> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 10-10-10. Commento alla Sacra Scrittura

10-10-2010 - XXVIII Domenica del tempo ordinario - Anno C

2Re 5,14-17; 2Tim 2,8-13; Lc 17,11-19

Omelia

“In quei giorni Naaman, il comandante dell’esercito dell’esercito del re di Aram, scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Eliseo, uomo di Dio e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato dalla sua lebbra”

Naaman è un alto ufficiale di provenienza siriaca, straniero ed estraneo al popolo d’Israele: dice il libro dei Re che quest’uomo aveva avuto molti successi, era autorevole e stimato, per la sua opera gli aramei erano stati liberati. Ma quest’uomo prode era malato e su suggerimento di una ragazza ebrea presa prigioniera e finita a servizio nella sua casa, aveva avuto l’indicazione della presenza di un profeta in Samaria. Con il permesso del suo re partì con carri e cavalli recando con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti, e portando anche una lettera del suo re al re d’Israele. L’accoglienza non fu delle migliori perché il re d’Israele si stracciò le vesti, gesto che indica la reazione di fronte alla richiesta di guarirlo, perché è solo il Signore “colui che fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire” (1Sam 2,6; Dt 32,39). Il re d’Israele protesta perché il suo ruolo non dev’essere confuso con quello di Dio che solo può dare la vita. Ma il profeta Eliseo saputa la cosa, chiede che quell’uomo vada da lui “e saprà che c’è un profeta in Israele” (2Re 5,8). Eliseo gli manda un messaggero per invitare Naaman che si era presentato con i suoi carri e cavalli a bagnarsi sette volte nel Giordano: “il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato” (5,10). Naaman si aspettava ben altro tipo di ritualità, immaginava un agire altisonante del profeta e rimane scettico di fronte a questo invito: i fiumi della Siria non sono forse uguali al Giordano? Naaman, un soldato, un ufficiale abituato alla guerra, non viene richiesto di una gran cosa, ma Eliseo gli indica semplicemente di affidarsi alla sua parola, di scendere a lavarsi sulle rive del fiume Giordano. E’ una azione quotidiana, minima, prosaica, non da grande condottiero. Naaman su pressione dei suoi servi accetta finalmente e questo lavarsi con acqua attua un cambiamento: “si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo”. Naaman scopre su di sé non solo la guarigione dalla malattia della lebbra, ma avverte un mutamento più profondo, basato sulla parola consegnatagli dall’uomo di Dio: si apre alla scoperta della presenza di un Dio vicino, un Dio che ha a che fare con quella terra. E’ sorprendente allora vedere la figura di questo uomo di guerra nell’atto di chiedere insistentemente di fare un dono al profeta. E di fronte alla ritrosia di quest’ultimo chiede almeno di portare con sé alcuni sacchi di terra di quel luogo per quello che possono portare due muli perché la sua scoperta è che quella terra è terra di Dio: ‘Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele’.

Non solo è guarito da ciò che limitava il suo corpo, dalla malattia che ingabbiava la sua vita nella disperazione, ma è guarito nel profondo e si apre ad atteggiamenti di gratuità e di scoperta del volto di un Dio vicino, che benedice la terra, un Dio non di un popolo, ma di tutti i popoli.

Naaman si avverte trasformato interiormente, nel cuore. Non sarà lui a pagare il prezzo della sua guarigione, con denaro e potenza, ma sarà lui a chiedere di portare qualche zolla di terra sul dorso di due muli. Scopre un volto di Dio da incontrare all’interno della propria vita, nella propria esistenza su questa terra. La terra diviene luogo da guardare in modo diverso, non come territorio di conquista, ma come spazio di benedizione.

"Figlio mio, ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide come io annuncio nel mio vangelo, per il quale soffro… ma la parola di Dio non è incatenata".

Nella seconda lettura l'accento sta - contro derive di tipo spiritualistico - sulla storia singolare di Gesù. “Ricordati di Gesù risorto discendente di Davide” è invito ad unire insieme lo sguardo al risorto con la sua esperienza terrena, di Gesù ebreo inserito nella storia del suo popolo, e in quella storia segnata dalla presenza di Dio, con l’alleanza e con le sue promesse. Il risorto è il medesimo che ha vissuto nella sua singolarità storica, all'interno della storia ebraica, come ‘figlio di Davide.’ Messia. Da qui sgorga un'indicazione per i credenti nel percorso ordinario della vita: "Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso”.

Forse queste parole sono un antico inno cantato nelle prime comunità, ripreso dall'autore di questo scritto: in esse sta tutta la fiducia che la storia di Cristo nell'esperienza credente diviene la storia di chi a lui si affida e trova in lui il centro della sua esistenza. La sua storia, è storia di fedeltà. Lui non può venir meno. Quanto ha fatto e detto suo agire, nel corso della sua vita, con la risurrezione si partecipa ad ognuno che crede. La vita nei suoi aspetti più ordinari e quotidiani diviene allora terra in cui si partecipa alla storia di Gesù. La vita può essere una esperienza di comunione con lui nella sua morte e nel dono della sua vita e del suo amore che ha vinto la morte.

“lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio gli vennero incontro dieci lebbrosi…”

Luca nel suo vangelo ricorda la figura di Eliseo, il profeta che aveva guarito Naaman quando pure tanti lebbrosi c’erano in Israele a quel tempo (cfr Lc 4,27). Nel suo scendere e lavarsi al Giordano giunge a riconoscere il Dio di Israele, si apre con cuore di povero, guarito, alla fede nel Dio di Israele. Alla sua vicenda Gesù fa riferimento nel suo discorso nella sinagoga di Nazaret. La bella notizia, il vangelo è per i poveri, è liberazione per tutti, cioè possibilità di vita sin da ora: il regno di Dio non conosce limiti ed esclusioni di popoli razze, lingue, ma chiede solo di essere accolto, chiede la disponibilità di cuori aperti all’affidamento.

Ma il discorso nel vangelo si approfondisce: ci può essere una fede che obbedisce alle prescrizioni, ma che non cambia dentro, nel cuore. E’ l’attitudine dei nove lebbrosi: vanno dai sacerdoti, era questa la norma della legge. E’ in fondo la riproposizione di quel tentativo di Naaman di pagare con un suo abbondante dono il profeta: ma non è questione di denaro e di pagamenti. Il percorso di Naaman indica un cambiamento del cuore, della sede delle scelte , là dove tutta la vita è coinvolta, non solo l’esecuzione di una pratica, o di una prescrizione della legge.

Dei dieci lebbrosi solamente uno ‘tornò indietro lodando Dio a gran voce’. Era un samaritano, dice Luca, con sottile ironia. C’è un modo di vivere l’esistenza ma anche la religione nella direzione dei nove: guariti e fedeli osservanti delle norme, secondo la linea del dare per ricevere, secondo un modo di intendere la religione come scambio commerciale. Ma quell’uno, il samaritano, il ‘nemico’, che ritornò sui suoi passi è l’unico che ha vissuto il vero e profondo cambiamento. Gesù collega questo cambiamento, la sua capacità di rendere grazie, con la fede. Lo straniero, il samaritano si apre ad una trasformazione che ne cambia il cuore, lo apre alla gratuità che lo fa andare verso l’altro con le parole della gratitudine.

Gli altri nove rimangono indifferenti: guariti dalla lebbra ma non guariti dalla chiusura che rende incapaci di ringraziare di quel cambiamento che tocca il cuore e fa tornare indietro. L’unico che è tornato ha compreso l’importanza di una relazione personale con Gesù, si è lasciato coinvolgere in un rapporto di vita, ed ha compreso cosa significa ‘stare con lui’.

Rendere grazie è un elemento fondamentale dell’esperienza di fede. E’ proprio questa dimensione di celebrazione, che non ha misure di efficienza, che non risponde alle regole della produzione e del consumo, ma è apertura all’azione di Dio che salva e che vuole per tutti una vita piena. L’unico lebbroso guarito che torna indietro è colui che è stato capce di fermarsi e ricordarsi, e nel ricordare ringrazia e si apre ad un incontro. Gesù riconosce questo dicendogli: “Alzati e và; la tua fede ti ha salvato”.

Noi viviamo l’Eucaristia come ‘rendimento di grazie’ (è questo il significato della parola stessa). In questo celebrare dovrebbe riflettersi il senso della sosta, del tornare indietro e ringraziare. E’ questa anche la scoperta sempre nuova della gioia che fa lodare, in ogni condizione ed esperienza. E’ riconoscimento del venirci incontro di Gesù e del dono che sta alla base di una relazione personale con lui che ci ha rivelato il volto del Dio umanissimo. Non la staticità della fredda osservanza della legge e dell’indifferenza, ma il cammino di chi straniero, al di fuori delle appartenenze proclamate che spesso nascondono radicali incomprensioni e deformazioni dell’esperienza di fede, vive l’esperienza del gratuito.

Dalla parola alla preghiera

Signore aiutaci a leggere nei piccoli gesti del quotidiano il luogo in cui scoprire che questa terra è benedetta, è spazio del tuo agire di salvezza

Donaci o Padre la capacità di sostare, di ringraziare, di aprirci ad una fede che cambi il cuore e si esprima in cammini di gratuità per gli altri

Rendici capaci o Signore di vicinanza profonda e sincera a chi è malato: aiutaci ad avere uno sguardo che scorga non solo la fatica e la sofferenza fisica, ma le fatiche interiori e nascoste

Facci crescere o Signore come persone capaci di gratitudine e di compassione sincera

Oggi è diffusa la proclamazione esplicita della propria appartenenza di fede o di ‘affermare i valori cattolici’ usata come strumento per proporre posizioni politiche, ideologiche o per avere vantaggi dal punto di vista del riconoscimento sociale. Rendici attenti Signore a vivere la fede come movimento che coinvolge tutta la vita, con delicatezza e rispetto, con discrezione e umiltà, e aiutaci a guardarci da tutte le strumentalizzazioni di una religione asservita ai diversi poteri o usata come potere

Uno spunto da…

“Personalmente sono convinto che una buona parte delle inefficienze dei nostri ospedali, e più in generale della nostra sanità, potrebbero svanire se i medici ritrovassero motivazione e interesse per il loro ruolo, se si riscoprissero protagonisti della sanità e capaci di apprezzare la gratificazione derivante dal rapporto umano con il paziente” (Ignazio Marino, Credere e curare, Einaudi, p.100)

Il film “Un medico, un uomo” di Randa Hainmes (1991) è tratto dal libro autobiografico “A taste of my own medicine” del dottor Ed Rosenbaum. E’ il racconto della vicenda professionale e umana di Jack Mckee, chirurgo affermato che tuttavia nella sua vita professionale vive un rapporto con i pazienti segnato da indifferenza e disprezzo. Per ottenere il maggior distacco nei confronti del paziente egli è solito usare la strategia dell’umorismo come appare in diverse scene del film. Ma l’esperienza di Jack McKee cambia quando egli stesso si scopre malato, con un tumore alle corde vocali: si ritrova così a scavalcare improvvisamente quella frontiera che separa il medico dal paziente ed è costretto ad adeguarsi di malavoglia alla nuova condizione di paziente; sperimenta così le lunghe attese e si chiede con rabbia: “cosa ci faccio, io, qui, ad aspettare come un comune mortale”. Oppone il suo rifiuto all’invito a sedersi in carrozzella per essere accompagnato in corsia: “lei ora è un paziente, e se cade in ospedale noi siamo responsabili”. Non riesce ad adattarsi alla vita di ospedale, ai disagi quotidiani, alla convivenza con altri vicini di stanza, agli errori o disattenzioni che possono accadere nella cura. Non accetta e vive la reazione nel dover subire le sofferenze e gli effetti collaterali della radioterapia. In questa situazione vive un incontro particolare con June, una ragazza affetta da un tumore cerebrale, conosciuta durante i cicli di radioterapia.

Sarà in questo incontro - fatto di momenti di tensione e di scoperta della sua incapacità a rapportarsi con i malati - che si aprirà per lui la via per un atteggiamento completamente diverso. Fino a riconoscere i limiti e le colpe di una struttura ospedaliera pensata come azienda di fronte alla malattia concreta della ragazza: si sarebbe potuto diagnosticare il tumore cerebrale precocemente se all’insorgenza dei sintomi fosse stata eseguita una risonanza, esame che “costa almeno 1000 dollari... ma il nostro sistema fa schifo, sono le assicurazioni che ci dicono quali esami fare e quali no”. Ma sarà proprio June, a trasmettere a Jack un atteggiamento diverso. L’operazione a cui Jack è sottoposta risulta risolutiva e lo conduce alla guarigione e a poter tornare alla sua professione. Egli però vive a questo punto in modo totalmente nuovo il suo rapporto con i pazienti. Quando un suo assistente per indicare un paziente in fin di vita usa l’espressione “il terminale della 17” Jack reagisce dicendo: “un malato non è un computer, quel signore che sta morendo ha un nome e se usi ancora la parola terminale, per indicare un malato, potrai subito dopo chiamare così la tua carriera qua dentro”. Chiederà ai suoi assistenti di apprendere non solo i nomi delle malattie ma anche i nomi dei malati “perchè i malati hanno un nome, e il loro essere malati li rende impauriti, imbarazzati, vulnerabili” e imparare il nome implica aprirsi a scoprire il bisogno di aiuto, di ascolto e di comprensione. Tra le esercitazioni che chiederà ai suoi tirocinanti vi sarà anche un gioco di ruolo nell’indossare il pigiama ed essere ricoverati avendo assegnato un tipo diverso di malattia con cui sperimentare la condizione del paziente. Nel frattempo June muore ma prima lascia una lettera: “caro Jack, voglio narrarti una storia... c’era una volta un contadino che aveva molti campi, e cercava di tenerne lontani gli uccelli... ci riuscì, ma alla fine si sentì solo e allora tolse tutti gli spaventapasseri e si mise in mezzo al campo, con le braccia spalancate per richiamare gli uccelli. Però essi, pensavano si trattasse di un nuovo spaventapasseri e continuarono a rimaner lontani. Allora egli capì che doveva abbassare la braccia e allora gli uccelli accorsero. Ecco, anche tu devi fare così: cerca di abbassare le braccia”.

Nel film "Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman, l'anziano medico dottor Borg sogna di tornare studente e di essere sottoposto a un esame. Non riesce a rispondere alle domande che gli vengono poste dal severo professore, e in particolare all'ultima: "Qual è il primo dovere del medico?". "Qual è?" chiede di rimando lo studente sconcertato. "Il primo dovere del medico è chiedere perdono".

Dalla Parola alla vita

C’è una lebbra come malattia che richiede cura, ma c’è anche la lebbra di società malate di cui riconoscere i sintomi, per poter intraprendere percorsi di cura. L’articolo di Giannino Piana apparso recentemente in Jesus è una lucida disamina della attuale situazione italiana, che appare segnata da una malattia di cui riconoscere sintomi e su cui ricercare cause innanzitutto prima di proporre facili soluzioni:

“Riferendosi ad alcuni episodi di corruzione, che hanno caratterizzato in questi ultimi mesi la vita politica italiana, i media hanno formulato l'ipotesi della nascita di una «società segreta», la P3, insieme comitato di affari e struttura sotterranea di potere che si propone di influenzare i vari ambiti nei quali il potere ufficiale si dispiega. È difficile dire se (e come) sussista una vera analogia tra questa nuova società occulta e la P2, ma non vi è dubbio che esista una effettiva continuità tra il piano di Rinascita democratica di Licio Gelli, scoperto dalla magistratura agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, e l'ipotesi di cambiamento del Paese messo in atto dai governi Berlusconi. Infatti, al di là della accertata appartenenza del premier alla P2 con tessera n° 1816 — pochi ricordano la condanna per falsa testimonianza comminatagli, in anni ormai lontani, a Venezia per aver mentito al giudice a proposito di tale appartenenza — sorprendenti sono gli aspetti di convergenza che esistono tra i due progetti.

Comune appare anzitutto — come risulta dalle carte sequestrate nella villa di Gelli — l'obiettivo perseguito, consistente nello svuotamento dall'interno di ogni sostanza reale della democrazia parlamentare in favore di uno Stato populista guidato da un capo carismatico che ha il diretto controllo di tutte le leve del potere. Si tratta, in sostanza, di una lotta senza esclusione di colpi nei confronti della politica, che viene screditata e vilipesa, mortificando i partiti, esautorando i sindacati, sradicando la cultura dell'uguaglianza e dei diritti per sostituirla con una cultura clientelare, dove a prevalere sono gli interessi delle corporazioni forti e la costante prevaricazione nei confronti delle classi più deboli.

Ma comune risulta pure la strategia mediante la quale si tende a perseguire tale obiettivo: dall'asservimento dei media, ridotti a strumenti di distrazione delle masse, al disprezzo per le regole e per le procedure, considerate meri impedimenti all'azione di Governo; dal continuo dileggio della magistratura e degli organi istituzionali di controllo — quali la Presidenza della Repubblica, la Corte Costituzionale, la Corte dei Conti, ecc. — alla riduzione degli spazi di indagine della magistratura e della polizia; dal bavaglio all'informazione alla divisione delle carriere giudiziarie con la dipendenza dei pubblici ministeri dall'esecutivo; dal dileggio della Costituzione giudicata superata e progressivamente ridimensionata, fino alla più volte ventilata proposta di introduzione del presidenzialismo. Ciò che si intende, in definitiva, smantellare è il sistema di garanzie, faticosamente costruito nel corso della storia della nostra Repubblica e finalizzato a favorire una partecipazione sempre più ampia alla gestione della cosa pubblica, a dar vita a forme di rappresentanza più qualificate e a creare condizioni di rispetto dell'autonomia dei poteri e di equilibrio nei loro rapporti. La crisi della politica, provocata da Tangentopoli, e il cambiamento del clima culturale a opera dei media hanno determinato l'uscita del progetto piduista dalla clandestinità e dall'area del potere occulto per proporsi in campo aperto. Da disegno eversivo, che mirava a destabilizzare il sistema per crearne uno alternativo mediante una struttura di superpotere ramificata nei gangli vitali della società, grazie all'infiltrazione di persone appartenenti al mondo delle banche, dei servizi segreti, dell'imprenditoria, della politica, del giornalismo, ecc., esso diviene proposta che ottiene il consenso popolare e che riceve perciò piena legittimazione sul piano legale. Gli esiti di questa operazione sono evidenti: partiti inesistenti, parlamentari designati dall'alto, sindacati lacerati e impotenti, magistratura screditata, Rai distrutta come servizio pubblico, e si potrebbe continuare. Ma ciò che soprattutto sconcerta (e preoccupa) è che tutto questo avvenga nell'indifferenza di gran parte della popolazione, nel servilismo di molti uomini pubblici e nell'insufficiente reazione dei "chierici", spesso tra loro divisi. Si tratta pertanto di una drammatica emergenza etica, che esige, per essere adeguatamente affrontata, un forte impegno teso in primo luogo a riabilitare la politica, restituendo dignità al parlamento, rifondando i partiti, rimettendo al centro il lavoro, difendendo l'unitanazionale e reagendo alle disuguaglianze e al razzismo. Ma esige anche un rinnovamento profondo delle coscienze. Un rinnovamento improntato al recupero di valori quali l'onestà e la trasparenza, l'uguaglianza, la giustizia e la solidarietà che sono le basi della vita democratica. Il danno più rilevante dell'attuale congiuntura è infatti di natura morale e culturale. E reclama per questo l'impegno di tutti a ricostruire le fondamenta di una politica che concorra allo sviluppo di una serena convivenza civile” (Giannino Piana, Il berlusconismo, trait d'union tra P2 e P3 “Jesus” ottobre 2010)

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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