedere niente e sperare tutto”. Finito il tempo delle rivendicazioni davanti alle porte chiuse di coloro che “negano la crisi e si ostinano a non cambiare nulla”. Lucide e critiche, ma “niente affatto disperate”, invitano i loro lettori a immaginare – a sognare – cento proposte da attuare. Per ridare stabilità alla casa che rischia di crollare, “la sola, autentica risposta è restituire al popolo di Dio, cioè a tutti i battezzati, il suo vero posto in tutta 'l'economia ecclesiale', ossia nella liturgia, nella predicazione, nell'annuncio del vangelo, nella presidenza delle comunità e nel governo parrocchiale, nazionale, romano”.

Di gradevole lettura, spesso gioioso, questo solido pamphlet di due innamorate della Chiesa è molto più di una semplice protesta. È da meditare seriamente”.

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
__________________________________________________________________

IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

__________________________________________________________

PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
__________________________________________________________________

La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

AVVERTENZA

I blog che seguono (cui si può accedere col comando - in alto al centro - "blog successivo") non sono legati a questo sito, che rimane autonomo e indipendente quanto ai suoi contenuti.