XXV Domenica del tempo ordinario - Anno C
Am 8,4-7; 1Tim 2,1-8; Lc 16,1-13
Omelia
“Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, voi che dite: Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano ? E il sabato perché si possa smerciare il frumento… usando bilance false per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali?”
Amos era un pastore di pecore, viveva nella terra di Samaria nell’VIII secolo a.C.: la sua vita fu radicalmente cambiata, senza che lui lo cercasse o volesse, quando avvertì la chiamata di Dio ad essere portatore della sua parola, senza possedere particolari capacità. Si avverte come afferrato da Dio per parlare ad alta voce di fronte ai potenti, agli spensierati, per esprimere la protesta e il rifiuto di fronte ad una situazione di profonda ingiustizia: i poveri sono ridotti ad essere calpestati e i ricchi si affannano per guadagnare ancor più sulla pelle degli indigenti.
Amos fu profeta perché accolse la chiamata che lo conduceva a mettersi a servizio della parola di Dio che interroga la concretezza della vita. Le sue parole richiamano al volto di un Dio vicino e preoccupato dell’esistenza di chi è più debole, dei poveri. Il messaggio del suo libro è duro: denuncia la ricerca smodata del denaro, la rincorsa a fare sempre più affari, si volge contro l’insensibilità al grido del povero, pone in luce lo stravolgimento dei criteri per cui il valore di un uomo è irrisorio – come un paio di sandali-.
Ancor oggi vi sono ancora situazioni nel mondo analoghe a quelle della società rurale dei tempi di Amos, utilizzo del lavoro schiavo e sfruttamento di operai senza alcun riconoscimento di diritti; tuttavia anche in ambienti sociali in cui si è diffusa una cultura dei diritti dei lavoratori ci sono nuove e subdole forme di sfruttamento e di oppressione. La corruzione diffusa, il ricatto, il lavoro sottopagato, gli ostacoli e le discriminazioni nei confronti degli stranieri, delle donne, dei giovani… Non è mutata l’esigenza di giustizia sia nel contesto mondiale, sia in ambiti più vicini a noi. La voce di Amos è profetica. Per i profeti è chiaro che non si può servire Dio, magari nel culto, professando appartenenze religiose e disprezzare i deboli. E’ idolatria una vita dominata dalla ricerca di di interessi unicamente personali senza lo sguardo rivolto agli altri. Calpestare il povero è non riconoscere Dio stesso perché Dio sta dalla parte dei più deboli e ci chiama ad attuare solidarietà.
“Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.”
Luca, dopo aver presentato al cap. 15 le parabole della misericordia di Dio, al capitolo 16 presenta una parabola di Gesù tratta probabilmente da una reale situazione del suo tempo: un amministratore a rischio di essere allontanato, cerca in tutti i modi di prepararsi un futuro. Cambia in modo disonesto le ricevute e fa in modo da ingraziarsi i debitori del suo padrone così quando sarà licenziato potrà godere di questa riconoscenza. E’ una parabola sconcertante anche perché lo stesso padrone loda il suo amministratore perché ‘ha agito con scaltrezza’. La parabola va letta a partire da questa annotazione e da questo spaesamento che genera in chi ascolta. Gesù infatti sta parlando ai suoi delle esigenze del regno di Dio. Luca annota alla fine di questa pagina: “I farisei che erano attaccati al denaro ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui”.
Il punto centrale della parabola a cui tutto tende è questa scaltrezza dell’amministratore, la capacità immediata e concreta di attuare scelte che risolvono una situazione di crisi. Gesù osserva come ‘i figli di questo mondo’ mettono a frutto una incredibile capacità creativa quando si tratta di ricchezza, di potere e di prestigio. Di fronte a situazioni di pericolo per la ricchezza o per la carriera essi sanno escogitare vie d’uscita per non soccombere e trovano il modo di compiere scelte con immediatezza e furbizia. E richiama ‘i figli della luce’ a comprendere l’urgenza del momento in cui si sta vivendo, un momento critico che richiede altrettanta capacità di essere pronti, di saper decidere. Gesù invita a prender consapevolezza dell’importanza di decisioni pronte, come quella di quell’amministratore. Ma presenta in termini di opposizione radicale anche l’alternativa che il cristiano ha dinanzi a sè: o Dio o Mammona, cioè le ricchezze. Non si può servire a due padroni così diversi. Mammona è termine che indica la stabilità economica, le proprietà, il successo finanziario, gli averi, ed ha una assonanza con il termine ebraico che indica fede, ‘aman’ (da cui il nostro Amen). E’ in gioco il riferimento globale della nostra vita, e la vita dell’uomo può risolversi nel riporre il suo senso nell’inchinarsi a Mammona oppure trovare la propria stabilità nel Dio che si china sul povero. Ci sono criteri radicalmente diversi su cui impostare la vita. Luca così presenta questa alternativa come una scelta tra due amori che non possono esser composti insieme.
Dalla Parola alla preghiera
Aiutaci Signore a non calpestare il povero ma ad individuare scelte concrete di solidarietà e di attenzione a chi è oppresso.
Rendici capaci di scelte concrete di onestà e di rispetto della legalità nel lavoro, nella nostra vita sociale
Apri il nostro cuore a non legarsi alle ricchezze: apri il nostro cuore alla gioia della condivisione e dell’aiuto.
Uno spunto da…
“Chi perde sempre e comunque è il cittadino senza potere e senza diritti, che non può scegliere per una vera politica alternativa, ma solo per una alternanza di oligarchie al potere”
"Il ritorno del Principe" (ed.Chiarelettere 2008) è opera saggio-intervista di Saverio Lodato, giornalista e Roberto Scarpinato, procuratore aggiunto presso la Procura antimafia di Palermo. Il testo si delinea non solo come critica del ‘machiavellismo’ politico - per cui in politica ogni mezzo è lecito - ma presenta anche una analisi dei fenomeni che hanno segnato la storia d’Italia, cogliendo un progressivo ampliarsi del campo della corruzione. Parallelamente ad esso viene offerta una lettura del fenomeno denominato ‘oscenità del potere’, cioè l’orientamento a spostare fuori della scena pubblica ob scenum le decisioni; e ciò si attua nello svuotare e delegittimare gli organismi e le istituzioni decisionali come il parlamento e nel togliere la possibilità di controllo da parte dei cittadini.
Nella seconda parte del volume è offerto un quadro storico del fenomeno della corruzione, presentato nel ripercorrere i principali scandali verificatisi nella storia italiana a partire dalla fine dell’Ottocento. Anche durante il fascismo il dilagare della corruzione non si arrestò proprio per il contesto della abolizione della libertà di stampa e per l’asservimento della magistratura che garantirono il silenzio su quanto accadeva. Vengono poi indicati un elenco di scandali dal 1954: Ingic, aeroporto di Fiumicino, vendita del monopolio delle banane, Anas, crack dei fratelli Caltagirone, Italcasse, petrolieri (1 e 2), fondi neri della Montedison, Lockeed, affare Sindona, caso Calvi, Ior, loggia massonica P2, Tangentopoli, vicende Cirio e Parmalat, “Furbetti del quartierino”, caso Previti, Calciopoli, Affittopoli, Sanitopoli, a cui possono esserne aggiunti altri che non sono nominati.
Scarpinato evidenzia che la corruzione nell’Italia repubblicana si è sviluppata in fasi diverse nel tempo: negli anni cinquanta e sessanta si è attuato “il passaggio da una corruzione di élite praticata da un ristretto vertice della piramide sociale (...) a una corruzione praticata sempre più a livello di massa da un personale politico e amministrativo di estrazione medio-piccolo borghese”. Poi negli anni Settanta e Ottanta, si è attuato il processo dello spostamento del potere decisionale dai centri istituzionali a gruppi privati come banche, logge massoniche, partiti etc. che perseguivano propri interessi. Negli anni Novanta, si è verificata la “legalizzazione del codice culturale della corruzione”, che ha condotto ad attuare percorsi illegali come “forma ‘naturale’” di gestione del potere. La conclusione cui gli autori giungono è che “all’interno dello specifico orizzonte normativo della classe dirigente nazionale la corruzione sia considerata un comportamento normale e dunque culturalmente accettato o tollerato”. Ed in tutto questo percorso si affaccia costante la presenza della mafia che ha sempre accompagnato il dilagare della corruzione e della criminalità in Italia.
Le parole di Amos risultano attuali, provocatorie, e spingono ad essere lucidi nel presente.
Dalla Parola alla vita
E’ ricominciata in questi giorni la scuola in un contesto segnato da difficoltà e conflitti sociali. Non calpestate i poveri è oggi invito a scorgere le nuove povertà di chi straniero si trova a doversi inserire in una terra non sua. Leggo oggi su Repubblica un articolo di Francesco Merlo dal titolo Nella scuola rovesciata dove l'Italia è l'Altro Mondo (15 settembre 2010) che scorge in una scuola di Roma i tratti di un altro mondo, di una vita che contagia, ben al di là delle quote del 30% di stranieri per classe, dei tagli all’istruzione e della riforma della Gelmini e dei messaggi xenofobi del governo attuale. “Il bambino del Bangladesh si chiama Marco e quello italiano si chiama Nick, ma sottosopra qui non c' è solo l'onomastica, perché è Nick la minoranza etnica in questa scuola di Torpignattara dove in Prima B non c'è neppure un italiano e in Prima A ce ne sono solo due. Eppure, a guardare in superficie, Roma qui ritrova l'universo e il ' multiverso' , e forse pure la sua antica storia di città e di capitale del mondo. Tuttavia, quando li vedo uscire tutti insieme, i 140 bimbi della Pisacane, capisco che in realtà qui Roma non c' è. (…)
E di nuovo scopro che l' italiano si chiama Yuri in mezzo a extracomunitari che si chiamano Benedetto e Francesco e forse sono due parallele e opposte forme di colonizzazione, l' una parla d' amore per la patria che ti ospita e l' altra parla di amore per i telefilm. Tutti, al bar di fronte, ammettono che la scuola, con i suoi corsi di italiano per papà e per mamme, è stata una bella alternativa al Bingo che sta proprio qui, dietro l' ospedale delle figlie di San Camillo, strade etniche che la notte diventano più dure. E infatti in queste traverse hanno casa molte prostitute e trans che vanno però a battere lontano, in via Togliatti e anche verso il centro. Poco più in là c'è, abbandonato e semidiroccato, il Cinema Impero che, con la sua presenza muta di cemento e di geometria, sembra un' astuzia della storia: l' Italia chiusa e spaventata in se stessa che pretendeva però di conquistare il mondo dinanzi alla scuola che contiene il mondo e fa paura al quartiere che vuole fuggire dal mondo non potendolo più mettere in fuga. (…)
(…) Me ne vado con l' idea che è qui che Roma può rinascere, anche se il quartiere è feroce con la scuola. Ecco, i bimbi stranieri della Pisacane mi sembrano tanti trovatelli aggrappati al seno di una lupa. La nuova preside, Flora Longhi, è una signora molto istituzionale, elegante, non è vero che è agli ordini della Gelmini, è già anziana, ha studiato il cinese e l' arabo e quei bimbi sono ormai lì: vita che contagia. Anche se davvero la Gelmini obbligasse tutte le maestre come queste della Pisacane a incrociare le braccia, basterebbe lasciar fare alla vita”.
Alessandro Cortesi op