> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 18-4-10. Commento alla Sacra Scrittura

18-4-2010 - III Domenica di Pasqua – Anno C

At 5,27-41; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19

Omelia

“ma quella notte non presero nulla…”

C’è un fascino particolare nella pagina che chiude il quarto vangelo: è il fascino di quell’enigma che deriva dalla scrittura dei vangeli, dalla storia che precede la loro fissazione. Il cap. 21 è chiaramente un’aggiunta ad uno scritto già completato dove una conclusione indicava il senso di quanto era stato scritto: “perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e credendo abbiate la vita nel suo nome” (20,31). Nel cap. 20 già due narrazioni avevano presentato come Gesù si era mostrato vivente, dopo i giorni della sua ora, della passione e morte. Qualcuno, in un tempo posteriore, forse dopo la morte di Pietro, ha sentito la necessità di riscrivere, di rivedere e di aggiungere una pagina. Per rispondere alla domanda su cosa significa la risurrezione di Gesù per i suoi discepoli: se egli è il vivente questo comporta anche un percorso di risurrezione che coinvolge la comunità in relazione con lui. Le comunità che si rifacevano alla figura del ‘discepolo che Gesù amava’ sperimentavano la fatica, la durezza, l’aridità del loro cammino, vivevano il riferimento a due figure importanti ma anche la tensione tra Pietro e quel discepolo, la ricerca di una comunione possibile. Certo Pietro era il primo dei dodici, ma c’era stato chi era arrivato sempre prima e lo aveva preceduto nel cogliere il volto di Gesù, nello scorgerne la presenza con lo sguardo dell’amore e della profezia ora che dopo la morte non era più in mezzo ai suoi come prima. E bisognava credere imparando a leggere i segni, ma anche affidandosi a Lui senza aver bisogno dei segni. Domande non solo rivolte ad un passato che vedeva diversità di presenza e persone accanto a Gesù, ma anche per il presente di una comunità incerta e in cammino. Forse non solo ‘quella notte non presero nulla’, ma quel prendere nulla era un po’ il simbolo di un’esperienza, il senso di vuoto presente anche laddove si cercava - e si cerca oggi - di vivere il quotidiano senza troppe pretese e senza troppe attese.

C’è Pietro e ci sono altri sei discepoli con lui, sette, numero simbolico di una pienezza: tra di essi il discepolo che Gesù amava, coinvolti in un incontro che non prevedevano e che li trovava preceduti e impreparati. Ma è notte, è ancora l’ora del buio. Gesù si presenta loro quando già era l’alba, al momento del sorgere di una luce che non è solo la luce del sole ma è il presentarsi di una luce nuova che apre ad un vedere nuovo e diverso. ‘Gesù stette sulla riva’ ma non riescono a riconoscerlo. Ma è solo l’alba. Gesù chiede da mangiare rivolgendosi loro con parole affettuose: ‘figlioli amati’. Il suo farsi incontro è nei termini di una domanda e di un mendicare quasi, nell’amore. E mangiare insieme diviene evocazione e ricordo di tanti momenti di condivisione, del pane spezzato, dell’ultimo pasto condiviso nell’avvicinarsi dei giorni della Pasqua e nel buio che si stava addensando, il buio del rifiuto, dell’accusa, del complotto per uccidere Gesù. La ‘pagina aggiunta’ parla di un incontro, dell’iniziativa libera e gratuita di Gesù di ‘darsi ad incontrare’ dopo la sua morte: non è rimasto prigioniero della morte. C’è in gioco un evento che supera ogni progetto e pensiero umano: è evento di Dio. E’ vivente e si dà ad incontrare a quelli che saranno i primi testimoni: li accompagna in un cammino di affidamento e di conoscenza, li accompagna a ‘risorgere’. Gesù si fa incontro non con una imposizione della sua presenza tale da suscitare riconoscimenti eclatanti né con un rimprovero per il loro abbandono, né con l’indicazione di comportamenti da attuare d’ora in poi. Piuttosto le sue parole e i suoi gesti sono indicazione di dove si potrà incontrarlo d’ora in avanti e dello stile della comunità che dopo la Pasqua si forma sulla spinta interiore dello Spirito. Si presenta come mendicante: chiede, e la risposta è silenzio o non è detta, o è forse la sconsolata constatazione che quella notte non avevano preso nulla. E’ una domanda che rimane aperta, e un invito di buon augurio, l’esortazione a trovare: “gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”.

L’esito a cui questa parola apre è sorprendente, va al di là delle attese, genera una abbondanza insperata. Solo allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “è il Signore”. I suoi occhi sono i primi che si sono lasciati toccare dalla luce di quell’alba. Anche lui ha avuto bisogno di segni; a differenza degli altri ha preceduto tutti nel saperli leggere. ‘E’ il Signore’ è il grido che racchiude il primo annuncio della fede: signore sulla morte, colui che torna, invocato in rapporto al futuro. Non chiuso nel passato della tristezza, ma vivo nel presente e che tornerà. Si apre uno squarcio di riconoscimento, sull’identità di Gesù, che ‘stette sulla riva’ mentre nessuno si era accorto che era lui. Ed è Simon Pietro a gettarsi per andargli incontro, nudo con la veste ai fianchi, quasi un battezzando che si immerge e si apre ad una vita nuova.

Nell’aridità di tempi senza frutto, nel silenzio di momenti in cui tutto è buio e tutto è notte attorno, la presenza di Gesù giunge a dire anche a noi che l’autentica fecondità di ogni impegno e di ogni sforzo non sta nella nostra capacità. Guida a ricordarsi di quelle parole: “Chi rimane in me e io in voi fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.

La fecondità dell’annuncio del vangelo non sta nemmeno nell’avere mezzi potenti: quella chiesa, simboleggiata dalla barca che viene avanti appesantita della rete con tanti grossi pesci – rivelazione della debolezza di coloro che nemmeno riuscivano a tirarla su - è una chiesa che reca il frutto dell’accoglienza di una domanda e di una parola sommessa. Ezechiele aveva presentato una profezia in cui l’acqua che sgorgava dal lato destro del tempio era ricca di pesci (Ez 47,1.7-10) e le acque di En-Eglaim - le lettere di questa indicazione di luogo sommate secondo i calcoli ebraici danno il numero 153 - vedevano molte reti distese. Acque che giungono ovunque e reti aperte e distese senza confini. E’ forse il volto di una comunità che non osa nemmeno far domande e parlare: c’è già da mangiare eppure i discepoli si scoprono invitati a portare un po’ del pesce preso ora. E a vivere quei gesti dell’eucaristia: “prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce…”.

Una comunità che prima di offrire qualcosa è chiamata ad ascoltare le domande del Signore, ad accettare quello che Lui ha preparato, a portare il frutto di una fatica che è dono della sua parola, ad essere ancora accolta facendo proprio solamente il suo amore, il rapporto personale con il suo Signore. Solo così si può vivere la comunione alla sua risurrezione.

Uno spunto da…

Alessandro D’Avenia, Bianca come il latte, rossa come il sangue, ed. Mondadori 2010.

«La notte è il luogo delle parole.

Le parole del diario di Beatrice hanno illuminato a giorno la mia prima notte da sveglio, la mia prima notte da vivo: la mia prima notte. Quella in cui gli altri fanno l’amore. Se il paradiso esiste sarà Beatrice a portarmici.

“Il dolore mi costringe a chiudere le palpebre, a nascondere gli occhi. Ho sempre pensato che avrei divorato il mondo con i miei occhi, come api si sarebbero posati su tutte le cose per distillarne la bellezza. Ma la malattia mi costringe a chiudere gli occhi: per il dolore, per la stanchezza. Solo poco dopo ho scoperto che a occhi chiusi vedevo di più, che sotto le palpebre chiuse tutta la bellezza del mondo era visibile, e quella bellezza sei tu, Dio. Se tu mi fai chiudere gli occhi è perché io stia più attenta, quando li riapro”.

Così c’è scritto sul diario di Beatrice. E io oggi chiudo gli occhi e guardo la vita con i suoi. Se la vita avesse gli occhi avrebbe quelli di Beatrice. Da oggi io voglio amare la vita come non ho mai fatto. Quasi mi vergogno di non aver cominciato prima.»

Alessandro D’Avenia , 32 anni, giovane scrittore, spiega il modo in cui è nato il suo libro: Bianca come il latte, rossa come il sangue (Mondadori 2010).

“Tre anni fa, al liceo Dante di Roma, coprivo un' ora buca ed è partito il gioco ‘massacriamo il supplente’. Mi sono giocato tutto parlando di storie, e dopo un po' un ragazzo racconta di una compagna di classe meravigliosa coi capelli rossi, che in un anno se n'era andata per la leucemia. Mentre parlava il suo volto caotico da adolescente si ricomponeva in un modo adulto. Dopo tre anni di elaborazione dell' episodio, Leo mi ha detto: scrivimi. Ho iniziato in terza persona, tre pagine e ho buttato tutto. Ho ricominciato con la sua voce e ne ho scritte 40 di getto”.

Nel romanzo che insegue i sentimenti e i percorsi della vita, Leo avverte in sé sé la forza racchiusa nel suo nome, quella di un leone, ma è anche impaurito: il nemico che lo atterrisce è il bianco. Il bianco è ‘un colore che non ha confini’, è l'assenza, sono le esperienze di dolore e privazione della vita. E’ quello che fa paura e che viene a galla ogni tanto come al momento della domanda del supplente, il Sognatore, prima che la campanella suoni: ‘Di cosa hai paura?’. Ed in contrasto al bianco il colore rosso che è il colore dell'amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Rosso è il colore del sangue. Quando controllano il suo gruppo sanguigno all’ospedale scopre di averlo del medesimo gruppo sanguigno di Beatrice. Spera che il suo sangue dopo il prelievo della donazione, le faccia bene. Rosso è anche il sangue di un Dio che spreca il suo sangue, quella “pioggia di amore rossosangue” che Leo scopre al momento del funerale di Beatrice, ascoltando quelle parole che per la prima volta gli toccano il cuore: ‘Questo è il mio sangue versato per voi’. Ed egli lo avverte come pioggia che “bagna il mondo ogni giorno nel tentativo di renderci vivi, ma noi restiamo più morti dei morti”.

Leo intuisce qualcosa nel rapporto con quel supplente il Sognatore con cui condivide il tempo della scuola: curiosando nel suo blog trova come egli condivideva la medesima passione per l’insegnamento del protagonista del film ‘L’attimo fuggente’ e “continuava con una frase misteriosa ma bella: ‘strappare la bellezza ovunque essa sia e regalarla a chi mi sta accanto. Per questo sono al mondo’”.

Lo stare vicino a Beatrice diviene per Leo cammino di una scoperta, che fa ricordare e fa vivere: “Io credo che le uniche cose che che valga la pena di ricordare siano quelle raccontate con il sangue: il sangue non fa errori e nessun professore li può correggere. Il bianco di queste pagine non mi fa più paura e lo devo a Beatrice: lei, bianca come il latte, rossa come il sangue”. “Il mio corriso dice senza parole che quando cominci a vivere davvero, quando la vita nuota dentro il nostro amore rosso, ogni giorno è il primo, ogni giorno è l’inizio di un vita nuova”.

Dalla Parola alla vita

Nel giovedì santo di quest’anno a Milano il rito della lavanda dei piedi è stato svolto con dodici persone scelte tra lavoratori che hanno perso il lavoro, persone che sono state messe in cassa integrazione, giovani precari in cerca di occupazione che non si trova ‘perché il tessile è tutto fermo’, perché ‘le richieste e le commesse sono finite’, e la fatica si fa sentire soprattutto sulle spalle dei più deboli, dei meno garantiti. Sono i lavoratori licenziati coloro che più risentono della crisi economica che attanaglia il paese e che per magia scompare dalle notizie dei TG e dall’informazione pubblica.

Un gesto compiuto dal card.Tettamanzi che si è chinato a lavare e baciare i piedi di dodici lavoratori senza lavoro, segnati dalla crisi, per richiamare l’attenzione e per ricordare, proprio nel cuore della liturgia pasquale.

L’appello è se stiamo facendo abbastanza e se stiamo facendo proprio il possibile verso coloro che sono più provati in questo momento di difficoltà. Tra di essi in particolare gli stranieri che perdendo il lavoro si trovano immediatamente esposti alla condizione di irregolarità.

Gesù si dà ad incontrare nell’esperienza del lavoro dei suoi discepoli, mentre svolgevano il loro lavoro di pescatori. C’è una strana schizofrenia presente nella vita cristiana, quasi che Dio lo si possa incontarre solamente al di fuori dell’esperienza che occupa la gran parte del tempo delle proprie giornate, al di fuori del lavoro, al di là della fatica spesa nelle ore e nei giorni dedicati a quell’impegno che per alcuni può essere luogo della espressione e realizzazione delle proprie competenze ed energie per altri mezzo per sostenere la propria famiglia, occasione di sussistenza, base per poter vivere una vita dignitosa, anche se esso è faticoso, non gratificante e senza possibilità di creatività. L’incontro con Cristo risorto ha a che fare con i luoghi e il mondo del lavoro ed egli si fa vicino nel buio di chi si trova senza prospettive e senza lavoro. Si avvicina aprendoci gli occhi, rendendoci responsabili verso coloro che hanno perso la loro occupazione, verso chi sottosta ad un precariato senza limiti e senza sbocchi e solidali con chi vive questa sofferenza e queste umiliazioni.

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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