7-11-2010 - XXXII Domenica del tempo ordinario - Anno C
2Mac 7,1-14; 2Tess 2,16-3,5; Lc 20,27-38
Omelia
“giunto all’ultimo respiro, disse: ‘Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna’”
La Bibbia è testimonianza di un cammino: storia di alleanza ma anche percorso di crescita e di apertura a nuove dimensioni della fede nel Dio dell’esodo. L’orizzonte della risurrezione – il rialzarsi alla vita dopo la morte - solamente poco alla volta si affaccia alla coscienza credente nel Primo Testamento. Una grande metafora che indica il ‘rialzarsi’ è la visione di Ezechiele che presenta la grandiosa scena di una pianura occupata da ossa inaridite, ma queste ossa toccate dallo spirito che emana dalla forza della profezia si ricongiungono, tornano a formare corpi, danno vita ad un popolo che riprende a vivere (Ez 37). E’ una grande metafora per indicare il rialzarsi del popolo d’Israele dopo la tragica esperienza dell’esilio. Il Dio vivente fa rialzare il suo popolo dopo la morte della dispersione e della deportazione. Tale grande metafora un po’ alla volta diviene il riferimento per l’aprirsi di un orizzonte nuovo: la consapevolezza di fede che la morte non può essere l’ultima parola. Dio rimane fedele anche nella morte e oltre la morte verso coloro che si sono affidati a lui. E’ la grande speranza presente in alcuni salmi: “non lascerai che il tuo giusto veda la corruzione… mi insegnerai la via della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine accanto a te” (Sal 16,10-11).
Nel II° secolo a.C. al tempo della persecuzione di Antioco assume particolare rilevanza l'esperienza della morte, in particolare la morte di 'giusti', che giungono a subire la morte per la loro resistenza al potente, pur di rimanere fedeli alla volontà di Dio manifestata nella legge. Tale testimonianza dei martiri, induce a maturare il senso di una apertura della vita stessa nel rapporto con Dio fedele che non può venir meno alle sue promesse di salvezza verso i suoi fedeli.
Così nelle parole di uno dei fratelli Maccabei sotto tortura è espressa tale coscienza che contrappone al potere dell'imperatore di turno - il 'signore' che pretende di avere il dominio sui corpi e sulle esistenze - l'unica signoria di colui che ha potere sulla vita in quanto ne è grembo e patria: "Tu o scellerato, ci elimini, dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna". Ed un altro dei fratelli diceva: "E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te la risurrezione non sarà per la vita".
Ciò che rende forti i martiri di fronte alla persecuzione è la speranza nell'adempimento delle promesse di Dio. La loro fede si connota come contestazione al potere che pretende di piegare a sé la vita e si esprime come fiducia incondizionata di una vita oltre la morte.
“lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene”.
La seconda lettera ai Tessalonicesi, testo della tradizione paolina segnato dalla preoccupazione per le 'cose ultime' esprime la convinzione delle prime comunità che l'attesa del Signore e la fede nella risurrezione appartiene al cuore del messaggio cristiano. Il riferimento agli ultimi tempi offre una luce per poter vivere l'esperienza del presente e nutre l'attesa, attitudine fondamentale del cristiano che vive nella tensione al ritorno del Risorto. Da un lato c’è la fiduciosa attesa della venuta finale di Cristo, la parusia. Dall’altro la lettera parla di un elemento inquietante il 'mistero dell'iniquità': esso è attivo nella storia ma non ha ancora raggiunto la sua manifestazione piena. E’ questo un modo per esprimere la dinamica del peccato come rifiuto di Dio e idolatria: un mistero di egoismo, di superbia, di dominio. Dio, il Padre che ha risuscitato Gesù dando la sua conferma definiva di vita ad una esistenza vissuta nell’amore totale, è radicalmente opposto al male. Il male sarà definitivamente sconfitto e la risurrezione è l’evento che ha segnato tutta la storia. Ma ciò avverrà non per opera umana ma per un intervento di Dio che tiene in mano la storia. Lui solo potrà 'con un soffio della sua bocca' annientare il male. Da qui e da qui solo può sgorgare, nonostante l’esperienza del male che segna l’esistenza, una serena certezza nella vita dei credenti: il Signore Gesù e il Padre ci ha amato (al singolare) e ci ha dato 'una consolazione incrollabile ed una buona speranza'. La consolazione che deriva dall’esperienza dell’essere amati è a sua volta radice della fede nella risurrezione ed è motivo per volgersi a Dio che è fedele: La fede (pìstis), come fiducia e affidamento della vita, trova la sua stabilità in Dio che è fedele (pistòs).
“Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui”
Luca presenta un dibattito tra Gesù e i sadducei, gruppo giudaico legato che rappresentava la classe sacerdotale, legato al culto, al tempio. Essi riconoscevano solamente la Torah e, basandosi solo su questi testi, non ammettevano la possibilità di una risurrezione. Il caso presentato a Gesù è un caso di scuola, atto a mettere in luce la contraddizione tra il pensiero di una vita oltre la morte e alcune reali condizioni dell'esistenza: è il caso della moglie che ha avuto sette mariti. Di chi sarà moglie nella risurrezione?
La risposta di Gesù è caratterizzata dal suo aprire ad orizzonti che stanno oltre le piccole dispute di una teologia che intende racchiudere Dio nelle logiche e nelle architetture umane. Pone in luce due elementi fondamentali del suo sguardo alle cose e alla vita: critica innanzitutto la prospettiva dei suoi interlocutori e sposta il problema. Se la questione è quella di pensare la risurrezione come un prolungamento della vita terrena, non sta qui la questione. Potremmo dire che prende le distanze da una teologia fatta di elucubrazioni che non vanno al cuore della fede. La risurrezione è una condizione diversa, con i caratteri della novità rispetto alla esperienza della vita terrena. E’ esperienza di una comunione con il Dio fedele che si apre ad un dono che solo da Dio proviene. In secondo luogo Gesù afferma l'esistenza di un pensiero alla risurrezione in tutta la Bibbia, a partire da Mosè: va così all'essenziale ma anche al cuore vitale della Bibbia. L'orizzonte di fondo è quello che pone Dio al centro, che si lascia interrogare dal Dio che si comunica. Nel roveto ardente Mosè si rivolge al Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, Dio dei viventi, Dio dell'amore, non dei morti. Tutta la Scrittura è allora comunicazione di un incontro con un Dio che si relaziona come un vivente al suo popolo e a tutta l'umanità. Gesù conferma questo fondamento della fede ebraica e ne indica la profondità. Sarà l'incontro con lui dopo la sua morte sulla croce ad aprire ai discepoli il senso profondo di tale speranza.
Allora non si tratta di pensare ad una vita oltre la morte in termini solamente spiritualizzati. Gesù annuncia che tutto sarà ricuperato, che nulla andrà perduto. Rifiuta la provocazione dei sadducei ma rinvia ad una dimensione nuova in cui tutto ciò che appartiene alla vita troverà pienezza, compimento trasformazione: nulla andrà perduto di ciò che costituisce la nostra vita umana, la corporeità, gli affetti i legami. ma tutto sarà nuovo, sarà in una dimensione di incontro non dicibile e che apre allo stupore.
Dalla parola alla preghiera
Aprici Signore alla fede nella risurrezione come incontro con il Dio fedele che prende su di sé tutta la nostra storia…
Apri i nostri cuori Signore ad accogliere la consolazione e la sicura speranza che ci viene dal Padre nostro che ci ha amati…
Ti preghiamo Signore di renderci aperti al dono della via eterna che inizia sin dal nostro presente in rapporti nuovi di fiducia in Dio e di apertura agli altri ed alla speranza nel Dio dei viventi…
Rendici attenti alla vita in tutti i suoi aspetti e manifestazioni: la vita dei piccoli e di chi è indifeso, la vita minacciata di chi è senza lavoro, la vita disprezzata di chi è utilizzato come oggetto dai potenti, la vita emarginata di chi straniero è respinto, la vita dimenticata di chi non più efficiente ha bisogno di cure…
Uno spunto da…
In Germania le chiese cattolica e protestanti insieme, nei loro vertici istituzionali (card. Karl Lehmann, Presidente della Conferenza episcopale tedesca, cattolico, e Manfred Kock, presidente delle Chiese Evangeliche in Germania) nel 2003 hanno pubblicato un documento che attuava una revisione di un documento precedente del 1999, dal titolo Disposizioni sanitarie del paziente cristiano. In esso tra altre cose si dice:
“Le vostre Chiese offrono a voi, loro membri, e a tutti coloro che sono attivi nel campo della sanità, un’assistenza pastorale. Questo vale in modo particolare per decisioni gravi sul finire della vita. Nulla deve rimanere intentato per rendere possibili alle persone una vita in pace, dignità e autodeterminazione fino al giungere della morte”.
E’ poi proposto un formulario con l’invito ad esprimere le disposizioni assistenziali-sanitarie del paziente cristiano:
“Per il caso in cui io non possa dare forma o esternare la mia volontà, dispongo quanto segue:
Non mi possono essere messe in atto misure intese a prolungare la vita se viene constatato, secondo scienza e coscienza medica, che ogni provvedimento per il prolungamento della mia vita è privo di prospettiva di miglioramento clinico e solamente ritarderebbe la mia morte.
In questo caso assistenza e trattamenti medici, come anche cure premurose, devono essere diretti al lenimento delle conseguenze del male, come p. es. dolori, agitazione, ansia, insufficienza respiratoria o nausea, anche se la necessaria terapia del dolore non esclude un accorciamento della vita.
Io voglio morire con dignità e in pace, per quanto possibile vicino e a contatto dei miei congiunti e delle persone che mi sono prossime e nel mio ambiente familiare.
Desidero assistenza spirituale. La mia confessione è …..”
Segue poi la parte nella quale il firmatario indica la persona di fiducia alla quale attribuisce la procura.
Il documento esclude l'eutanasia attiva come non compatibile con la concezione cristiana della vita, ma afferma che l'eutanasia passiva "punta a un dignitoso lasciar morire, nello specifico non proseguendo o non iniziando nemmeno un trattamento volto al prolungamento della vita", ad es. l'alimentazione artificiale, la respirazione artificiale o la dialisi, la somministrazione di farmaci come ad esempio antibiotici, nel caso di malati inguaribili e terminali. Per la Conferenza episcopale tedesca e per la Evangelische Kirche in Deutschland l'eutanasia passiva presuppone il consenso del morente ed è "giuridicamente ed eticamente ammissibile". In Germania nel 2009 è stata approvata una legge sul testamento biologico.
Così commenta questo testo don Roberto Fiorini, che da anni assiste il padre con sondino in permanenza: “Questa posizione non è una stranezza tedesca, ma è in linea con quanto il Catechismo della chiesa cattolica afferma al paragrafo 2278, dove, a proposito dell’interruzione di procedure mediche si afferma: “Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”. Proprio perché il baricentro della decisione riposa sul singolo paziente, naturalmente in alleanza con le competenze mediche, è ovvio che da situazioni analoghe possano scaturire opzioni diverse.” (Micromega, 10 marzo 2009).
Il sottile confine tra vita e morte diviene oggi anche frontiera per aprire domande profonde sul senso di una testimonianza che riguarda la fedeltà ricevuta come dono dal Dio vivente e nello stesso tempo la fiducia e la speranza che questa vita terrena e biologica si apre a dimensioni più grandi nell’incontro con il Dio dei viventi.
Dalla Parola alla vita
Renato Sacco sollecita ad una riflessione in questi tempi di assuefazione all’imbarbarimento sull’importanza della lucidità del dissenso.
“L’assemblea applaude un uomo di mezza età che – imbarazzato o intimorito dalla vicinanza del potente – non riesce o non vuole prendere le distanze dalla richiesta formulata a mo’ di battuta “avrei una ragazza da sistemare... tra questi stands...”. E la risposta è “ci penso io”. Chi è quell’uomo? E chi sono quelli che applaudono?
Credo che possono essere la nostra fotografia. Di ognuno di noi quando, per paura, sudditanza, comodità o interesse, preferiamo assecondare, dare il consenso invece che esprimere il dissenso. I potenti hanno sempre bisogno di consenso. Altrimenti il loro potere crolla. Questo vale a ogni livello, politico, economico, militare.
C’è il rischio di dare un consenso, anche se apparentemente molto lontano, a quanto sta succedendo in Iraq: la strage di cristiani nella chiesa siro-cattolica di domenica 31 ottobre, e poi tutte le altre violenze e uccisioni di questi giorni. Un consenso fatto forse di silenzio, perché le notizie sui mass media sono altre.
(…) Quale consenso si chiede con gesti del genere? Il consenso alle guerre di oggi, chiamate missioni di pace, utilizzando la memoria della prima guerra mondiale, degli oltre 650.000 mila morti ammazzati in quella che il Papa di allora definì “Un’inutile strage”. Sì, ha usato proprio la parola ‘strage’, la stessa usata per descrivere e condannare quanto è successo in quella chiesa a Baghdad domenica scorsa. È tragico che il potere usi anche i morti della prima guerra mondiale, magari chiamandoli eroi, quando invece erano semplicemente dei poveracci costretti a fare la guerra contro la loro voglia. E non si ricorda invece che l’opposizione popolare alla guerra era molto ampia e con la dichiarazione di guerra, crebbe anche nell’esercito. Su 5 milioni e 500 mila mobilitati per la prima Guerra Mondiale, 870.000 furono denunciati per insubordinazione. Oltre il 15%. E sappiamo che chi non ubbidiva agli ordini di attacco al grido ‘avanti Savoia!’ veniva fucilato anche sul posto. Il potere, men che meno quello militare, non ammette dissenso... Attenti allora a ogni forma di consenso data al potere, per non essere complici.” (Renato Sacco, Elogio del dissenso “Mosaico di pace”, 3 novembre 2010).
Alessandro Cortesi op