> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 21-2-10. Commento alla Sacra Scrittura

21-2-2010 - I Domenica di Quaresima - Anno C

Dt 26,4-10; Rom 10,8-13; Lc 4,1-13

Commenti alle letture

“Mio padre era un arameo errante; scese in Egitto… gli egiziani ci maltrattarono e ci imposero una dura schiavitù… Il Signore vide la nostra oppressione e ci fece uscire dall’Egitto… e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele

Deuteronomio è il libro delle parole (devarim) ed è libro della memoria: ricorda Israele'. La pagina che apre la Quaresima presenta un gesto che attua un ricordo ed una parola. Un gesto di offerta, gesto delicato e prezioso nel mondo agricolo: i primi frutti del raccolto, le primizie sono offerte. Il gesto è accompagnato dalla parola, non un discorso definitorio o una lezione ma un racconto: la narrazione di una storia che vede coinvolti il Dio d'Israele e la vicenda del popolo a cui Dio si è fatto vicino. La storia di un percorso di fede. Mentre sono presentate le offerte dei frutti della terra nel tempio è anche così proclamata una confessione di fede. Questa indica che i gesti che si stanno compiendo sono un ‘memoriale’. Da un lato c’è il pane: è un pane che sarà mangiato, ma prima deve essere ricordato e riconosciuto come ‘donato’; dall’altro c’è un racconto, all’interno di un rito, una liturgia con i toni del ringraziamento e del culto a Jahwè. Quel pane diviene memoria, segno che rinvia ad una storia di vicinanza e di liberazione in cui Dio si è manifestato con il volto di chi si prende cura, è vicino e appassionato. Il rito dell’offerta delle primizia è quindi segno del riconoscimento dell’alleanza e della vita di Israele in quanto segnata dalla presenza di Dio. Il racconto è anch’esso memoria, storia di un progetto di liberazione che attraverso il popolo d’Israele si allarga a comprendere ogni popolo, è una storia di alleanza. E' una tra le antiche professioni di fede di Israele, una specie di ‘credo’ che non si sviluppa come elenco di definizioni ed affermazioni su Dio, ma come narrazione.

Il Dio della Bibbia è un Dio che agisce, si fa vicino, ascolta il grido che sale dalla sofferenza di chi è oppresso, scende a liberare Israele schiavo in Egitto. E’ il Dio ‘totalmente altro’, lontano e diverso dall’uomo, non riducibile alle sue dimensioni e costruzioni - i suoi pensieri non sono i nostri pensieri -; eppure nello stesso tempo è il Dio vicino, compassionevole e che si prende cura dei più deboli e indifesi. E’ lui che ‘fece uscire dall’Egitto’ e donò la terra come segno del compimento della sua promessa. La fede nel Dio vicino e liberatore dovrebbe generare pensieri e progetti di vicinanza e di liberazione verso tutti coloro che soffrono per l’ingiustizia, per le vittime del potere e per i dimenticati. Quel grido che saliva dal popolo d’Israele nella schiavitù d’Egitto continua oggi nel grido di tanti oppressi.

La quaresima è tempo di riscoperta della fede in cui riporre al centro la scoperta del volto di Dio e del nostro rapporto con Lui, la nostra narrazione, da rileggere riscrivere e comunicare ad altri.

"Gesù, pieno di Spirito santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo"

Luca presenta tre generi di tentazioni, o meglio di prove (peirasmos) a cui Gesù è sottoposto. Sono presentate come una sintesi che racchiude ogni genere di prova: nella sua vita pubblica Gesù infatti dovette far fronte a tentazioni umane quali le richieste presentate da Pietro (Mt 16,21-23), oppure da parte dei farisei che chiedevano un ‘segno’ evidente della sua potenza divina (Mc 8,11). Eb 4,15 dirà di lui: ‘messo alla prova in ogni cosa a nostra somiglianza’. Luca presenta Gesù spinto dallo Spirito nel deserto, nel luogo della solitudine dell’isolamento e dell’aridità, per quaranta giorni, tempo simbolico dell’uscita dall’Egitto e tempo della solitudine di Mosè quando ricevette parole dell’alleanza (Es 34,28). Le prove sono presentate in ordine crescente e in modo diverso rispetto alla pagina parallela di Matteo: la prova del tempio è posta alla fine. Tutto culmina sul pinnacolo del Tempio di Gerusalemme, al cuore quindi della città santa, che nel vangelo di Luca ha un’importanza tutta particolare perché a Gerusalemme è diretto l’intero cammino di Gesù, lì trovano il loro vertice l'esperienza della prova e quella dell’affidamento radicale di Gesù al Padre. Gesù affronta e vince la prova, ma la sua vittoria ha i caratteri di una scelta precisa su come vivere la sua missione. La prova del pane riguarda la vita. Gesù contesta un modo di vivere per cui l'esistenza sta tutta nelle proprie mani e nell’accumulo, offre una visione alternativa a chi pensa che la certezza della vita stia nel benessere e nelle cose, in uno sguardo egoistico sulla propria sicurezza (cfr. Lc 12,5): la vita si compie nel rapporto con Dio e nel servizio agli altri, non si esaurisce solamente nel benessere materiale e nell’adempimento dei bisogni. Lo stile di Gesù non è quindi secondo la linea dell’appagamento dei bisogni immediati e della ricerca di nutrimento come senso della vita al di fuori di Dio (cfr. Dt 8,3). La sua missione non è neppure assoggettamento all’idolatria del potere o agli imperi umani (Dt 6.10-15; Es 23,23-33): davanti a tutti i regni della terra Gesù rivendica l’unica autorità assoluta di Dio nei confronti di ogni potere. Ogni tipo di potere reca in sé una forza idolatria e chi lo esercita pensa di essere onnipotente. Gesù afferma la sua scelta di vivere nella condizione di chi non ha potere ma di chi serve. Anche le cose religiose possono divenire sviamento da un’autentica ricerca di Dio e Gesù cercherà di evitare di essere confuso con i taumaturghi e operatori di prodigi. La sua missione non sarà caratterizzata da miracoli e portenti per soddisfare il bisogno del sacro (Dt 6,16; cfr. Es 17,1-7), ma i gesti di bene e di guarigione che egli compie sono segni che il regno è arrivato. Le 'prove' sono presentate da Luca come annuncio e anticipo: la vera prova e la lotta decisiva sarà nel momento in cui Gesù dinanzi all’ostilità dei poteri religiosi e politici, di fronte alla possibilità della morte, sarà tentato di abbandonare: in quel momento Luca dice che indurì il suo volto dirigendosi verso Gerusalemme (Lc 9,51). La lotta decisiva e ultima contro le tentazioni è in stretto rapporto con il battesimo. Lì la voce del Padre aveva indicato in Gesù ‘il mio Figlio’. L’identità più profonda di Gesù si può cogliere nel rapporto unico con il Padre; ma questo rapporto non toglie la solidarietà all’uomo, piuttosto spinge Gesù a vivere fino in fondo il dramma umano della fatica e della prova, il senso della fragilità e della solitudine. Gesù non si sottrae alla prova ma vive nella sua stessa esperienza la prova fondamentale di mantenere fedeltà all’invio dello Spirito (Lc 4,14). Luca pone le tentazioni di Gesù dopo aver indicato la sua genealogia che lo unisce ad Adamo: in Gesù la storia dell’umanità, la storia anche della prova dell’uomo trova una risposta. Gesù la indica nell’affidamento a Dio, che ha il volto del Padre misericordioso che scende a liberare i suoi figli.

Uno spunto da

“Quando sono uscito di prigione, questa era la mia missione, liberare sia gli oppressi che l’oppressore. Qualcuno afferma che lo scopo è stato raggiunto. Ma io so che non è questo il caso. La verità è che noi non siamo ancora liberi; abbiamo soltanto conquistato la libertà di essere liberi, il diritto a non essere oppressi. Non abbiamo ancora compiuto l’ultimo passo del nostro viaggio, ma il primo di un lungo e anche più difficile cammino. Per essere liberi non basta rompere le catene, ma vivere in un modo che rispetti e accresca la libertà degli altri. Il vero test della nostar fedeltà alla libertà è solo all’inizio. ho percorso questo lungo cammino verso la libertà. Ho cercato di non vacillare; ho compiuto passi falsi. Ma ho scoperto il egreto che dopo aver scalato una collina, si capisce che ce ne sono ancora molte altre da scalare. Mi sono preso un momento di riposo, per dare un’occhiata alla vista che mi circonda, per guardare indietro alla strada che ho fatto. Mi posso riposare solo per un momento, perché con la libertà vengono anche le responsabilità, e mi preoccupo di non indugiare, perché il mio lungo cammino non è ancora finito” (N.Mandela, Lungo cammino verso la libertà. Autobiografia, ed. Feltrinelli 1997)

Era l’11 febbraio di vent’anni fa quando il presidente del Sudafrica Frederick De Klerk annunciava la liberazione dal carcere di Nelson Mandela.

Il Sudafrica dal 1948 al 1994 ha vissuto la politica dell’Apartheid, che ha visto un completamento nel 1951 con la costituzione dei bantustan, territori de tti ufficialmente homelands (“patrie”), e destinati ai diversi gruppi bantu: in tal modo queste popolazioni venivano tenute separate dalla comunità bianca al potere, e venivano nel contempo impediti rapporti tra di loro.

Il termine apartheid nella lingua afrikaans significa "separazione" e sta ad indicare la rigida divisione razziale tra la minoranza bianca e la maggioranza non appartenente alla ‘razza’ bianca della popolazione. La politica di segregazione razziale, è stata in tutti quegli anni una politica promossa dallo Stato, sostenuta da leggi che hanno progressivamente strutturato i diversi ambiti della vita sociale al fine di mantenere e promuovere il predominio della minoranza bianca.

Nelson Mandela, giovane di colore, espulso dal college per aver promosso alcuni scioperi studenteschi diviene uno dei fondatori del ramo giovanile dell'African National Congress (ANC) - organizzazione politica non violenta nata nel contro le forme di apartheid e con l’intento di far crescere un democrazia multietnica - e nel 1948 ne diviene il presidente. Agli inizi del 1960 una serie di scoperi contro l’apartheid culminarono nel massacro di Sharpeville in cui 69 persone di colore furono uccise, e successivamente la reazione dura del governo mise al bando tutte le organizzazioni politiche nere compreso l’ANC.

In quegli anni, in un clima di scontri e di reazioni crescenti ai soprusi e all’intolleranza Mandela fu arrestato e condannato all’ergastolo. Solamente nel febbraio 1990, l’allora presidente Frederick De Klerk annuncia la liberazione di Mandela e nel 1993 viene redatto un accordo che pone fine all’apartheid con la possibilità di prime elezioni politiche a cui votano persone di ogni colore nel 1994. Nelson Mandela divenne così il primo presidente del Sudafrica che guidò alla redazione della nuova Costituzione nel 1996.

Mandela è convinto che la via della pace passa attraverso la non violenza, e attraverso strade di riconciliazione. Non riconciliazione come oblio e accettazione passiva delle ingiustizie e sorpusi subiti, ma riconciliazione come memoria, ricerca dolorosa della verità che apre alla richiesta di perdono ed al poter concedere perdono da parte di chi è stato offeso: "Sapevo che l'oppressore era schiavo quanto l'oppresso, perchè chi priva gli altri della libertà è prigioniero dell'odio, è chiuso dietro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. L'oppressore e l'oppresso sono entrambi derubati della loro umanità"

Appena uscito di prigione nel suo primo messaggio al paese Mandela parlò di riconciliazione e unità; non si trattava assolutamente di porre una pietra sul passato, ma di una via per superare la possibile spirare di violenza e di vendette che in Sudafrica avrebbe potuto prodursi. Mandela afferma la necessità di esaminare e di fare memoria di quanto era accaduto in particolare negli anni dal 1960 in poi, quando in seguito alle violente repressioni era iniziata la lotta armata dell’ANC. Questo orientamento portò alla costituzione dellla “Commissione per la verità e la riconciliazione”, insediata nel 1996 sotto la presidenza del vescovo anglicano Desmond Tutu, che ha raccolto decine di migliaia di testimonianze delle vittime e dei familiari, con l’obiettivo primario non tanto di determinare la colpevolezza ma di stabilire la verità e - in seguito al riconoscimento di colpa ed al ristabilimento della verità - concedere l’amnistia ai colpevoli autori di una confessione piena e dettagliata dei propri crimini, e quando la motivazione è stata di ordine politico. Più di ventimila le vittime o i familiari venuti ad esprimere la angoscia chiusa nel loro cuore e per anni ignorata, a cui è stata riconosciuta la dignità di esprimere nelle parole il proprio dolore e di chiedere verità. Numerosi gli autori dei crimini, bianchi e neri, che cercavano un luogo per riconoscere il loro errore e sfogare il loro senso di colpa, per ottenere amnistia e riconciliazione. “Al tribunale non si porta un coltello che taglia, ma un ago che cuce”, dice un proverbio africano. È ciò che la Commissione della verità e della riconciliazione ha fatto in Sudafrica.

Parlando dell’esperienza degli anni di prigionia di Mandela così ha scritto Desmond Tutu: “Penso che quei ventisette anni permeati dalla sofferenza siano stati la fiamma che ha temprato il suo acciaio purificandolo dalle scorie. Forse non sarebbe stato capace di tanta generosità e compassione se non avesse attraversato quell'esperienza". E così riferendosi alla scelta di percorsi di riconciliazione in alternativa alla scelta di una giustizia punitiva dice "noi sosteniamo che esiste un altro tipo di giustizia, la giustizia restitutiva, a cui era improntata la giurisprudenza africana tradizionale. Il nucleo di quella concezione non è la giustizia o il castigo. Nello spirito dell'ubuntu, fare giustizia significa innanzitutto risanare le ferite, correggere gli squilibri, ricucire le fratture dei rapporti, cercare di riabilitare le vittime quanto i criminali, ai quali va data la possibilità di reintegrarsi nella comunità che il loro crimine ha offeso." (Desmond Tutu, Non c’è futuro senza perdono, ed.Feltrinelli 2001). Nelson Mandela, premio Nobel per la pace con De Klerk nel 1993, oggi a 92 anni ritirato dall’attività pubblica, è stato uomo di speranza perché capace di uno sgaurdo capace di guardare oltre, verso una liberazione da raggiungere e ricercare sempre, e di tracciare cammini di libertà.

Dalla Parola alla vita

“Il deserto mi riconduce alla mia piccolezza e a quel tesoro che porto in me. È lì che risuona la parola interiore. La preghiera più bella è quella che si riceve così, muti e silenziosi, completamente al di dentro di sé … Il deserto è anche un invito a contemplare la profondità di coloro che gli danno un'anima. Attraversarlo, significa essere accolti. L'ospitalità vi è sacra. L'ospite è l'inviato di Dio e trattato come tale. Tayeb, un padre di famiglia numerosa, aveva incontrato in una notte fredda e piovosa un uomo senza domicilio. Lo ha accolto per undici anni! E inoltre c'è la pazienza, elevata alla dimensione di virtù religiosa.”

Sono parole di Claude Rault, vescovo in Algeria, nel deserto dell'Hoggar, nel Sahara, in un'intervista a Martine de Sauto del settimanale francese La Croix (10 gennaio 2009). Egli è autore del libro: Désert, ma cathédrale (Paris, Desclée de Brower, p. 201, € 19). Come può essere cattedrale il deserto? Per Claude Rault ciò si realizza in due modi: la provocazione del deserto ad andare all'essenziale e a rivedere profondamente ciò che è essenziale alla fede, alla chiesa, alla nostra vita. E lo sguardo al deserto nel suo essere oggi luogo di oppressione e di sfinimento degli impoveriti, vasta prigione e muro. Il deserto è l'ambiente che lo riporta alla sua piccolezza, al silenzio del cuore. Eppure non può parlare del Sahara senza ricordare che esso è per molti “un muro”. I migranti venuti dalla Nigeria, dalla Liberia, dal Camerun, dal Congo e dai paesi del Centrafrica, lo sanno bene, così come i 160.000 rifugiati Saharawi della regione di Tindouf. Il deserto per loro è “una vasta prigione”. Claude Rault parla della sua opera di testimonianza alle conferenze episcopali e attraverso di esse ai governi: il suo parlare in questo modo del deserto lo ritiene un “dovere di coscientizzazione politica su vasta scala”. Le sue parole sono un esempio di una spiritualità che si lascia avvolgere dalla presenza di Dio e nel contempo attenta alla storia, ai dolori. In questa direzione ha avvertito la chiamata e l'impegno a vivere con i musulmani algerini una solidarietà concreta e quotidiana, ma anche spirituale.

Il deserto in questo è stato e continua ad essere per lui autentica scuola di spiritualità. Lo ricorda in riferimento all'insegnamento di Charles de Foucauld: “In Algeria, non ci è dato di rivelare Cristo attraverso una parola pubblica. È un limite importante, ma forse anche una provocazione felice. Il nostro mondo soffre di una tale inflazione di parole! Gridare il Vangelo con tutta la nostra vita, per riprendere un'espressione cara a Charles de Foucauld, quella è la nostra vocazione per oggi in Algeria. Essere presenti con le nostre mani nude. Vivere con tutti in nome della gratuità dell'Amore di Gesù. Il domani non ci appartiene.”

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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