> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 2-5-10. Commento alla Sacra Scrittura

2-5-10 - V Domenica di Pasqua - Anno C

At 14,21-27; Ap 21,1-5; Gv 13,31-33.34-35

Omelia

“Appena arrivati, riunirono la chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede”

“Riunirono la chiesa”: quanto è diverso il modo di concepire la chiesa sotteso a questa breve pennellata di narrazione, rispetto ai modi diffusi a livello popolare e talvolta veicolati dal messaggio ecclesiale. Paolo e Barnaba ‘riunirono la chiesa’ ad Antiochia: è una piccola comunità composta di una molteplicità di volti e storie, eppure quella è la ‘chiesa di Dio’ presente ad Antiochia e lì la chiesa si manifesta non solo nelle presenza dei due inviati, ma in quel ‘noi’, in quella comunione, formata da tutti gli anonimi componenti di quella comunità locale nella sua povertà e nelle sue prove. Sarebbe bello riuscire oggi a compiere questo salto, a vedere e vivere la chiesa di Dio nelle comunità che si radunano a livello locale, sarebbe novità evangelica uscire dal clericalismo che ha ridotto la chiesa alle sue gerarchie, sarebbe scoperta di fecondità riconoscere il valore di riflesso dello Spirito di ogni servizio, il più piccolo e nascosto, che non porta a esaltare ‘ego’ di pochi, ma a edificare un ‘noi’, a lasciar spazio alla comunione che è la dimensione profonda costitutiva fontale della chiesa stessa. E’ ancora cammino da compiere ‘riunire la chiesa’ e percepire che nella povertà di una sparuta comunità che si riunisce e vive l’ascolto della parola, la condivisione, l’eucaristia, la diversità e molteplicità dei servizi, lì si visibilizza e fiorisce la chiesa di Dio chiamata ad essere serva del vangelo di Dio, che è disegno di comunione.

Alla chiesa Paolo e Barnaba portano non la testimonianza delle loro opere e dei loro successi. Piuttosto parlano di quello che Dio aveva fatto. Parlano soprattutto di porte aperte. E’ un agire - quello di Dio - che non impone pesi insopportabili, che non erige barriere, ma che apre porte, che fa varcare e oltrepassare soglie e confini.

Aprire le porte… potrebbe essere un bel programma di vita in un tempo di porte chiuse e inchiavardate, non solo nel rifiuto di lontani e diversi, ma sbarrate nelle comunità stesse di fronte alla spinta ad essere testimoni dell’apertura ad un agire di Dio che ha tolto la pietra dal sepolcro.

“Vi do’ un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”

La brevità di questa pagina è occasione per sostare e per cogliere il comandamento nuovo. ‘Nuovo’ non perché mai udito prima, ma perché è l’unica cosa che conta, perché è l’essenziale della vita. Rispetto a tanti altri comandamenti sui quali si è accentrata in modo talvolta ossessivo l’attenzione, sembra che Gesù ai suoi non chieda altro che una cosa: amatevi gli uni gli altri. Rimettere queste parole al centro cambierebbe tante esistenze di singoli, e lo stile della chiesa. Sono parole liberanti, che sganciano dalla logica di oppressione dei comandamenti e aprono ad una vita che si confronti con ciò che veramente è essenziale: il divenire se stessi nella relazionalità dell’amore all’altro. Tante sono oggi le sollecitazioni per intendere la vita come paura di perdere le proprie sicurezze, per rifiutare la sfida che l’altro con la sua presenza pone, per rinchiudersi e difendersi dagli altri perecpiti come minaccia, per tagliare i legami con il passato e con il futuro, barricandosi in un presente fatto di ossessioni e di sospetti. Il comandamento nuovo di Gesù per noi oggi è liberante: dice che la sfida dell’esistenza sta nel rapporto con gli altri. Coglie una dimensione al cuore di ogni desiderio umano, amare ed essere amati, in fondo riporta alla verità su di sé e sul proprio esistere. Ma amare è attitudine che esige precisazioni e chiarimenti contro tutte le forme di svuotamento di tale dimensione fondamentale.

Amare per Gesù rinvia al rapporto con lui stesso: “da questo vi riconosceranno come miei discepoli…” amando così si attua l’essere discepoli, cioè coloro che imparano e lo seguono, che stanno dietro a lui. C’è anche una precisazione sul modo particolare di amare: ‘come io vi ho amato’. Nell’uso di questo ‘come’ Gesù non indica una dinamica di imitazione, il prendere esempio da lui: non ne saremmo capaci. Non siamo in grado di amare in modo profondamente libero e disinteressato, giungendo a perdere, a dare la vita per gli altri. Questo ‘come io vi ho amati’ rinvia più profodamente ad una relazione, ad una partecipazioen di vita con Lui stesso, che diventa linfa che sola può alimentare i nostri percorsi di relazione e i nostri tentativi di amare. Quel tipo di amore non si apprende per altre vie se non nello stare in rapporto con lui, nel vivere un affidamento personale a lui rimanendogli aggrappati come i tralci alla vite. Lasciando che sia quella vita che non viene da noi a vivificare le nostre esistenze. Ciò a cui Giuda, appena uscito dal cenacolo, era rimasto chiuso, percependo che le richieste di Gesù mettevano in crisi radicale un certo tipo di religiosità fatta di tanti comandamenti ma priva dell’essenziale.

Spesso ci attardiamo in verifiche su tanti elementi che contano poco o talvolta nulla: se solo ci soffermassimo a pensare talvolta se abbiamo vissuto questo ‘comandamento nuovo’, forse l’unica cosa che ci verrà chiesta al termine della vita…

Uno spunto da

La porta (Simone Weil)

Aprite la porta, dunque, e vedremo i verzieri,

berremo la loro acqua fredda che la luna ha attraversato.

Il lungo cammino arde ostile agli stranieri.

Erriamo senza sapere e non troviamo alcun luogo.

Vogliamo vedere i fiori. Qui la sete ci sovrasta.

Sofferenti, in attesa, eccoci davanti alla porta.

Se necessario, l'abbatteremo con i nostri colpi.

Incalziamo e spingiamo, ma la barriera è troppo forte.

Bisogna attendere sfiniti e continuare a guardare invano.

Guardiamo la porta; è chiusa, intransitabile.

Vi fissiamo lo sguardo. Sotto il tormento piangiamo.

Noi la vediamo sempre gravati dal peso del tempo.

La porta è davanti a noi. A che serve desiderare?

Meglio sarebbe andare senza più speranza.

Non entreremo mai. Siamo stanchi di vederla.

La porta aprendosi liberò tanto silenzio.

che nessun fiore apparve né i verzieri.

Solo lo spazio immenso nel vuoto e nella luce.

Apparve d'improvviso da parte a parte, colmò il cuore

e lavò gli occhi quasi ciechi sotto la polvere.


(Simone Weil, Poèmes Suivis de Venise sauvée, Gallimard, Paris 1968 p. 35

tr. it. Venezia salva, tr. C. Campo, Adelphi, Milano 1987;

Poesie, Le Lettere, Firenze 1993)


In questa poesia di Simone Weil (1909-1943) la porta diviene immagine di una soglia che sta davanti, che viene guardata sotto il tormento e nell’esperienza del dolore. Rimane davanti come un limite ed una barriera da abbattere ma è troppo forte e invalicabile. E’ una porta chiusa. La porta esprime forse il limite di un oltre, di qualcosa che sta al di là del peso del tempo e della sofferenza. Ciò che è richiesto è l’attesa, il rimanere in un attenzione che si fa sfinimento nel continuare a guardare. Sta qui un elemento della sua riflessione sulla fede da intendersi non come sforzo, ma come attesa, come acconsentire che sia Dio a scendere verso di noi. In un suo scritto rivia all’esperienza della scuola, quando il professore chiede attenzione e la risposta è uno sforzo muscolare ma questo porta a concentrarsi su di sé, sul proprio sforzo, non su quanto ci raggiunge sul primato di un venire che chiede solo accoglienza. La porta è soglia di una luce che non giunge in virtù della forza di colpi. Solo ad un certo punto la porta si apre ed è l’irrompere improvviso, gratuito di una grazia che riempie il cuore inaspettatamente, quando il desiderio sta per esaurirsi. Lavacro di occhi quasi ciechi per il tanto guardare e attendere in una apparente passività – che è invece la più grande concentrazione e attività come disponibilità di accoglienza - che solo è luogo della grazia. Simone Weil ebbe a scrivere: “l’attenzione è la forma più pura della generosità”. “Una delle verità capitali del cristianesimo, oggi misconosciuta da tutti, è che la salvezza sta nello sguardo. … Lo sforzo grazie al quale l’anima si salva è simile a quello di colui che guarda, di colui che ascolta, a quello di una sposa che dice sì. E’ un atto di attenzione, di consenso … Con uno sforzo muscolare il contadino strappa le erbacce, ma soltanto il sole e l’acqua fanno spuntare il grano”. (Attesa di Dio, Milano 1998, 150)

Dalla Parola alla vita

Ritaglio dalla “Gazzetta del mezzogiorno” del 19 aprile 2010 alcuni brani della lettera a don Tonino Bello a cui si rivolge Nichi Vendola a 17 anni dalla morte. (A 17 anni dalla morte «Caro don Tonino, ho nostalgia di te» ), un ricordo accorato di don Tonino di fronte ad un mondo che contraddice tante sue parole ed il suo modo di guardare secondo il ‘comandamento nuovo’:

“Caro don Tonino, faccio sempre il gioco di provare a guardare il mondo mettendomi dal punto di

vista delle tue parole, inseguendo il tuo sguardo, inerpicandomi sulle vette delle tue domande rivolte

al gregge ma anche ai pastori, smarrendomi lungo le latitudini sconfinate del tuo pensiero di dio: del

dio che danza sulle gambe dei poveri, che si fa compagno piuttosto che giudice della storia umana,

che carezza i perdenti e annuncia la novella di una resurrezione dalla morte che stringe un nodo

potente tra il divino e l'umano, tra il tempo e l'eternità. (…)

Vedi, don Tonino, io sento nostalgia struggente della tua voce e della tua cosmogonia, perché ho

l'impressione che le cose si siano fatte molto più complicate. L'eroe del nostro tempo non è certo

quel tuo samaritano o zingaro o beduino che dinanzi a una qualunque vittima (e dunque dinanzi al

calvario di Cristo) «lo vide e ne ebbe compassione». Il sacerdote e il levita che hanno una certa

fretta autostradale, lungo la Gerusalemme-Gerico della nostra quotidianità, saranno loro i nostri

pedagoghi, la nostra fredda cattedra di realismo benpensante. Oggi vincono e convincono quelli che

non hanno tempo per occuparsi di vittime, di poveri, di esuberi, di quelle «pietre di scarto» che nel

Vangelo saranno le «pietre angolari» dell'edificio della salvezza: quelli che girano lo sguardo da

un'altra parte, quelli che fingono di non vedere l'orrore, quelli sono gli eroi di cartapesta del nostro

immaginario e della nostra etica pubblica.

Oggi gli afflitti vengono ulteriormente afflitti e i consolati ulteriormente consolati. Sembra un

universo capovolto con un dio seriale e mediatico, talvolta usato come un sedativo o magari un

eccitante spirituale, come un Internet teologico. (…)

Tu sapevi essere la sentinella che annuncia l'alba. E i tuoi scritti, le tue preghiere, le tue sacre

sfuriate, la tua dolcezza accogliente, erano fasci di luce che illuminavano i nostri passi.

Da un articolo di Maurizio Maggiani in “La Stampa Tuttolibri” del 24 aprile (Resistenza è ‘quer che se ciama dignità’) mi ha colpito l’importanza del raccontare e del comunicare la memoria, ma una memoria che rinvia alla vita e a quel’assoluto che cova nel cuore e che ha spinto uomini e donne a mettere in gioco la propria stessa vita per lasciare ad altri qualcosa che si chiama ‘dignità’, per aprire porte di dignità e di libertà: “Ogni volta che vado in una scuola, e mi capita spesso perché me ne sono fatto una passione, a parlare intorno alla Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, continuo a raccontare ciò che mi è stato raccontato. Perché non si estingua quel sentimento di vita e di dignità, così semplice, così naturale, così necessario, che può essere raccolto da chiunque, generazione dopo generazione. (…) E per questa ragione, con gran sgomento dei professori, non propongo di leggere i romanzi di Calvino, di Cassola, di Fenoglio, che sono belli e importanti, ma assomigliano troppo alla letteratura, e dentro la letteratura cova sempre un di più, un di più che è ideologia e l’ideologia è il fossile della vita. Ma gli metto davanti le Lettere dei condannati a morte. E vedo che funziona, sempre. Vedo che nelle Lettere i ragazzi scoprono quanta vita e quanta verità ci fosse in quegli uomini che stavano morendo, quanta semplicità e quanto assoluto. Quel genere di assoluto che loro comprendono bene perché lo covano nel loro cuore”.

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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