> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 21-3-10. Commento alla Sacra Scrittura

V Domenica di Quaresima

Is 43,16-21; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11

OMELIA

“Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia e non ve ne accorgete?”

E’ difficile guardare a ciò che è rimasto in piedi dopo il terremoto. E’ difficile scorgere i germogli nella devastazione. E’ difficile gioire per i rari esempi di onestà laddove il verminaio della corruzione imperversa. E’ difficile pensare all’educazione di giovani generazioni in una atmosfera di legalità mentre il paese è terreno di ‘Gomorra’. La parola del profeta antico, e le parole dei profeti feriali del nostro tempo si pongono su di un’altura particolare: per questo sono rifiutati, derisi, tacciati di utopismo. La loro voce viene da quella terrazza di Abramo che è la terrazza della fede. Non è l’utopia disincarnata e spiritualista. E’ lo sguardo di chi vive la fede come ragione profonda per leggere il presente, per resistere a tutto ciò che fa pensare al piccolo interesse e tornaconto, a quanto offusca la vista e fa cadere nella rassegnazione, a tutte le parole di imbonitori cariche di promesse senza spessore.

Qualcosa sta per nascere. E’ una novità che si può scorgere solamente con occhi capaci di sostare dinanzi alle cose piccole… E’ come un germoglio, silenzioso e fragile che annuncia la bella stagione, che nel deserto indica la gioia della vita nascente al di là di tutto quello che contro di essa lotta e la fa appassire. La speranza non è mai evidenza e sicurezza; piuttosto è cammino, è ripartire verso un orizzonte di cui si intravede il profilo e per cui si avverte profonda la chiamata. Si tratta – allora nel tempo dopo l’esilio, la devastazione, la perdita - come oggi, sempre di un nuovo esodo, il ripetersi di quell’esperienza di incontro. Il non venir meno del Dio fedele è la grande scoperta vissuta nel deserto, laddove non ci sono templi, non c’è sacerdozio, non istituzioni di potere, ma solo la cura di Dio che si fa vicino e solidale: non quindi il Dio del tempio, ma il Dio della tenda, che plasma e si crea un popolo nel percorso di ricerca della libertà. Al cuore di questa novità sta un rinnovato appello del Dio vivente e liberatore. Chiama ad un nuovo passaggio, Pasqua di libertà, verso un orizzonte di vita. Il motivo di tutto questo non viene da noi: è Dio il fedele alle sue promesse, è lui che aprirà la strada, lui come il vasaio che plasma la creta e vie la passione di plasmarsi un popolo: ‘Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa… il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi’. La novità si apre solo nel deserto, nel cammino, nel tempo faticoso, nell’ascolto di questo invito ad andare… ancora.

“Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù”

L’immagine è quella della corsa allo stadio, tipica della cultura greca che nelle città faceva costruire grandi stadi. La corsa degli atleti diviene così metafora di quella corsa che è la vita. Una corsa in cui il fiatone si fa sentire. Paolo vuole correre per ‘conoscere la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dei morti’. Ancora una strada, da percorrere, su cui correre. Ma non è un correre per un premio, o per una meta: è un correre per andare incontro e per essere incontrati. C’è fretta, c’è bisogno di impegno: è impresa atletica. Ma tutto non si radica nella prestanza fisica ma nel dono. Solo da lì si può scorgere come tutto valga la pena lasciare pur di raggiungere Cristo.

‘Và e d’ora in poi non peccare più’.

Gesù apre un futuro nuovo a questa donna, sfruttata, calpestata dal giudizio implacabile dell’ipocrisia maschile di quegli uomini che vogliono lapidarla. Per primo si rivolge a lei, le parla riconoscendo la sua dignità, pnendosi dinanzi ad un volto, non ad un caso o ad un problema. La riconosce come un ‘tu’ davanti a lui; la sofferenza e l’umiliazione di lei sono cariche di senso; la riconosce con quella dignità che le era stata tolta due volte, dalla accusa pubblica e dall’indicarla come peccatrice da parte di chi si riteneva giusto. La critica di Gesù è senza riserve verso chi si pone come paladino della moralità, giudice implacabile e negatore di ogni possibilità di cambiamento e di perdono: ‘Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei’. Rispondendo al tranello dei suoi interlocutori, se fosse lecito o meno lapidarla, sarebbe andato contro il diritto ebraico (se l’avesse perdonata) o contro il diritto romano (perché solo ai romani spettava il diritto di condannare a morte). Gesù percorre la via del silenzio di fronte al rifiuto e alla durezza del cuore. Continua a scrivere con il dito per terra: un testo di Geremia può aiutare: ‘sulla terra verrà scritto chi ti abbandona, perché hai abbandonato il Signore sorgente di acqua viva’ (Ger 17,13). Il lento andarsene di tutti è sottolineato con una certa ironia: ‘uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi’.

‘Rimase solo Gesù con la donna là nel mezzo’: non c’è solo un’indicazione spaziale, lì, in mezzo, ma c’è forse anche l’indicazione di un centro della vita, in mezzo al cuore. Quella donna scopre per esperienza profonda, come evento che le tocca il cuore, nel mezzo della sua vita e del suo cuore il volto di chi la guarda con occhi che sanno dare perdono pieno di compassione, e di coraggio, e sanno liberare e non coltivano giudizi sul passato ma aprono al futuro. L’incontro con Gesù la apre ad un futuro in cui non c’è condanna ma attesa, non solitudine ma parola che apre alla relazione. E’ lo sguardo di Gesù. Non condanna ma apertura ad un cammino nella vita: ‘Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed essa rispose: Nessuno Signore. E Gesù le disse ‘Neanch’io ti condanno….’ Non condannare ma essere presenza di relaizone che apre ad un futuro di vita: è uno stile che Gesù ha lasciato ai suoi: sapremo metter qui tutta la nostra energia, sapremo imparare a diventare persone e comunità capaci di testimoniare questo sguardo, di stare in questo cammino, di scoprirci per primi guardati in questo modo per poter comunicare non parole vuote e dottrine, ma parole piene di vita, di liberazione e di un incontro vivente?

UNO SPUNTO DA….

“Gesù la taliò, taliò l’omo grosso e tutta l’altra gente che aspettava la sua parola. ‘Chi è senza peccato scagli la prima pietra’ – disse a bassa voce, gli mancava il fiato per la stanchizza. Non aveva ancora chiuso la bocca che una pietra volò nell’aria, spaccò la fronte alla femmina. Tutti si voltarono a taliàre l’omo senza piccato. Era Jacob, ladro, stupratore e assassino. Ma sordo come una campana, povirazzo. Allora una gragnuola di pietre seppellì la picciotta. Gesù fece appena in tempo a scansarsi”

(A.Camilleri, Favole del tramonto, ed. dell’Altana 2000)

Camilleri riscrive la pagina del vangelo di Giovanni: scolpisce in un quadro sintetico la situazione che precipita. Gesù rivolge lo sguardo (taliò) alla donna e alla gente. La folla cerca un capro espiatorio: la folla titubante e curiosa, al primo accenno, in questo caso al gesto compiuto da un sordo che non ha nemmeno udito le parole di Gesù, Jacob ladro strupratore e assassino, non tarda a scatenarsi nella sua aggressività e nella sua violenza. E’ la mimesi del gesto che diviene modello di una violenza che si propaga, ciecamente e senza limiti su di una donna sola. La prima pietra gettata parte da un uomo, fisicamente sordo, ma forse più in profondità moralmente sordo. E’ sufficiente il suo primo gesto, la folla lo imita scatenando i suoi istinti. La folla racchiude in sè potenzialità pericolose; nel suo radunarsi vive fenomeni di mimetismo per cui ad un gesto di uno segue una ripetizione ed il coinvolgimento cieco della massa. E’ sufficiente che parta la prima pietra perché si scateni una violenza cieca e irragionevole.

Camilleri - scostandosi dal racconto evangelico in cui Gesù non alza lo sguardo, rimane chino a scrivere per terra, una scrittura indecifrabile e tracciata sulla polvere - nota come Gesù ‘taliò’, guardò profondamente la donna e la gente. Parla a bassa voce per non scatenare la rapida escalation della rabbia. Ma il gesto del sordo scatena il linciaggio collettivo. E’ il ritratto del bisogno insito nella folla sorda di individuare una vittima su cui scaricare la propria violenza. E’ il meccanismo della ricerca del capro espiatorio, della vittima su cui, un consenso satanico riversa i sentimenti di vendetta e di violenza.

René Girard ha descritto nelle sue opere come questo dinamismo stia al cuore dei miti e dei riti del sacrificio nelle religioni arcaiche (R.Girard, Vedo Satana cadere come la folgore, Adelphi 2001). A partire dal suo lavoro La violenza e il sacro, il filosofo francese ha rivolto la sua analisi alla violenza rituale e al suo rinnovarsi ciclicamente come valore fondante, nelle culture mitiche. L’omicidio rituale costituisce una delle caratteristiche dei miti di fondazione – si pensi a Romolo, a Caino – e rappresenta il carattere di ‘violenza mimetica’ che sta alla base di un patto sociale religioso. Le azioni delle persone sono intraprese esclusivamente in quanto viste fare da un altro che viene ad essere un modello. L’uomo, individuo desiderante per eccellenza, basa ogni suo movimento sull’essere secondo l’altro, sull’omologarsi ai costumi, ai modi di vita di chi gli sta accanto. Vuole qualcosa non per appetito, ma per desiderio, perché la vuole anche l’altro. La folla diviene così il luogo in cui si riproducono desideri imitativi, ed i conflitti che sorgono da tali desideri: sorge così quel contagio mimetico in cui il tutti contro tutti viene a trasformarsi nel tutti contro uno. Girard cita l’esempio del taumaturgo ellenistico Apollonio di Tiana che scaccia la peste da Efeso, inducendo la folla a lapidare un miserabile mendicante cieco, individuato come responsabile dell’epidemia perché ostile agli dei e causa perciò dell’ira divina. Ma è anche il meccanismo per cui una categoria di persone, i disabili, gli ebrei, gli untori di manzoniana memoria, sono individuati come responsabili di un male. E la folla si ritrova unita e sicura che il sacrificio che sta compiendo è giusto.

Nell’analisi di Girard il cristianesimo, a partire da Gesù, rompe il meccanismo della ricerca e produzione della vittima verso la quale la violenza della folla, della società, si scatena. Gesù di fronte alla donna adultera non propone una via di confusione tra il bene e il male, non chiede di essere incapaci di giudizio morale. Piuttosto opera una rottura sul meccanismo della individuazione del capro espiatorio. Il ‘chi è senza peccato scagli la prima pietra’ è letto da Girard come una rottura che esprime la novità della rivelazione cristiana. Colei che è individuata come vittima diviene intoccabile. Sulla croce questo processo ha il suo compimento. Gesù si pone egli stesso come vittima, liberamente: rompe con la religione della vittima. "Il trionfo della Croce non è ottenuto in alcun modo con la violenza, ma al contrario è il frutto di una rinuncia così totale alla violenza che quest’ultima può scatenarsi a sazietà su Cristo” (ibid. 184-185). Paradossalmente quando sulla croce si identifica con ogni vittima sotto di lui la folla lo beffeggia dicendo: ‘ha salvato altri non può salvare se stesso?’. Gesù presenta il volto di un Dio che non salva se stesso, esce dal meccanismo della mimesi della violenza collettiva che si scatena su di un capro espiatorio (cfr. P. Mancinelli, Cristianesimo senza sacrificio, filosofia e teologia in R. Girard, Cittadella, Assisi 2001) Ma la rottura operata da Gesù, quale ‘uscita dalla religione’, rimane sempre critica aperta anche alle forme storiche del cristianesimo che ripropongono questi meccanismi.

DALLA PAROLA ALLA VITA

“…Per riveder le stelle del diritto”

“…Per riveder le stelle del diritto” è il titolo di un documento di Pax Christi del 14 marzo u.s.in cui si dice la preoccupazione per la grave situazione del nostro Paese e si auspicauna inderogabile azione comune per uscire da questo momento camminando sulle strade costituzionali della legalità, della giustizia e del diritto”. In particolare il documento richiama quanto ha detto mons. Domenico Mogavero, Presidente del Consiglio della Conferenza episcopale italiana per gli Affari Giuridici - a proposito della questione della presentazione delle liste per le elezioni regionali e del cosiddeto decreto salvaliste - per il quale “cambiare le regole del gioco mentre il gioco è in corso è un atto altamente scorretto”.

Richiama ad una vigilanza per dare voce a chi denuncia l’attitudine di chi vede la tutela delle frontiere più importante della tutela della famiglia e dell’educazione dei minori, così pure “la voce di chi denuncia gli abusi e le speculazioni legate al terremoto in Abruzzo, la privatizzazione di alcuni beni vitali come l'acqua, i gravi problemi del mondo del lavoro, il rischio che venga cancellata la legge 185 sul controllo del commercio delle armi”. Il documento ricorda l’importanza di allargare lo sguardo sui conflitti dall’Iraq alla Palestina e denuncia “il silenzio sugli F35 assemblati a Novara e la nascita della “Difesa spa” che aggraveranno la corsa incontrollata al riarmo”.

E' normale che ci tremino le ginocchia ma almeno che ci tremino nel posto in cui dobbiamo essere

"Abbiamo incontrato i contadini senza terra e senza lavoro stabile, senz'acqua, senza luce e senza scuole. Abbiamo incontrato gli operai privi di diritti sindacali, licenziati dalle fabbriche quando reclamano e completamente alla mercé dei freddi calcoli dell'economia. Abbiamo trovato gli abitanti dei tuguri, la cui miseria supera ogni immaginazione, con l'insulto permanente dei palazzi vicini. In questo mondo disumano, la chiesa della mia arcidiocesi, sacramento attuale del servo sofferente di Jahweh, ha cercato di incarnarsi" (Oscar Arnulfo Romero)

In questi giorni ricorrono trent’anni dall’uccisione, avvenuta durante la celebrazione eucaristica nella cappella dell’ospedale della divina Provvidenza a San Salvador del vescovo Oscar Arnulfo Romero (24 marzo 1980). Riprendo alcune parole dall’omelia di don Tonino Bello pronunciata a Roma nella chiesa di santi apostoli il 24 marzo 1987:

“Ma la Parola di Dio, oltre la spiritualità dell'esodo, ha costruito nel santo vescovo salvadoregno la spiritualità che, raccogliendo lo spunto da un apologo, potremmo chiamare del dito puntato.Fu lo stesso Romero a raccontarlo, nell'omelia del funerale di padre Navarro, un altro prete ucciso nel maggio del 1977: ‘Si narra che una carovana, guidata da un beduino del deserto, era di-sperata per la sete e andava cercando acqua nei miraggi del deserto. E la guida diceva loro: Non di là, di qua. E così varie volte, finché uno della Carovana, innervositosi, tirò fuori la pistola e sparò alla guida che, ormai agonizzante, tendeva ancora la mano per dire: non di là, ma di qua. E così morì, indicando la strada’.C'è in questo apologo il riverbero di una coscienza profetica che in Romero ha ormai preso corpo e che, di giorno in giorno, diventa sempre più chiara. ‘Così dice il Signore: grida a squarciagola, non avere riguardo. Come una tromba, alza la voce. Dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati’.Romero percepisce che vi sono potenze antitetiche alla salvezza proposta da Cristo e vi si oppone risolutamente con quegli atteggiamenti tipici che connotano lo stile dei primi martiri cristiani: la parresia, la kàuchesis, la speranza.Parresia è lo stile di chi, in piedi, a faccia alta pur senza protervia, parla apertamente e con piena libertà di linguaggio del suo incontro con Dio, alla cui Parola si sente ormai irrevocabilmente consacrato.Kàuchesis è il vanto che uno mena della croce del Cristo. E' il gloriarsi di lui, della sua persona, della sua unica signoria, che diventa fondamento delle proprie scelte personali.Speranza è l'atteggiamento di colui che, mentre si addensano le tribolazioni sulle sue spalle, non lascia spegnere il canto sulla sua bocca.Basterà leggere le omelie di Romero per rendersi conto di come queste tre dimensioni innervarono la sua esistenza teologica. Il parlare con coraggio e a viso aperto rivela, alle sue spalle, il "più grande io" a cui si è ormai abbandonato, anche se non mancano i fremiti della paura. ‘E' normale che ci tremino le ginocchia - diceva spesso - ma almeno che ci tremino nel posto in cui dobbiamo essere’.E' parresia anche questa”.

Alessandro cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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