> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. Ascensione. Commento alla Sacra Scrittura

16-5-2010 - Ascensione del Signore

At 1,1-11; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53

Omelia

“Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni”

La vita cristiana nasce con un’assenza che fa soffrire, segna la vita e la mantiene sospesa. E’ l’assenza di Gesù che ha patito, è stato immerso nella morte, ma ‘si mostrò ad essi vivo dopo la passione’. Eppure la sua presenza è diversa da prima. C’è un abbandono che lascia interdetti e interrogativi: “essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava…”. Se n’è andato, non può essere trattenuto in un passato che non lo può più rinchiudere. La forza di vita ha vinto la morte: la risurrezione non è ritorno, ristabilimento della condizione di prima. E’ novità assoluta, apertura che spalanca i limiti della vita che conosciamo. Fissare il cielo, ricercando in qualche angolo lontano le tracce di una presenza di cui si ha nostalgia è gesto espressivo ma anche movimento interiore di chi ha voluto bene a Gesù e lo cerca chissà dove, perché pensa di poterlo di nuovo incontrare. Come prima, in qualche luogo di un mondo delimitato dal cielo. Fissare il cielo è il gesto dell’affetto e della nostalgia, racchiude tutta la tristezza e la sofferenza che pensa un ritorno, che spera di fermare il tempo e farlo tornare indietro. Ma è anche sguardo che spalanca all’oltre, che si alza al cielo, spazio lontano di Dio altro dalla terra, eppure anche sede di un Dio che si è mischiato con questa terra.

Le parole che interpretano l’assenza sono parole di messaggero: “questo Gesù… verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”. Non un’assenza fatta di vuoto allora ma la promessa di un ritorno, l’assicurazione di una presenza che continua. Ma diversa, nuova, che spinge ad un modo nuovo di vedere. “Riceverete la forza dello Spirito santo”. Dello Spirito si parla sempre in termini dinamici. E’ forza, è presenza che opera, guida, consola, ricorda. Soprattutto è dentro ai cuori: è l’ospite inatteso che dall’interno suggerisce. Il grande suggeritore che spinge a fare i passi di un incontro nuovo. Gesù non appartiene al passato ma la sua è presenza viva. E apre al futuro.

“ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”

Dello Spirito santo non si parla in termini teorici: è dono che va accolto e ricevuto come forza dall’alto: non proviene da noi. E’ piuttosto presenza che apre alla fede in Gesù il Cristo, il vivente, di cui rintracciare la storia e a cui guardare per essere testimoni di lui, dei suoi gesti, delle sue parole, nel presente. Solo ricevendo la forza dello Spirito, forza di soffio che non può essere rinchiuso e trattenuto, vento che scuote porte e barriere, si può diventare testimoni. E’ potenza dall’alto, ma è potenza fragile e delicata: è energia di vita che porta a lasciarsi coinvolgere in una corrente di vita che sta dentro i cuori. In modi talvolta non decifrabili secondo gli schemi umani. Lo Spirito precede sempre. Non è presenza definibile. Si riconosce dai frutti, là dove ci sono gesti, movimenti del cuore, scelte che indicano, che attualizzano, che ricalcano il cammino di Gesù. Per questo la vita cristiana non è vita nell’assenza, ma nell’incontro. E’ un incontro difficile, ma richiede soprattutto affidamento, lasciare spazio alle spinte interiori verso una verità sempre più grande da inseguire e da cui lasciarsi afferrare e conquistare (anziché pretendere di conoscere e racchiudere in una dottrina). Sulla via. Lo Spirito è forza che spinge non più a restare ma ad andare: è da attendere restando, ma apre a divenire testimoni, capaci di parola, di stare sulla via.

La via di Gesù è stata un salire: è salito infatti al Calvario e poi ancora su fin sulla croce. Dopo la morte, il suo risvegliarsi dal sonno della morte, il suo ‘alzarsi’, la risurrezione, è presentata come salita alla destra del Padre: “Gesù li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.

Ascendere è movimento di salita, ed è movimento simbolico di tutta la vita di Cristo. Ascesa è cammino faticoso, lento, non immediato. Lo Spirito è il dono per poter salire con Cristo, insieme a Lui, per lasciarsi afferrare, dono interiore seminato, presente in tutti, dono che può spingere la vita a fiorire nel salire insieme: è il movimento dell’incontro, è lasciarsi prendere senza la pretesa di un dominio che viene da noi. E’ dono per poter essere guidati in questo salire della vita, per poter scorgere il senso profondo del nostro esistere, per poter leggere dentro il nostro cuore, per poter aprirsi all’incontro con Cristo e con il Padre. Non Spirito dell’assenza, ma della presenza e della gioia possibile per la sua presenza silenziosa e nascosta interiore, intima nei cuori che possono aprirsi ad un Incontro.

Uno spunto da…

Daoud Hari, Il traduttore del silenzio, ed.Piemme 2008

“Vicino al mio villaggio c’è una bella montagna che abbiamo sempre chiamato il Villaggio di Dio. Anche se in tutta la nostra zona la religione musulmana è praticata sia dagli indigeni africani come me sia dai nomadi arabi, è pur vero che la nostra gente, specialmente i nostri giovani, sono sempre saliti su questa montagna per offerte nelle piccole cavità della roccia. Vi depongono grano, miglio o fiori selvatici, insieme a letere che ringraziano Dio o gli chiedono qualche favore. Accade da ben prima che le religioni più recenti arrivassero fino a noi”

Sembra una pacifica descrizione di usanze proprie di un popolo africano, ma dietro queste parole si cela la vicenda di Daoud Hari e il dramma della regione del Darfur. Originario di un villaggio della tribù zaghawa Daoud viene inviato dal padre lontano dal suo villaggio in luoghi dove poter studiare. Impara l’inglese, scopre che c’è qualcosa di ben diverso delle armi per poter cambiare la propria esistenza. Vive diverse esperienze di lavoro nella ricerca di poter proseguire gli studi ma incontra anche il carcere in Egitto e alla vigilia di essere rinviato nel Sudan le porte del carcere in modo insperato gli si aprono. Decide così nel 2003 di ritornare nella regione del Darfur al suo villaggio per ritrovare notizie e incontrare la sua famiglia in una zona segnata dalla violenza, dalle incursioni delle forze militari dirette dal presidente Bashir e dai guerrigilieri janjaweed, sobillati dal governo sudanese. Queste milizie arabe compiono incursioni improvvise nei villaggi di africani non arabi, lasciando devastazione, incendi delle capanne, morte e causando la fuga di milioni di profughi. Daoud inseguendo le vicende della sua famiglia vive in prima persona la vigilia e lo scoppio di uno di questi attacchi al villaggio e lì si troverà a perdere suo fratello Ahmed e a seppellirlo.

Dopo questo massacro Daoud si rifugia nel Ciad, luogo di concentrazione di campi profughi che raccolgono la popolazione sfuggita ai massacri e alle violenze dopo giornate di cammino nel deserto. Si apre alla sua missione di essere traduttore del silenzio, accompagnatore di giornalisti nei luoghi delle violenze e dei massacri, per far sì che il genocidio in atto nel Darfur sia conosciuto nel mondo. Raccolgie i racconti raccapriccianti dei sopravvissuti, accompagna giornalisti e personale umanitario ad essere testimoni di massacri, di violenze inaudite su donne, bambini, persone indifese. Una scelta, la sua, vissuta come alternativa a quella di imbracciare le armi unendosi ai gruppi di opposizone alle forze governative sudanesi e ai gueriglieri janjaweed. La testimonianza offerta nel libro da Daoud è tremenda soprattutto nelle pagine che narrano la disumanità delle violenze perpetrate nei confronti di popolazioni civili. “Dopo l’attacco al mio villaggio questa era diventata la mia ragione di vita, l’unica ragione di vita. Mi sentivo morto dentro e volevo solo che i giorni che mi restavano servissero a qualcosa...”. Daoud si sente un sopravvissuto, e racconta con tratto leggero, quasi distaccato rispetto alle sofferenze subite, la vicenda della sua prigionia e della tortura subita accompagnando Paul un giornalista americano in un viaggio nel territorio popolato dai guerriglieri epr un reportage sulla situazione. E’ questa vicenda che lo porta ad abbandonare il Darfur e a continuare da Baltimora, come rifugiato, la sua opera di traduzione della voce silenziosa e del grido che sale da una tragedia che non riempie le prime pagine dei giornali. La domanda inquietante che Daoud pone a conclusione del libro apre ad interrogarsi sulla responabilità di fronte a tragedia del nostro presente: "Il sistematico massacro e l'allontanamento dei popoli tradizionali non arabi del Darfur da parte del governo sudanese di Bashir rientra in un programma di soppressione del dissenso, di eliminazione dei pretendenti al potere, di sfruttamento illimitato di risorse, e di trasformazione di una minoranza araba in una maggioranza araba. E' possibile farlo in questo secolo? E' possibile risolvere tutti i problemi uccidendo chiunque rappresenti un ostacolo? Sta al mondo deciderlo. Decidere se e quando la popolazione tradizionale del Darfur tornerà a casa significa decidere anche se il genocidio funziona o no, e quindi se accadrà di nuovo in altre parti del mondo”.

Ascensione è salita: Daoud invita a salire con lui sulla montagna chiamata Villaggio di Dio per farsi propagatori della traduzione di voci silenziose presenti nei disegni dei bambini dei campi profughi, racchiuse negli sguardi delle donne che hanno abbandonato i loro vestiti coloratissimi, per spargere i loro capelli con la polvere e indossare gli abiti colore della terra e del fango segno del lutto e del ricordo di un popolo sterminato.

Dalla Parola alla vita

Il 10 maggio u.s. Eugenio Scalfari si è recato a far visita al card. Martini, a Gallarate nella casa di riposo dove risiede. Una visita vissuta con il desiderio reciproco di un confronto e di un dialogo. Il tema proposto dal card. Martini era la risurrezione, un tema insolito per un confronto tra un credente e un non credente. Colpisce nel racconto di Scalfari di questo incontro, la sincerità e trasparenza di Martini da un lato e la disponibilità e rispetto da parte di Scalfari dall’altro (E.Scalfari, Ragionando con Martini di peccato e Risurrezione, La Repubblica 13 maggio 2010). Tale richiesta, di discutere insieme su temi quali la risurrezione, può essere indicativa di uno stile di rapporti che i credenti potrebbero instaurare nell’attuale contesto della pluralità delle visioni del mondo e delle fedi. Un interrogarsi alto, rispettoso, capace di lasciarsi sfidare dalle inquietudini e dagli orizzonti di senso che guidano la vita dell’altro e capace anche di esprimere in prima persona ciò che costituisce i motivi fondamentali di riferimento della propria vita. Nel contempo un approccio delicato, signorile, nutrito di profondo rispetto per quell’agire dello Spirito che soffia in ogni persona umana e che non permette che nessuno sia pure con la sua autorità istituzionale o con la sua competenza possa assumere atteggiamenti autoritari, aggressivi, di disprezzo del cammino altrui.

Traggo solamente uno scambio di battute che sta al centro del dialogare, uno scambio che assume l’indicazione di una via da seguire per quello che si apre come un rinnovamento profondo, una riforma del volto di chiesa nel presente e nel futuro. Se si potesse imparare nel contesto attuale a dialogare in questo modo:

Scalfari osserva: “la Resurrezione,… ha più l'aria d'una sfida che di un terreno d'incontro. Chi come me non crede nell'oltremondo, tantomeno crede nella Resurrezione di Gesù e nella nostra. Lei però vede nel Resurrecturis il fulcro della sua vita spirituale. Può spiegarmene la ragione? In fondo si tratta di un miracolo. Pensavo che lei fosse piuttosto scettico sui miracoli". 



M: "La Resurrezione del Cristo non è un miracolo. Il Dio che attraverso il Figlio ha assunto natura umana, dopo la morte sulla croce riassume la sua natura divina e immortale".



S. "Capisco. Ma la Resurrezione dei morti? Quello è un miracolo".



M. "È un mistero, un mistero della fede. Lei mi ha chiesto perché rappresenta, per me e per tutta la comunità dei fedeli, il fulcro della nostra vita. Cercherò di spiegarlo. La Resurrezione dei morti è un fatto storicamente positivo. Lo Spirito risorge in tutti noi. Risorge ogni giorno, risorge quando preghiamo, quando ci comunichiamo mangiando il pane e bevendo il vino del Signore, quando risorgono in noi la carità e la speranza del futuro, quello terreno e quello extraterreno. La storia del mondo non sarebbe quella che è se la speranza non alimentasse i nostri sforzi e la carità non illuminasse la nostra vita quotidiana. La Resurrezione dello Spirito è la fiamma che spinge le ruote del mondo. Lei può immaginare un mondo senza carità e senza speranza?".



S. "Non lo immagino infatti. Ma speranza e carità illuminano anche la vita dei non credenti o almeno di molti di essi. Noi non abbiamo bisogno della fede, l'amore del prossimo, secondo me, deriva da un istinto che opera in ciascuno di noi. È l'istinto della vita, l'istinto della socievolezza, l'istinto della sopravvivenza della specie".



M. "Lei pensa che quell'istinto sia sempre presente in ogni individuo?".



S. "Penso che sia sempre latente, ma sempre in contrasto con l'amore di sé. La vita non è che un eterno contrasto tra questi due elementi. La natura umana poggia sulla dinamica di questi due elementi".



M. "Ogni volta che l'amore del prossimo vince sull'egoismo dell'amore di sé, quello è il momento in cui lo Spirito risorge. Il fatto che lei lo chiami istinto non cambia la tessitura della vita: per me è la Resurrezione".

Parole che danno a pensare, parole che danno speranza per un cammino che nella diversità delle visioni può essere comune e condiviso.: “L'incontro era finito. Il giovane sacerdote era rientrato per aiutare il cardinale ad alzarsi. Io gli dissi: "La prossima volta voglio vederla saltare alla corda". Mi guardò sorridendo e disse: "Torni presto". Poi mi accarezzò il viso con un tocco leggero. Feci altrettanto con lui. Eravamo tutti e due un po' commossi. Fuori continuava a piovere”. Quel saluto finale che si son scambiati reciprocamente: ‘Torni presto’ potrebbe essere colto quasi un paradigma di un diverso e nuovo atteggiamento del rapporto della chiesa, comunità dei fedeli, con il mondo, comunità di uomini e donne nel cammino della storia comune. Nel mondo degli scontri e dei ripiegamenti identitari, delle scomuniche e delle parole spesso arroganti e ultimative, quel ‘torni presto’ racchiude non solo la prospettiva di un incontro da coltivare, da amare, ma anche il desiderio e l’urgenza di un interrogarsi insieme su quelli che sono veramente i temi rilevanti dell’esistenza che è vita condivisa.

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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