28-2-2010 - II Domenica di Quaresima - Anno C
Gen 15,5-12.17-18; Fil 3,17-4,1; Lc 9,28b-36
Omelia
“Poi lo condusse fuori e gli disse: Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle…”
Abramo è l’amico. Amico, parola benedetta. Abramo lo è nel profondo del suo cuore. l’amico dell’invisibile, l’amico di Dio. E’ amico perché ha avuto il coraggio di credere. In una notte di stelle ha saputo ascoltare la promessa che quelle luci racchiudevano. Nell’incapacità di contare nel tripudoi di luci, panorama notturno del deserto, che l’ha fattos entirre piccolo davanti ad una Presenza immensa e personale. Ha saputo volgere lo sguardo a comprendere che Dio è lassù ma è anche il vicinissimo, che scende, chiama, fa partire e accompagna. Fu una notte di fuoco. Come quella di Pascal: non il Dio dei filosofi, ma il Dio vivente, il Dio dei volti, dei nomi, delle vite frantumate e disperse, il Dio che cammina e accompagna la vita di un nomade, il Dio che fa capolino, come stilla luminosa nel buio mortale che avvolge le esistenze la storia.
Fuoco che passa come fiaccola ardente tra gli animali squartati: rito di alleanza che vedeva i guerrieri, i nemici passare in mezzo agli animali per sancire un patto. Ma dopo che il sole fu tramontato Abramo vede passare solo il fuoco come forno fumante. E’ un’amicizia originale, unica: ci sarà sempre l’Altro, il fedele che rimarrà, continuerà a passare, anche quando il ricordo verrà meno, anche quando l’entusiasmo si estingue, anche quando il tradimento si affaccia. Lui continuerà a passare e Abramo resterà, per tutti i popoli della terra l’amico. ‘Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia’ (Gen 15,7). Quali dimensioni il credere di Abramo, lettore delle stelle e attento uditore di una parola che lo attraversa e gli cambia il nome, il destino. Paradigma di ogni cammino di fede: promessa di un incontro di popoli capaci di ascoltare, affidati al silenzio, che per noi è sogno.
“Mentre pregava il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante”
Anche Gesù è l’amato: ‘questi è il Figlio mio, l’eletto, ascoltatelo’. Sul monte degli appuntamenti importanti, sulla montagna che fa stare più vicini al cielo, sul monte dove il silenzio è più facile e dove la fatica e la compagnia si fanno sentire di più. Lì sul monte Gesù aveva parlato del suo esodo ai suoi. Sul monte si dà ad incontrare dopo la Pasqua. I ricordi si mescolano, le impressioni si uniscono. Sul monte Gesù si dà a vedere con vesti bianche. Una vita nuova, non di solitudine ma di comunione, una vita che trascolora e trasfigura il quotidiano: tutto va verso Gerusalemme. E lì la croce: la parola del Padre è quella che trasfigurò la vita di Paolo e che Paolo comunicò, la parola della croce. Gesù Cristo e questi crocifisso, lui sapienza di Dio e forza di Dio. L’esatto opposto della ricerca di sapienza e dell’ansia di potenza: la stoltezza del cammino verso la croce è scoprire in questo corpo, sottoposto agli insulti, alla condanna la luce di quelle stelle che cambiarono la vita ad Abramo. E’ un corpo che è passato benedicendo, scegliendo di stare con gli esclusi, dalla parte dei crocifissi della storia per dire loro che Dio prende le loro parti e che il regno è dei poveri. Il corpo di Gesù luogo del suo sguardo, del suo toccare, del suo condividere i pasti, delle relazioni di chi ha saputo voler bene. Il volto umano di Gesù, quel volto spesso offuscato da mille costruzioni teologiche è un volto di luce. Capace di comunicare la luce nella nostra vita.
Mentre pregava cambiò d’aspetto: il ricordo del Gesù incontrato si sovrappone al ‘darsi a vedere’ sua iniziativa inattesa sorprendente, dopo i giorni della passione e la morte. Quando pregava: nel suo rapporto con l’Abba, un rapporto feriale, di ogni momento, ma anche di momenti di intimità è ora ricordato il suo volto cambiato. Quasi un’indicazione che anche la vita di chi lo segua poss divenire percorso vissuto in questa relazione cercata, attuata nelle cose quotidiane, nel cammino di ogni giorno. L’eccezionalità di quella luce rinvia ad un seguire da intraprendere ‘ogni giorno’.
“Il Signore Gesù Cristo… trasfiguererà il nostor isero corpo per conformarlo al suao corpo glorioso”
A Filippi Paolo aveva lasciato il cuore. Ricordava la casa di Lidia dove era stato accolto: dalla prigione, nella prova scrive alla comunità che vive la difficoltà, la prova e richiama ad una sola cosa, ad avere i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Ed offre anche uno squarcio di promessa: ‘Gesù Cristo trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso’. Il corpo di Gesù, la sua umanità che ha vinto la morte è primizia di un rapporto nuovo, è luce che non resta chiusa ma si comunica e sin d’ora apre il nostro sguardo. a guardare le stelle. Come Abramo. Ad un umanità capace di sfigurare i volti nelle varie forme di violenze di sorpusi, delle tante forme di corruzione che avvelenano le fonti più autentiche della ricerca e della tensione umana è proposto un orizzonte di tras-figurazione possibile. La via è da ritrovare in ciò che iniziò a Filippi: il ritrovarsi come fratelli insieme in una casa dove essere accolti ed in cui dare spazio al continuare le scelte di Gesù, la ‘follia’, stupidità agli occhi umani, della sua vita in cui la salvezza, la crescita, il vero volto degli altri è stato più importante di ogni altra cosa, di ogni cosa da trattenere per sè.
Uno spunto da
“Normalmente, all’inizio delle sessioni dico ai ragazzi che parteciperanno ad una lezione per imparare a scrivere poesia, che, in sé, scrivere poesia è facile e si accorgeranno che riescono a farlo. Dico anche che la poesia è una cosa divertente come i giochi o gli indovinelli, che può parlare di qualsiasi cosa, che possono scrivere tutto quello che viene loro in mente, e che non importa la lunghezza, perché la poesia può essere sia corta che lunga. Inizialmente, dicevo di non tentare di scrivere poesie in rima, con parole che terminano con lo stesso suono, ma, in seguito, ho visto che non era necessario, perché bastava leggere esempi di poesie in verso libero, o che, fondamentalmente, non dipendevano dalla ripetizione del ritmo e della rima. (A questo proposito, sono profondamente convinto della profonda verità della frase di Goethe: l’essenza della poesia è quello che ne rimane quando viene tradotta in prosa in un’altra lingua – correggendo Goethe e sostituendo «prosa» con «verso libero», che, poi, è quello che avrebbe detto lui se, ai suoi tempi, si fosse fatto uso del verso libero ed è il modo in cui è stata scritta gran parte della poesia mondiale, a cominciare da quella biblica)” (Ernesto Cardenal).
Il Nicaragua è stato tra gi anni Settanta e ottanta un luiogo di speranza: la speranza di poter essere punto di riferimento per una situazione diversa e più umana per i paesi più poveri dell’America Latina. Poi i fermenti politici di quell’esperienza sono stati eliminati e appiattiti. Ma qualcosa è rimasto. Per iniziativa di un medico nell’ospedale per bambini malati di leucemia o di cancro ricoverati presso l’Ospedale pediatrico La Mascota di Managua è sorta un’esperiernza in collaboraz
Da ‘Apocalisse’:
(…) La notte e l'inferno furono buttati nel mare di fuoco nucleare
le masse ormai non esistevano più
e vidi una specie nuova prodotta dall'Evoluzione la specie non era composta d'individui
ma era un solo organismo
composto da uomini invece che da cellule e tutti i biologhi erano stupiti
Ma gli uomini erano liberi e quell'unione di Uomini era Una Persona
- e non una Macchina - e i sociologi erano sbalorditi
E gli uomini che non fecero parte di questa specie rimasero fossili
e l'Organismo copriva tutta la sfericità del pianeta
e era tondo come una cellula (ma le sue dimensioni erano planetarie)
e la Cellula era vestita a festa come una Sposa che attende lo Sposo
e la Terra faceva festa
(come quando celebrò la prima cellula la sua Festa di Nozze)
e c'era un Cantico Nuovo e tutti gli altri pianeti abitati sentirono cantare la Terra ed era un canto d'amore.
Ernesto Cardenal, 85 anni, è stato proposto da 150 poeti di 58 nazioni come candidato al Nobel per la letteratura per il 2010.
Dalla Parola alla vita
Due iniziative recenti mi sembrano importanti. Il mensile “Jesus” ha iniziato a pubblicare ogni mese una serie di volumetti, che vengono allegati alla rivista dal titolo ‘Per leggere il Vaticano II’. Sono introduzioni guidate ai testi del Concilio, con agili articoli di commento, presentazioni di tematiche e figure rilevanti, bibliografie aggiornnate sul lavoro ed il fervore di vita di quella stagione che può essere letta come primavera della chiesa. Per ‘ritornare’ non in senso nostalgico e con la attitudine dei reduci, ma con lo spirito grato di chi si scopre coinvolto, alla lettura e comprensione di quel passaggio fondamentale della storia non solo della chiesa cattolica ma dell’umanità che è stato il Vaticano II. Un evento di grazia, vissuto da molti tra noi, come una stagione di riscoperta profonda del vangelo, di entusiasmi che hanno fatto riscoprire le fonti della fede, che hanno chiamato a percorsi di comunità, di servizio, di dialogo, che hanno segnato cammini di vita personale e comune. Sono testi da riscoprire mentre si avvicina l’anniversario dei cinquant’anni dell’inizio del Concilio (1962-2012).
Enzo Bianchi nell’introduzione al volume sulla Dei verbum parla di ‘capolavoro del Concilio’ racchiuso nel testo breve di questa costituzione e al cuore di essa, la parola chiave che racchiude tutta la dei verbum e tutto il Concilio, la parola ‘comunione’. Comunione che scaturisce da una comunicazione vivente e persoanle di Dio che fa dono della sua vita all’umanità e in Cristo offre lil volto visibile della sua vita invisibile.
E’ una comunicazione non dai caratteri di una dottrina ma della vita: è il vissuto che comunica la fede e nel vissuto che si cresce nell’esperienza della fede come incontro con Dio che si comunica. E presenta anche la necessità oggi di andare oltre le indicazioni conciliari procedendo nello spirito che ha animato questo ‘capolavoro’. Si tratta per esempio di trovare i modi per cui le Scritture siano luogo di incontro tra credenti e non credenti e tra persone di diverse tradizioni religiose per scoprire lì la comune ricerca di Dio e dell’umano autentico.
Come ricorda Bruno Maggioni nel suo saggio “la Scrittura è considerata nella sua forza attiva, costruttrice della Chiesa e non soltanto affidata alla Chiesa: la Parola di Dio svolge nella chiesa un ruolo attivo (‘sostegno e vigore’). E’ un cambiamento di prospettiva di grandissimo rilievo”. Lo scritto esige quindi di divenire parola viva, parola letta ascoltata attualizzata, predicata, esige questo perché la forza della parola possa esprimere la sua vitalità e fecondità.
In questi giorni un nuovo sito è nato: www.vivailconcilio.it, un sito promosso da Giacomo Canobbio, Piero Coda, Severino Dianich, Massimo Nardello, Gilles Routhier, Marco Vergottini, con i cardinali Carlo M. Martini e Roberto Tucci, e il vescovo Luigi Bettazzi allo scopo di diffondere la conoscenza e l’approfondimento dei testi conciliari, ma anche dello spirito di rinnovamento della vita della chiesa.
Tras-figurazione può declinarsi come rinnovamento, riforma che investe stili e strutture a cui l’annuncio del vangelo richiama continuamente. Nonostante il peso della fatica e nonostante il freddo di un inverno che può essere anche lungo rigido e piovoso, come l’inverno di quest’anno.
Alessandro Cortesi op