> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. Pasqua. Commento alla Sacra Scrittura

4-4-2010 - Domenica di Pasqua – Anno C

At 10,34a.37-43; 1Cor 5,6b-8; Gv 20,1-9

Omelia

“Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi”.

La Pasqua si colloca tra levito vecchio e lievito nuovo. Lievito vecchio rinvia a quel gioco familiare tutt’ora in uso nelle famiglie ebraiche nell’approssimarsi della primavera, il tempo della pasqua. Quando la pasqua si avvicina è il momento delle pulizie per la festa e ai bambini si dà il compito di trovare, quasi come in una caccia al tesoro tra le mura e gli angoli di casa, frammenti di lievito nascosti che devono essere poi eliminati. Perché a pasqua il pane non lievitato, cotto in fretta, prima della partenza è segno e memoria del partire in fretta al momento dell’esodo. E’ ricordo del pane di chi parte senza altra sicurezza se non la promessa di Dio che ha ascoltato il grido del suo popolo dalla schiavitù ed è sceso a liberarlo.

Il lievito vecchio è ciò che può far fermentare tutto in modo sbagliato, può far dimenticare la novità racchiusa nel passaggio della pasqua, passaggio dalla schiavitù alla libertà, dalla disgregazione alla scoperta di essere popolo, dall’anonimato di chi è schiavo senza nome al riconoscimento di essere guardati con amore e cura, chiamati ad un cammino di alleanza per tutti i popoli.

Ma c’è anche un lievito nuovo: è lievito di una pasta nuova: “Il regno dei cieli si può paragonare al lievito che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”. Il regno dei cieli, quel regno che non sta nei cieli ma è iniziato qui sulla terra è come lievito: è dentro alla pasta della nostra storia, è presente nei cuori e nelle attese, soprattutto dei poveri. Questo lievito sono tutte le scelte, le parole, le azioni di chi vive nell’orizzonte indicato da Gesù, secondo una vita che si fa spazio per gli altri, attenzione ai più deboli, accoglienza piena della volontà del Padre, critica e contrapposizione alle ingiustizie generate da una religiosità falsa che si fa politica e da una politica che s’identifica in una fede assoluta e rende schiavi. Lievito è ogni affidamento nella sventura e speranza che la vita abbia un senso custodito da Dio oltre la morte stessa e che tutto ciò che è stato compiuto qui sulla terra nella prospettiva di un amore che si dà e si fa pane spezzato per gli amici non va perduto, ma rimane per sempre.

Festeggiare la pasqua sta tra in questa tensione: tra lievito vecchio e lievito nuovo, tra pasta vecchia e pasta nuova, tra pane rinsecchito dell’egoismo e del ripiegamento e pane fragrante che può essere spezzato e condiviso.

“In quello stesso giorno, due dei discepoli erano in cammino per un villaggio di nome Emmaus… e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto…”

Emmaus è villaggio dell’incontro, e di incontri diversi. Due erano in cammino, in un cammino di delusione, di sfiducia e di allontanamento. E’ avvenuta la rottura della morte di Gesù: il sogno di seguirlo si è infranto. Davanti si ripresenta una quotidianità senza luce e senza sogni. Eppure almeno quei due si incontrano e camminano insieme. Emmaus è il cammino del conversare: erano due e si interrogavano. C’è una lieve luce nella loro tristezza: la portavano insieme. Ne parlavano. Ed in questo loro discorrere uno sconosciuto si fa compagno del loro interrogarsi, si fa presenza tra le loro parole, quasi a dire che là dove c’è un dialogo la Parola si rende presente. Non lo conoscono: diviene terzo di un percorso in cui solo fa domande, e richiama a far memoria. E ne nasce un racconto. Fa emergere una fiducia ed una vita per il momento solo ricordata con passione che si rinnova, ed è espressa con rimpianto, come cosa conclusa, per sempre, da lasciare nell’armadio dei ricordi e dei sogni falliti. Il racconto fa riporre al loro posto i tasselli della speranza, uno accanto all’altro, e le attese e le parole delle donne e quelle parole dei messaggeri, testimoni che affermano che egli è vivo. Sulle labbra dei due pellegrini tristi, inconsapevolmente, si fa spazio l’annuncio incredibile e che può aprire ad una vita nuova: egli è vivo, colui che hanno condannato a morte e hanno crocifisso. Il medesimo, egli è vivo. Ed il loro compagno li guida allora a scorgere come quella presenza non appartiene al passato, non è voce incredibile di un’alba ancora buia prima del sorgere del sole: ma è incontro possibile, è storia nuova, al presente, che si fa esperienza di incontro e amicizia. Cominciando da Mosè e dai profeti spiegò loro... Sono tolte le pieghe di una storia che è storia di promessa e di incontro, non una storia di altri ma una storia che diviene la propria, in cui ci si scopre coinvolti. E la sua presenza inizia ad essere avvertita come importante: resta con noi, perché si fa sera. Non solo le Scritture, come luogo in cui ritrovare la gioia dell’incontro, ma anche il gesto: lo spezzare il pane. Quel gesto compiuto tante volte non nella solennità del rito, ma nella quotidianità della condivisione, quando il pane non batsava per tutti e fu spezzato e distribuito, quando il pane era sui tavoli semplici delle case, quel pane spezzato a Gerusalemme nella cena, prima dell’arresto e del processo e della condanna. Allora si aprirono loro gli occhi. Credere che egli è vivo è esperienza di vedere con occhi nuovi: tutto attorno resta uguale ma tutto è visto in modo nuovo. Tutto sta sotto il segno dell’incontro e di una presenza. Ma ancora non basta: perché i due ritornano. Ritornano a quella comunità che aveva camminato con Gesù, il profeta di Nazaret. Ritrovano gli undici e ‘narravano ciò che era accaduto per via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane’. E’ un incontro che non rende dei privilegiati, dei rinchiusi, ma spinge ad incontrare altri. Porta a scoprire che anche altri, in modi diversi, hanno vissuto quel ‘darsi ad incontrare del Risorto’ che non è iniziativa loro, ma li ha sorpresi. Ed hanno visto i loro occhi aprirsi, per poter raccontare, per poter dire della via, per poter percorrere d’ora in poi altre e nuove vie. Per poterlo incontrare ancora là dove è spezzato e condiviso il pane, della parola, della vita, della quotidianità.

Uno spunto da…

“Dipinsi in fretta, travolto da uno strano impeto di energia. Per tutto il dolore che hai sofferto, mamma. Per tutto il tormento dei tuoi anni passati e futuri, mamma. Per tutta l’angoscia che questo quadro di dolore ti causerà. Per l’inesprimibile mistero che mette al mondo padri e figli buoni e permette che una madre li veda azzannarsi. Per il Padrone dell’Universo il cui mondo di sofferenza io non capisco. Per i sogni di terrore, per le notti d’attesa, per i ricordi di morte, per l’amore che ho per te, per tutte le cose che ricrodo, per tutte le cose che dovrei ricordare ma che ho dimenticato, per tutte queste cose ho creato questo quadro – io, un ebreo osservante che lavora su una crocefissione perché nella sua tradizione religiosa non esiste alcun modello estetico al quale far risalire un quadro di angoscia e di tormento estremi. Non ricordo quanto tempo mi ci volle a fare quel quadro. Ma in un giorno di pioggia estiva , che rinfrescò le strade e gocciolò in rivoli attraverso la mia finestra, il quadro era finalmente completato. Lo guardai e vidi che era un buon quadro. Lo lasciai sul cavalletto e sotto la pioggia andai alla yeshivah, cenai e pregai.” (Chaim Potok, Il mio nome è Asher Lev, Garzanti, rist. 2009)

Asher Lev è un bambino nato recando in sé un dono, straordinario e inquietante. Il suo talento si fa notare sin dalla sua infanzia. Ha la pittura nel sangue e disegna da quando ha sei anni. Il suo sogno è poter diventare un artista, ed esprimere per mezzo della pittura quanto ha nel cuore, i suoi sentimenti, anche con tutta la loro ambivalenza. Ma ciò che egli prova come energia di vita si scontra con la sua tradizione religiosa e con la famiglia e la comunità da cui proviene. E’ membro infatti di una famiglia che appartiene ad una comunità osservante ebraica chassidica nella Brooklyn negli anni ’50. Si tratta della comunità dei Ladover, proveniente dalla Polonia, profondamente tradizionalista nella sua visione religiosa e nei comportamenti. Asher stesso è figlio di uno dei più stretti collaboratori del Rebbe, il capo religioso della comunità, spesso obbligato a fare lunghi viaggi e ad essere lontano da casa. Quando Asher ha sei anni un suo zio, fratello della mamma, che aiutava gli ebrei Ladover a fuggire dalla Russia, viene ucciso gettando la madre in uno stato di depressione profonda.

Asher avverte come la pittura per lui non è solo una attività ma proviene da una forza interiore che gli fa sentire ciò che egli dipinge. Eppure percepisce anche la lacerazione che tale tendenza provoca in lui in contrasto con le idee del padre che vede la pittura come un’attività profana e diabolica, contrapposta alla tensione religiosa che occupa ogni ambito dell’esistenza.

Un giorno Asher visita un museo e la sua immaginazione rimane estasiata a catturata da pitture che raffigurano la crocifissione e la nudità del Cristo sulla croce con cui egli per la prima volta viene a contatto. Tornato a casa chiede con insistenza alla madre di cosa si tratti e incontra l’imbarazzo totale di lei nel rispondergli, anche perché la crocifissione è un tema tabù nella comunità Ladover di Brooklyn. La madre viene così ad assumere la posizione di chi si trova in mezzo al dramma ed alla lacerazione profonda che segna la vita di Asher. Ella per prima si consuma per tenere uniti il figlio e il padre pur avvertendo la drammatica contrapposizione.

Tuttavia il Rebbe della comunità comprende che la propensione artistica di Asher adolescente, che egli avverte come dono di natura, non può essere arginata e lo indirizza, benché contro i desideri del padre, a seguire le lezioni di uno dei più grandi artisti di New York, Jacob Kahn. Questi da subito parla al giovane Asher dicendogli che entrare nel mondo dell’arte è come entrare in una religione chiamata pittura. Studia presso Jacob Kahn per cinque anni ed in questo tempo vive dentro di sé la tensione tra i mondi a cui appartiene, il mondo della tradizione giudaica e il mondo dell’arte, la tradizione e la modernità, la comunità e il suo sentire individuale. Vive la profonda opposizione del padre alla sua arte e nel medesimo tempo sente anche l’incoraggiamento del Rebbe a seguire la sua chiamata. Ha modo di uscire dal mondo della comunità di Brooklyn e si reca in Europa, a Firenze Roma, Parigi, rientrando a Brooklyn ormai con una carriera di pittore affermato e riconosciuto.

Divenuto un grande artista decide di affrontare la sfida di misurarsi con quell’immagine che così fortemente gli era rimasta impressa, quella del crocifisso. Dipinge, in violazione delle determinazioni della comunità dei Ladover, un crocifisso ed anziché ripresentare il volto del crocifisso, dipinge la figura sulla croce con il volto della madre devastata dalla malattia. E’ una raffigurazione che segna la sua scelta di perseguire la sua chiamata artistica e provoca un dissidio profondo con la comunità osservante che chiede ad Asher di allontanarsi da Brooklyn. Ma è anche un’immagine che evidenzia il dramma di Asher ed il suo libero confrontarsi di fronte all’immagine del crocifisso: Asher è eterodosso di fronte alla sua comunità di origine, contrapposto e non compreso nei confronti del padre, ed eterodosso nei confronti di quella stessa immagine del crocifisso. Egli la vede trasfigurarsi nel volto di colei che si è sacrificata per tenere insieme padre e figlio, esigenze della comunità e vocazione dell’individuo. Agli occhi di Asher la madre è sofferenza vivente, si è sacrificata sulle linee di frattura di mondi e di visioni della vita. La sua raffigurazione, che va contro il sospetto, coltivato nella sua comunità, per i percorsi dell’arte, è forse la più fedele attuazione del carattere destabilizzante della croce di Cristo, nei confronti di ogni religione, del cristianesimo stesso, ed il volto di Cristo diviene volto che si fa incontrare vicino, diviene volto di una donna ebrea, madre umana e malata, sofferente sulla croce.

Dalla Parola alla vita

Nelle ultime settimane è emerso in modo eclatante lo scandalo dei numerosi casi di pedofilia all’interno della chiesa e perpetrati da preti, scandalo già venuto alla luce da vari anni negli USA e che ultimamente ha rivelato proporzioni rilevanti anche in molti paesi europei, in particolare in Irlanda e Germania, in parrocchie ed istituti di educazione. Fino alla lettera del Papa alla chiesa d’Irlanda dei giorni scorsi che se da un lato prende posizioni chiare sulla scelta di considerare la gravità della situazione e di favorire scelte non di copertura ma di radicale cambiamento offre una analisi che non aporofondisce le cause e presenta percorsi di superamento estremamente inadeguati di fronte alla gravità e complessità della situazione (http://www.corriere.it/cronache/10_marzo_20/lettera-papa-chiesa-irlanda_351a93bc-340f-11df-95ee-00144f02aabe.shtml ).

Tra tante analisi e osservazioni riporto tre brani di due recenti articoli che mi sembrano evidenzino alcuni aspetti importnati da considreare in una riflessione che dovrebbe far assumere un atteggiamento di richiesta di perdono innanzitutto, di ripensamento di tanti aspetti della formazione e dei modelli di vita dei preti e delle modalità in cui la gerarchia ecclesiastica si pone oggi nel contesto sociale.

Franco Barbero, Pedofilia nella chiesa: tamponare o convertirsi?“Adista” - Notizie – n. 28, 3 aprile 2010

“La cronaca continua a disseppellire questi episodi di pedofilia. L’elenco si allunga giorno dopo

giorno e noi riusciamo a stento a percepire adeguatamente i danni, le angosce, le sofferenze inflitte

alle vittime di queste violenze.

(…)

1) In queste settimane, mentre si cerca di ristabilire verità e giustizia, molti membri della gerarchia si sono posti in un atteggiamento difensivo che potrebbe nascondere la volontà di minimizzare quanto è accaduto. È una "liturgia" consunta prendersela con la liberazione sessuale, tirare in ballo una presunta campagna diffamatoria, una strategia pianificata ai danni della Chiesa cattolica, cercare le trame oscure del complotto. Non mancano, in verità, gesti e voci che nel popolo di Dio invitano a cambiare strada dimostrando di aver capito che il bene delle persone è più importante della reputazione dell’istituzione ecclesiastica. È chiaro però che la regola romana della segretezza, confermata da papa Ratzinger per molti anni, ha favorito l’irresponsabilità e la copertura di questi abusi.

2) Temo che le gerarchie cattoliche vogliano "fare pulizia" e "passare ad altro", cioè chiudere il più presto possibile "l’incidente" con qualche documento e qualche provvedimento d’urgenza. Non sto negando la necessità e l’utilità di alcune dichiarazioni e di provvedimenti immediati. Ma si può rischiare di perdere in tal modo un’altra occasione per un ripensamento ben più ampio e radicale. L’intero "capitolo" della sessualità, dei sentimenti, della corporeità, del celibato obbligatorio dei preti, del posto della donna nella Chiesa e della bioetica va ripensato. Senza questo coraggio di guardarsi dentro, violentati i minori e abbandonati i "mostri" alla loro disperazione e alla loro malattia, l’istituzione Chiesa potrebbe solo presumere di presentarsi come pulita e sana. Ma sarebbe illusorio, ipocrita e devastante, perché non farebbe che fotografare una realtà ecclesiale incapace di rigenerarsi. È la percezione di questo stile ecclesiastico che lascia insoddisfatti quanti esigono dalle gerarchie cattoliche una piena ammissione delle loro connivenze e delle loro complicità. (…)

Francesco Paolo Casavola, La forza della verità, “il Messaggero” 26 marzo 2010

“(…) Lo scandalo dei preti pedofili, che sta attraendo l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, va presentando diversi profili quanto ai suoi effetti. Il primo è quello di suscitare indignazione e allarme generale per la sorta di minori, che portano poi nell’età adulta e fino alla fine della vita il marchio indelebile di una esperienza subita di depravazione e di violenza. La pietà qui si combina con la richiesta della massima possibile tutela della integrità dei minori. La punizione dei colpevoli perché eserciti una funzione preventiva di deterrenza deve essere tempestiva, e considerata credibile ed affidabile solo se realizzata dall’autorità civile. (…) Quando si violano diritti nella persona di cittadini deve intervenire l’autorità civile. La Chiesa dovrebbe ritrarsi dinanzi ad una competenza altrui. Quanto ai sacerdoti colpevoli, fermo restando che trasferimenti, isolamenti, esoneri dalle funzioni sono misure motivate dall’intento di preservare con il segreto la dignità del sacerdozio, parti non minime dell’opinione pubblica, raggiunta sia dalla cultura laica che libera, sia da quella maturata nella tradizione cristiana, ritengono che essi siano sconfessati dai loro propri comportamenti, di cui devono render conto fuori della comunità da cui non sono più degni di ricevere ulteriore tutela. Forse occorreranno predisposizioni di nuove norme canoniche o di governo pastorale, forse no. La Chiesa è vissuta, lungo i millenni del suo cammino, anche di persuasioni morali delle moltitudini che hanno in lei creduto. Le società del mondo contemporaneo sono le meno idonee a rispettare i segreti. La verità non può nascondere la realtà. Se taluno immagina di servire la verità, tacendo la realtà, si rende responsabile di un errore contro la verità, esponendosi ad un giudizio di riprovazione della comunità di fede, senza appello. Svilendo nel contempo l’autorità della Chiesa come maestra di verità e di vita, anche nelle coscienze dei non credenti.”

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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