> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 27-2-11. Commento alla Sacra Scrittura

27-2-2011 - VIII Domenica del tempo ordinario – Anno A

Is 49,14-15; Sal 61; 1Cor 4,1-5; Mt 6,24-34

Omelia

Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai

Dio non dimentica. E’ questo l’annuncio su cui può fondarsi una fede fatta di vita, di carne e non di principi o dottrine. Di più: Dio non si dimentica di te. Il Dio della Bibbia, dei profeti è un Dio capace di commuoversi, di muoversi dentro, di sentire quell’attaccamento che porta a prendere parte per te anche quando non lo meriti o non avresti alcun diritto da vantare. Si commuovere e non cancella il tuo nome dal suo ricordo. Ma così facendo ti cambia perché apre a intendere la vita in modo radicalmente nuovo. E’ il cuore della fede, lasciarsi ricordare e entrare in una relazione di ricordo. Questo annuncio di Isaia è uno squarcio sul volto di Dio che rimane fedele. Fedele nonostante ogni contraddizione e fedele per primo indipendentemente dall’oblio o dall’indifferenza che può trovare dall’altra parte. E’ la gratuità dell’amore che non ricerca un contraccambio, ma si offre come mendicante che non dà qualcosa ma regala il suo ricordo. Il volto di Dio ha i tratti di chi dona e attende e rimane fermo, paziente, e si commuove nonostante ogni distanza. C’è un rapporto tra lui e noi che possiamo cogliere nel guardare al legame tra una donna e il suo figlio. Un legame scolpito nelle profondità dell’essere. E se anche di fronte alla possibile contraddizione, al caso di una donna che non ama la propria creatura, Dio non è così, ma ‘io non ti dimenticherò mai’. E’ sempre sorprendente cogliere come le parole che convertono e che generano ascolto e trasformazione non sono le parole sui princìpi o le spiegazioni sui valori, siano essi negoziabili o meno. Le parole che toccano il cuore e fanno pensare - anche coloro che si pretendono distanti - sono le parole e gli atti dell’amore, le parole della cura, le parole che dicono la decisione di prendersi in carico la vita degli altri con fatica e pesantezza. Sono quelle le parole che raccontano la vita e ne sono testimonianza. In un tempo che dimentica non solo la propria storia, ma dimentica l’altro, perché non lo vuole guardare e lo allontana da sé, il Dio annunciato da Isaia ha i tratti di un Dio che ricorda, personalmente, rivolto ad un tu, e non verrà meno al suo ricordo. E sentirsi dire ‘non ti dimenticherò’ è parola, ed evento, che genera sussulti inattesi, che può aprire ad accoglienze segrete.

Non preoccupatevi dunque dicendo: che cosa mangeremo? che cosa berremo? che cosa indosseremo? Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno…

Perché tanta insistenza nel discorso di Gesù sulla questione della ricchezza? Non potete servire Dio e il denaro… Forse ce ne rendiamo conto cogliendo quali siano gli esiti di una vita in cui la ricorsa fondamentale è quella verso l’avere, verso l’afferrare, verso il primeggiare. Una vita piena di cose ha i contorni di una vita affannata. Incapace di ricordo perché il fiato è sospeso verso la conquista di qualcosa di più, perché l’invidia sta sempre alla soglia in quanto c’è qualcuno che ha di più, e la paura la fa da padrona perché si può perdere posizioni raggiunte, perché i beni sono tiranni silenziosi, perché il potere richiede sospetto verso i possibili contendenti. Forse Gesù insiste tanto su questo sguardo liberato dall’affanno delle ricchezze per aprire strade di umanità. La logica del consumare e dell’avere per poter sfruttare da padroni le cose è una logica pervasiva: non si arresta mai e dall’utilizzo dei beni passa all’utilizzo delle persone fino a produrre ‘utilizzatori finali’ di tutto, delle risorse, della bellezza, della poesia, delle persone, e tutto, persone, animali, cose diviene vittima da divorare. E’ anche questa una logica che separa e costruisce barriere sempre più alte tra le persone, tra chi ha e chi non ha, tra chi usa il potere e chi deve soggiacere. L’altro è visto così come un miserabile non degno di considerazione, come un non-uomo.

Gesù insiste tanto su questo forse perché comprendeva, a partire dalla sua esperienza di povero, che una vita liberata da tanti fantasmi è solamente una vita che apprende magari faticosamente e lentamente a non soggiacere all’affanno delle cose. Diviene allora vita capace di godere del dono inatteso, delle cose semplici, diviene una vita in cui ci si può accontentare di meno, se non di poco. Soprattutto diviene una vita in cui si fa spazio per l’altro. L’altro che sono le cose, i beni condivisi, l’altro che sono i volti, e i volti dei poveri, l’altro che è il volto nascosto di Dio e che pur ci raggiunge nelle sottili pieghe della vita quotidiana, se lo sguardo si apre alla ricerca del regno di Dio: “cercate invece innanzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Sta qui il paradosso dell’annuncio di Gesù: una vita capace di scrollarsi di dosso l’affanno, che imprigiona e ripiega, si ritrova in modo nuovo e inatteso, sorprendentemente ricca. Ricca delle cose semplici, di ogni giorno, scoperte come abbondanza e sovrappiù: Magari le medesime cose di chi ha poco, ma osservate con uno sguardo capace di gioire. Si ritrova ancora ricca di tante presenze, ricca soprattutto e paradossalmente di un spazio fatto dentro di sé, non un pieno ma un vuoto, perché sia riempito dagli incontri e dalle cose quotidiane accolti non come possesso, ma come dono.

Dalla Parola alla preghiera

Donaci Signore di vivere la fede come incontro personale e accoglienza del tuo amore gratuito, di Te che non ti dimentichi di noi…

Aiutaci Signore a liberarci dall’affanno delle cose, facci essere critici verso modelli di vita in cui la realizzazione di una persona è valutata sulla base unicamente dell’efficienza e del suo primeggiare…

Donaci Signore di ricercare nella nostra vita innanzitutto il regno di Dio e di scoprire tutte le cose in aggiunta che ci dai se lasciamo spazio all’accoglienza del vangelo nelle nostre scelte…

Rendici capaci di comunicare la tua presenza e il tuo sguardo di amore fedele per ogni persona e rendici anche capaci di cogliere come l’accoglienza di te implichi una profonda conversione rispetto a modelli di vita oggi dominanti…

Dalla Parola alla vita

Nella fascia del Maghreb sono in corso sommovimenti che segneranno la vicenda sociale e politica del nostro futuro vicino e lontano che meriterebbero altra attenzione da parte della televisione nella copertura informativa ed in programmi di lettura della situazione.

Assistiamo invece a telefonate in diretta di elogio di programmi come “l’isola dei famosi” come uno tra i più popolari e qualificanti la programmazione della Tv nazionale (cfr. telefonata del direttore Masi nel corso della prima puntata della nuova serie).

Di fronte all’emergenza di nuovi sbarchi a Lampedusa, l’attuale ministro degli interni, incapace di dire una parola sensata sui processi epocali che si stanno svolgendo dall’altra parte del Mediterraneo, ha potuto dichiarare che si prevede un flusso di immigrazione dall’Africa superiore ad ogni attesa è riuscito solamente a criticare l’Europa e ad alzare la voce per chiedere 100 milioni di euro come contributo per fronteggiare immediatamente la crisi. Ed ha riconosciuto che questa situazione non può essere risolta con i respingimenti. Solamente un popolo inebetito da trasmissioni televisive come il Grande fratello o l’isola dei famosi non ha saputo reagire con un’ondata di indignazione di fronte a questa elementare scoperta che contraddice un’intera politica basata sulla strategia dei respingimenti gli immigrati via mare (mentre continuano invariati gli ingressi con visti di turismo via terra) e di prevedere il reato di clandestinità.

Ma c’è qualcosa di più scandaloso in tutto questo: 100 milioni di euro sono il prezzo, euro più, euro meno, di un cacciabombardiere F35. L’Italia si appresta a comprarne 131, ed il costo complessivo sarà di 15 miliardi di euro. Un dépliant curato da Pax Cristi che invita a scrivere ai parlamentari, a senatori e al governo italiano, ricorda che con 15 miliardi di euro si potrebbero costruire 3000 asili nido creando 20.000 nuovi posti di lavoro; si potrebbe dare indennità di disoccupazione a 700 euro al mese per 6 mesi a precari con reddito inferiore a 20.000 euro; si potrebbero acquistare 20 treni per pendolari etc.. etc.. 15 miliardi di euro risultano poi essere il doppio rispetto all’operazione dei tagli programmati dalla riforma Gelmini per la scuola italiana! (per aderire all’appello per la sospensione della partecipazione italiana al progetto http://www.sbilanciamoci.org/index.php?option=com_content&task=view&id=1008)

Guardare a quanto si muove nei paesi del Maghreb può aiutarci ad uscire da una bolla di una società imbrigliata nell’incapacità di leggere le grandi sfide del presente.

Raccolgo alcuni contributi di lettura di quanto sta avvenendo e che in questi ultimi giorni in Libia vede sviluppi drammatici e sconvolgenti nella repressione brutale da parte del dittatore Gheddafi nei confronti del popolo di quella terra.

Luigi Sandri in un recente intervento a Pistoia (venerdì 18 febbraio 2011) organizzato dal Centro Espaces ha posto in luce come questo processo che attraversa tutta l’area dei paesi arabi ma giunge a toccare aree come l’Iran - che non appartiene ai paesi arabi ma al mondo persiano - sta sconvolgendo il quadro geopolitico mondiale. Esso ha trovato impreparati soprattutto i governi dei paesi occidentali che ritenevano permanente una situazione in cui alcune dittature che ora stanno rivelando il loro volto sanguinario, erano considerate ‘paesi moderati’ da contrapporre a paesi nemici e a ‘stati canaglia’. Il disorientamento delle cancellerie occidentali nella rapidità di questi cambiamenti e sollevazioni dipende da politiche sviluppate a partire da una logica di colonizzazione che è continuata anche dopo il sorgere di stati nel Maghreb indipendenti dalle potenze occidentali. Politiche segnate da interesse per le fonti di energia e fondamentalmente disinteressate per i diritti umani e la democrazia in quei territori.

Come giustamente osserva Luciana Borsatti, inviata dell’Ansa in Tunisia, ad un dibattito del Cipax del 3 febbraio u.s., non si è trattato unicamente di rivolte del pane. Certamente c’è una richiesta di una vita dignitosa, ma le parole che hanno segnato la rivolta tunisina, poi quella egiziana e ora in Libia e in altre regioni (Bahrein, Yemen) sono “dignità, fiducia e speranza”. Dignità rivendicava il ventiseienne tunisino Mohamed Bou’azizi che il 17 dicembre si è dato fuoco in segno di protesta quando il suo banco di frutta veniva requisito. La richiesta fondamentale è quella di essere riconosciuti come persone libere e con una dignità umana. Ma anche fiducia di poter cambiare un corso della storia segnato dall’oppressione della libertà. Infine speranza in un cambiamento possibile.

Adnane Mokrani, teologo tunisino docente di lingua e cultura islamica alla Pontificia Università Gregoriana, e autore del libro ‘Leggere il Corano a Roma’, in un articolo apparso in “Adista Segni Nuovi” 13 (19 febbraio 2011) dal titolo “Tra dittatura e fodnamentalismo scegliamo la democrazia ripercorre le fasi per le quali è passato il mondo islamico dopo la caduta delle società tradizionali: il nazionalismo laico autoritario come nel caso di Atatürk in Turchia, di Reza Shah in Iran e di Bourghiba in Tunisia, poi la fase di affermazione dell’islamismo militante il cui apice è stato il 1979 con la rivoluzione iraniana. Negli ultimi anni il discorso islamista ha perso progressivamente terreno. Secondo Mokrani “l’apparizione di al-Qaida nella scena politica internazionale è l’eccezione che conferma la regola: con essa l’islamismo radicale non è più una forza popolare ma piuttosto un ‘suicidio-omicidio’ che non ha un progetto per l’avvenire. La terza fase, dunque, è segnata dalla crescita di una coscienza collettiva della necessità di democrazia, libertà e diritti umani”. Mokrani osserva la presenza di “una nuova generazione cresciuta sotto le dittature (di Ben ali e di Mubarak per esempio) ben connessa con il mondo, capace di usare i mezzi di comunicazione; giovani globalizzati nel senso positivo della parola, aperti ai cambiamenti mondiali; giovani colti e laureati, ma senza possibilità di integrazione nel mercato del lavoro né nello spazio politico”.

Fondamentale in questi sommovimenti che stanno segnando il mondo arabo è il ruolo della rete. Si tratta di rivoluzioni dal basso. Elementi rilevanti sono la forte presenza di giovani che si trovano depredati del loro futuro e dovrà ancora emergere sempre più la presenza di donne, come nell’Iran in cui si è in presenza di una popolazione femminile giovane ben formata e consapevole del valore della conoscenza per il proprio futuro.

A tal proposito il gesuita Henri Boulad, direttore del Centro culturale gesuita di Alessandria e Soliman Chafik giornalista politologo, in un articolo apparso nella rivista “Témoignage chrétien” dal titolo “Egypte: et les chrétiens dans tout ça?” (http://www.temoignagechretien.fr/ARTICLES/International/Egypte-et-les-chretiens-dans-tout-ca-?/Default-3-2398.xhtml del 4 febbraio 2011) sottolineano come in Egitto la rivolta abbia visto come primo protagonista i giovani aperti, emancipati. Ma i Fratelli musulmani hanno subito cercato di prendere questa rivolta dalle mani dei giovani che l’avevano inventata. Ma vi sono altri protagonisti, in particolare il popolo egiziano: “presi di sorpresa dalla improvvisa sparizione delle forze di sicurezza e la sorprendente liberazione dei prigionieri dapprima è stato preso dal panico di fronte alle orde di banditi che si sono riversati nella città. Ma le persone si sono presto riprese e organizzate per far fronte e resistere. Comitati di difesa civile sono sorti spontaneamente, prendendo posizione alla base dei palazzi, agli angoli delle strade, un po’ dappertutto per difendersi, proteggere le loro famiglie e i loro beni, per organizzare la circolazione e la raccolta della spazzatura. Questa scelta di prendere in mano la situazione da parte del popolo è stata veramente rimarchevole e tutto si svolge ora in una serenità, cortesia e efficacia sorprendenti” Ma anche protagonista è stato l’esercito, “vicino al popolo, avversario dei Fratelli musulmani”. Tuttavia il timore è quello di tornare ad una dittatura di tipo militare, simile a quella successiva al colpo di Stato del 1952. Si sottolinea pure come i cristiani si siano tenuti un po’ distaccati da questi sommovimenti, timorosi dei futuri possibili sviluppi. Interrogativi che non eliminano la speranza: “Ci auguriamo che il nuovo regime ci aiuti a costruire, lungi da ogni lotta partigiana e confessionale questa unione nazionale che per molti sembra una pura utopia”. Certamente – come ha rilevato Sandri nella sua conferenza – uno dei punti nodali saranno le scelte future del governo egiziano sulla questione del confine di Gaza. Quali scelte saranno compiute nei confronti di quello che attualmente è una prigione a cielo aperto? Non solo, ma decisive saranno scelte che possano aprire ad un reale pluralismo culturale e religioso nel contesto egiziano in cui è presente certamente l’organizzazione dei Fratelli musulmani, assai variegata al suo interno e che non costituiscono un blocco omogeneo (cfr. nel medesimo numero della rivista l’articolo di Benjamin Seze “Les Frères musulmans ne forment pas un bloc homogène” intervista a Brigitte Maréchal autrice di Les Frères musulmans en Europe, racines et discours, ed. PUF 2009), ma anche la componente dei cristiani copti che in Egitto che sinora non ha avuto possibilità di riconoscimento e di espressione.

Adel Jabbar, sociologo e saggista, in un articolo inviato gli amici dal titolo “Appunti sulle sollevazioni arabe” sintetizza alcuni punti dei fenomeni in atto su cui riflettere:

Gli avvenimenti che stanno scuotendo le società arabe e travolgendo i vari vassalli e satrapi dimostrano: 1) che le popolazione hanno superato la paura che li ha paralizzati per decenni e, di fatto hanno trovato la forza di sconfiggere la cultura dell’intimidazione e del terrore che i tiranni hanno usato e usano come unico modo per governare; 2) che le élite, spesso secolari, non sono altro che combriccole familistiche di stampo mafioso; 3) che i poteri dell’occidente democratico hanno sostenuto regimi corrotti e violenti mettendo in primo piano i propri interessi materiali dimenticando del tutto la cultura dei diritti umani, della quale fanno uso, non di rado, in termini meramente strumentali; 4) una maturità e una consapevolezza politica delle fasce giovanili smarcata da riferimenti ideologici novecenteschi; 5) che larghi settori assumono la nonviolenza e la disobbedienza civile come prassi per rivendicare i propri diritti e la propria dignità, quindi smentendo e confutando il luogo comune che vuole le società arabe imbevute di violenza e di fanatismo religioso, appiattendo l’immagine degli arabi sulla figura di Bin Laden e di al-Qa‘aida; 6) l’assenza di retorica anti occidentale – non sono stati presi di mira né interessi né persone né simboli occidentali – e il sapere parlare un linguaggio transculturale in grado di comunicare in un mondo di differenze e di molteplicità attraverso parole d’ordine quali dignità, libertà e giustizia”.

Tanti elementi che nell’incertezza del presente e dell’assetto futuro di tutta l’area mediterranea offrono motivo per una radicale conversione intellettuale, morale e politica da parte dell’Occidente, come opportunamente Sandri ha auspicato al termine del suo intervento.

Benigni e l’unità d’Italia

Alcuni aspetti dell’ultimo festival di Sanremo hanno forse aperto brecce che sono state registrate acutamente da Barbara Spinelli come segnali di speranza in un clima italiano buio e che genera sgomento e indignazione. La canzone vincitrice di Vecchioni canta «Questa maledetta notte dovrà pur finire». Barbara Spinelli commenta:A quest'Italia piace Benigni quando narra Fratelli d'Italia. Piace Vecchioni quando canta la «memoria gettata al vento da questi signori del dolore», e «tutti i ragazzi e le ragazze che difendono un libro, un libro vero, così belli a gridare nelle piazze perché stanno uccidendo il pensiero». Quando conclude: «Questa maledetta notte dovrà pur finire». Poiché si estende, il senso di abitare una notte: d'inganni, cattiveria, sfruttamento sessuale di minorenni. C'è voglia che inizi un risveglio. Che la politica e anche la Chiesa, cruciale nella nostra storia, vedano la realtà dei fatti dietro quella pubblicitaria” (Quando finirà la notte, “La Repubblica” 23 febbraio 2011).

Tuttavia penso sia opportuno nonostante l’universale plauso al commento di Benigni all’inno nazionale raccogliere una voce fuori dal coro che invita ad alcune osservazioni critiche che portano anche a riflettere sulla generale impreparazione ed ignoranza diffusa: Alberto Mario Banti per Il Manifesto, commenta la ‘memorabile’ lezione di storia di Benigni, applaudita in modo bipartisan (http://www.altracitta.org/2011/02/20/benigni-a-sanremo-un-commento-fuori-dal-coro/). Banti interrogandosi su cosa stia dietro ad una impostazione del commento che respira molti elementi della retorica identitaria e nazionalistica, avverte dei rischi di questa impostazione nel contesto attuale in cui ai ripiegamenti identitari e xenofobi della Lega in ben altro modo si dovrebbe reagire riscoprendo insieme ad un senso dell’unità nazionale anche quell’apertura del migliore europeismo e internazionalismo che ha segnato la storia recente: “Bene. E che cosa abbiamo imparato da questa lezione di storia? Che noi italiani e italiane del 2011 discendiamo addirittura dai Romani, i quali si sono distinti per aver posseduto un esercito bellissimo, che incuteva paura a tutti. Che discendiamo anche dai combattenti della Lega lombarda (1176); dai palermitani che si sono ribellati agli angioini nel Vespro del lunedì di Pasqua del 1282; da Francesco Ferrucci, morto nel 1530 nella difesa di Firenze; e da Balilla, ragazzino che nel 1746 avvia una rivolta a Genova contro gli austriaci. Interessante. Da storico, francamente non lo sapevo. Cioè non sapevo che tutte queste persone, che ritenevo avessero combattuto per tutt’altri motivi, in realtà avessero combattuto già per la costruzione della nazione italiana. Pensavo che questa fosse la versione distorta della storia nazionale offerta dai leader e dagli intellettuali nazionalisti dell’Ottocento. E che un secolo di ricerca storica avesse mostrato l’infondatezza di tale pretesa. E invece, vedi un po’ che si va a scoprire in una sola serata televisiva. Ma c’è dell’altro. Abbiamo scoperto che tutti questi «italiani» erano buoni, sfruttati e oppressi da stranieri violenti, selvaggi e stupratori – stranieri che di volta in volta erano tedeschi, francesi, austriaci o spagnoli. E anche questa è una nozione interessante, una di quelle che cancellano in un colpo solo i sentimenti di apertura all’Europa e al mondo che hanno positivamente caratterizzato l’azione politica degli ultimi quarant’anni. Poi abbiamo anche capito che dobbiamo sentire un brivido di emozione speciale quando, passeggiando per il Louvre o per qualche altro museo straniero, ci troviamo di fronte a un quadro, che so, di Tiziano o di Tintoretto: e questo perché quelli sono pittori «italiani» e noi, in qualche modo, discendiamo da loro. Che strano: questa mi è sembrata una nozione veramente curiosa: io mi emoziono anche di fronte alle tele di altri, di Dürer, di Goya o di Manet, per dire: che sia irriducibilmente anti-patriottico? E infine abbiamo capito qual è il valore fondamentale che ci rende italiani e italiane, e che ci deve far amare i combattenti del Risorgimento: la mistica del sacrificio eroico, la morte data ai nemici, la morte di se stessi sull’altare della madre-patria, la militarizzazione bellicista della politica. Ecco. Da tempo sostengo che il recupero acritico del Risorgimento come mito fondativo della Repubblica italiana fa correre il rischio di rimettere in circuito valori pericolosi come sono quelli incorporati dal nazionalismo ottocentesco: l’idea della nazione come comunità di discendenza; una nazione che esiste se non ab aeterno, almeno dalla notte dei tempi; l’idea della guerra come valore fondamentale della maschilità patriottica; l’idea della comunità politica come sistema di differenze: «noi» siamo «noi» e siamo uniti, perché contrapposti a «quegli altri», gli stranieri, che sono diversi da noi, e per questo sono pericolosi per l’integrità della nostra comunità. Ciascuna di queste idee messa nel circuito di una società com’è la nostra, attraversata da intensi processi migratori, può diventare veramente tossica: può indurre a pensare che difendere l’identità italiana implichi difendersi dagli «altri», che – in quanto diversi – sono anche pericolosi; può indurre a fantasticare di una speciale peculiarità, se non di una superiorità, della cultura italiana; invita ad avere una visione chiusa ed esclusiva della comunità politica alla quale apparteniamo; e soprattutto induce a valorizzare ideali bellici che, nel contesto attuale, mi sembrano quanto meno fuori luogo. Ecco, con la performance di Benigni mi sembra che il rischio di una riattualizzazione del peggior nazionalismo stia diventando reale: tanto più in considerazione della reazione entusiastica che ha accolto l’esibizione del comico, quasi come se Benigni avesse detto cose che tutti avevano nel cuore da chissà quanto tempo. (…) Beh, speriamo che il successo di Benigni sia il successo di una sera. Perché abbracciare la soluzione di un neo-nazionalismo italiano vorrebbe dire infilarsi dritti dritti nella più perniciosa delle culture politiche che hanno popolato la storia dell’Italia dal Risorgimento al fascismo”.

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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