> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 17-10-10. Commento alla Sacra Scrittura

XXIX Domenica del tempo ordinario - Anno C

Es 17,8-13; 2Tim 3,14-4,2; Lc 18,1-8

Omelia

“Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava, prevaleva Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da un parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani.”

Le mani alzate di Mosè. Immagine della preghiera e della fede stessa che si nutre di silenzio, di attesa, di apertura ad una relazione. La sorte del popolo dipende dalle mani alzate di Mosè. Sono mani che indicano il nucleo profondo della preghiera: non è essa opera dell'uomo, è piuttosto l'accoglienza di un dono, di una presenza che coinvolge la vita. Pregare è rimanere aperti a ricevere. Mosè con le mani alzate si rivolge al cielo, il luogo di Dio e riconosce che dall'alto viene l'aiuto; da altrove, non dalla terra, ma dal luogo di Dio, il cielo. "Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto. Il mio aiuto viene dal Signore egli ha fatto cielo e terra. Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode di Israele" (Sal 121,1-4).

Le mani di Mosè sono apertura della terra al cielo, ma sono mani che avvertono il peso e la stanchezza. Egli non riesce a mantenerle. C’è la stanchezza di Mosè e c’è la stanchezza di chi continua ad invocare giustizia e si trova di fronte al silenzio degli uomini e di Dio. E’ la stanchezza la grande sfida. Solo il sostegno di altri, solo il sedere sulla pietra fa sì che le mani di Mosè vincano la debolezza. E così fino al tramonto Mosè, Aronne e Cur stanno in atteggiamento di attesa, di accoglienza. Sono il segno di una esistenza sospesa alla chiamata e all'invio da parte di Dio ad essere guida nel cammino di liberazione del popolo d'Israele. Sono mani aperte e silenziose, quelle di Mosè, tenute aperte per la vita del suo popolo. Sono quasi il simbolo dell’accoglienza e della risposta alle mani di Dio: nel passaggio del Mar Rosso era stato la ‘mano alzata’ di Dio a permettere che gli israeliti passassero all'asciutto e i carri del faraone fossero travolti dalle acque del mare.

Nel deserto a Refidim Israele viene affrontato in battaglia: in questo scontro si affrontano la debolezza di Israele come popolo uscito dalla schiavitù e in cammino e la forza di un esercito. Il deserto è ancora una volta il luogo simbolo: lì, nel deserto, si attua l'alternativa che accompagna sempre questo lungo cammino, la possibilità di scegliere la presenza di Dio come roccia su cui poggiare i passi della propria esistenza o la scelta di altri fondamenti per la propria vita. Nel cammino Israele è sfidato a scegliere e lì scopre la meravigliosa vicinanza di un Dio che non lo abbandona. “Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d'Israele". 'Custodire' è l’indicazione dell’agire di Dio.

Le mani aperte di Mosè procurano la vittoria in una battaglia, ma il Dio che custodisce non è Dio della violenza e dell'eliminazione dei nemici, è il Dio dell’esodo, colui che custodisce e dona un cuore nuovo, che guida Israele salvandolo dalla violenza per renderlo capace di relazioni nuove.

“Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia”

Timoteo è invitato a rimanere saldo, a resistere senza stancarsi. E’ ancora la stanchezza il rischio che continuamente mette alla prova il cammino della fede. E’ la stanchezza del non vedere un esito al proprio impegno; è la stanchezza che deriva dal non avvertire una risposta di Dio. E’la medesima stanchezza del salmista nella prova: “Fino a quando Signore?...”. Si tratta di rimanere saldo nella lettura e ascolto delle sacre Scritture. Si rinvia alle Scritture consociate sin dall’infanzia: si tratta delle Scritture ebraiche, del Primo Testamento. Ripercorrendo la storia di fedeltà di Jahwè nell’alleanza con il suo popolo si ritrova la chiave per aprirsi alla fede in Cristo Gesù. Gesù stesso è presentato nel vangelo di Luca nell’atto di rinviare i suoi discepoli stanchi e delusi a ripercorrere l’ascolto di Mosè e dei profeti (Lc 24,). La preghiera si connota così come ascolto della Scrittura, e conoscenza di coloro che hanno trasmesso questa storia di vita. Nell’ascolto della Scrittura si matura quella preparazione per ogni opera buona, per insegnare, convincere, correggere educare. Dall’ascolto sgorga una corrente di rapporto con altri.

“Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: In una città viveva un giudice… c’era anche una vedova…”

La parabola del giudice e della vedova, propria del vangelo di Luca, presenta un episodio di ingiustizia continuata: un giudice senza rispetto per le persone, trascura di prendere in considerazione la causa di una vedova. E’ un comportamento iniquo, e la vedova è paradigma di chi non ha appoggi e sostegni: non ha qualcuno a cui appoggiarsi, è sola e povera. La sua insistenza e la sua invocazione ‘Fammi giustizia…’, appaiono eco di tante richieste e attese che sgorgano dai mondi della disperazione e dell’abbandono. La vedova non si stanca anche se provata dallo scontrarsi con un muro di silenzio e di noncuranza. Un episodio che rinvia a situazioni quotidiane e che certamente tocca la vita di chi ascolta. Ad un certo punto però il giudice cede alle insistenze: “le renderò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi”. E’ espressione che si potrebbe anche leggere così: ‘le farò giustizia perché alla fine non mi colpisca in faccia’ – un veloce tratto di Luca che accenna alla giusta rabbia degli oppressi di fronte alla prepotenza dei potenti -. E alla fine c’è ascolto da parte di un giudice iniquo. Il centro della parabola ancora una volta è narrazione dei tratti del regno di Dio: se quell’uomo ingiusto e senza rispetto per gli altri si è comportato così, giungendo a dare ascolto, Dio, che è fedele, molto più ascolta e si china sui poveri che gridano a lui.

Altrove Luca aveva presentato l’insegnamento di Gesù: “Se voi che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre celeste darà lo Spirito santo a chi glielo domanda” (Lc 11,13).

L’accento sta sulla differenza di Dio rispetto ai nostri comportamenti cattivi e ingiusti: è invito a non pensare Dio a misura del nostro agire, racchiuso nei nostri miseri schemi. A questo deve condurre la preghiera: aprirsi all’alterità di Dio, entrare nell’incontro con Lui in quell’attesa che disarma le nostre aspettative e proiezioni: è sempre più grande dei nostri pensieri e del nostro cuore. Ecco perché la preghiera non è questione di metodi o di pratiche magiche ma un’esperienza di relazione che investe la vita e la pone in una nuova luce.

Il primo grande messaggio della parabola è sul volto di Dio: Dio rimane fedele, anche se l’attesa è faticosa, anche se sembra che la preghiera non trovi ascolto, anche se la domanda che attraversa i cuori dei giusti oppressi è ‘fino a quando Signore?’: “Per te ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svegliati perché dormi Signore? Destati non ci respingere per sempre. Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?” (Sal 44,23-25). La preghiera è talvolta questa lotta, non tanto una battaglia come per Israele contro Amalek, ma una lotta interiore. Paolo al termine della lettera ai Romani chiede: ’vi esorto fratelli a combattere con me nella preghiera’ (Rom 15,30). E’ questo l’unico genere di combattimento che i cristiani sono chiamati a compiere: lo stare davanti a Dio nella fiducia e nell’insistenza a portare la voce delle vittime di questa storia e vivere, come preghiera davanti a Lui e per il mondo, la responsabilità di mettere le proprie forze a servizio degli altri.

Si può cogliere un secondo messaggio della parabola riguardo al volto del discepolo: chi crede è colui che non viene meno alla fede, non smette di invocare, di sperare. Non cede alla stanchezza, ma resiste in una prova che ha un termine. La vedova è esempio del credente senza altri sostegni. Ma la domanda è proprio sulla fede, su questa fede che non si stanca e si mantiene nell’invocazione: "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

La preghiera è questo ponte gettato, queste mani alzate, non capacità di uno solo ma sostegno di più, perché rimanga la fede, perché la fede possa attraversare il silenzio e la prova e stia in attesa.

Dalla Parola alla preghiera

Aiutaci Signore a dare spazio nelle nostre giornate non tanto alle preghiere, ma ad una attitudine del cuore che sia preghiera in ogni momento

Donaci di resistere di non stancarci nell’alzare le mani e nell’invocare il tuo venire Signore

Aiutaci a conoscere le Scritture e a guardare alla testimonianza di chi ce le ha trasmesse. donaci di fare della Scrittura la bussola della nostra vita, il criterio delle nostre scelte

Uno spunto da…

“Se sei un amico ti stringo la mano / se chiedi un aiuto ti tengo la mano / E prendi la mano e dammi la mano / E prendi la mano e dammi la mano / Il padre il bambino / lo tiene per mano / c’è tutto il destino in un palmo di mano / le mani le mani / che sanno parlare / che sanno guarire e che sanno pregare / Le mani legate le mani ferite / le mani pulite / Saluti ruffiani / baciamo le mani / caliamo i calzoni e in alto le mani / chi prende il potere allunga le mani / chi sfugge al dovere se ne lava le mani / Le mani le mani / che sanno tradire / che sanno colpire e che sanno sbranare / le mani spietate che danno la fine / le mani, le mani / le mani assassine / apriamo le mani / le mani più avare / che stringono ancora / quei trenta denari / mettiamo le mani / le mani sul cuore / più sono sincere e più danno calore / le mani, le mani / che sanno di mare / che sanno di terra e che sanno di pane / battiamo le mani per farci sentire / più forte”

La canzone ‘Mani’ (http://www.youtube.com/watch?v=l5JOiREB7Rg) di Eduardo De Crescenzo, è evocazione dei tanti usi possibili delle mani, della potenzialità di comunicazione, di vita, ma anche di morte che le mani recano con sé. Mani che sanno sbranare ma anche mani che possono essere tese a salvare. Mani aperte per porgere un aiuto o mani chiuse a trattenere. Mani curate e pulite o mani sporche per il lavoro. Le nostre mani nella loro dualità, uguali da un lato e irriducibilmente diverse in quanto speculari e uniche, sono simbolo della nostra apertura all’altro, la cui mano è il primo gesto di accoglienza nel prendere in braccio un neonato e l’ultimo appiglio, nel gesto di tenere la mano a chi sta per morire. Simbolo del nostro essere sempre in relazione con il cosmo di cui siamo parte, con le cose, con l’acqua, la terra, con il cibo preparato dalle mani. Ma anche strumento per impossessarsi e non far buon uso delle cose quando si mettono le mani sopra nell’ottica del potere. Mani che parlano perché comunicano all’altro e divengono il luogo in cui passano scelte di egoismo, di disinteresse (le mani in tasca), o di coinvolgimento e di servizio.

Le mani alzate di Mosè e le nostre mani…

Dalla Parola alla vita

Uno dei trentatre minatori salvati in questi giorni dalla miniera di san Josè in Cile dove erano rimasti bloccati dall’inizio di agosto, Mario Sepulveda, dopo essere uscito alla luce, ha detto: “Non trattatemi come se fossi un artista, un animatore”; ha detto di voler continuare ‘‘a essere trattato come un lavoratore, come un minatore”. Oltre a ringraziare Dio e i soccorritori, ha parlato della necessità di cambiamenti nel mondo del lavoro. “Ho sempre avuto fede nei professionisti cileni e nel Creatore”. “Penso che questo Paese – ha poi aggiunto – debba comprendere una volta per tutte che si possono fare dei cambiamenti nel mondo del lavoro: ne devono essere fatti molti. Noi, minatori, non ci fermeremo qui”. Nei giorni in cui abbiamo assistito ad una opera di salvataggio che da un lato ha presentato aspetti di solidarietà e di vicinanza meravigliosi e dall’altro ha rivelato anche motivi di strumentalizzazione dovuta all’utilizzo della vicenda per farne una sorta di show mediatico e di propaganda a scopi politici, può essere opportuno sostare e riflettere. Riflettere sull’importanza della collaborazione di competenze diverse, della tecnica a servizio della vita; riflettere sul valore dell’esistenza di ognuno dei nostri simili quando vive nel bisogno e nella sofferenza. Può essere importante ricordare come la grande sfida della vita sia quella di resistere come hanno fatti i trentatre anche nei giorni più bui del loro isolamento. E’ bene ricordare che altre vicende analoghe, vicine nel tempo, si sono concluse in modo diverso anche in conseguenza di scelte politiche come ha ricordato mons. Vera vescovo della città messicana di Saltillo, nella regione mineraria di Cohauila, dove il 20 febbraio 2006 un'esplosione nella miniera Pasta de Conchos, a Nueva Rosita, Cohauila, intrappolò 65 lavoratori a 150 metri di profondità. Anche lì c’erano precarie condizioni di sicurezza e il governo bloccò gli scavi sostenendo che la galleria era satura di gas e quindi potenzialmente pericolosa per i soccorritori. Ha chiesto Raul Vera: "Se i corpi sono tutti raccolti nella stessa zona significa che i minatori erano vivi dopo l'esplosione e aspettavano di essere soccorsi". La resistenza dei trentatre può essere motivo per non farli diventare ora attori di un circo mediatico che ha bisogno di sempre nuove vittime, ma occasione per rivolgere attenzione alle condizioni di lavoro e per pensare che il nostro umano vivere insieme a questo ci chiama, a scoprirci solidali nel portare vita e fare sì che tutti possano avere la vita.

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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