> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
_

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
_

Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

_

X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


_

APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
_

A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

_

Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
_

Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
_

NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

_

IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
_

PREDICAZIONE. 13-6-10. Commento alla Sacra Scrittura

13-6-2010 - XI Domenica tempo ordinario - Anno C

2Sam 12,7-10.13; Gal 2,16-19.21; Lc 7,36-8,3

Omelia

“Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi?”

Al centro del dialogo tra Davide e il profeta sta una domanda sospesa: una domanda che gli ricorda la parola di Dio. E’ una domanda che accompagna a riconoscere di avere compiuto il male agli occhi del Signore. Fa cogliere la distanza tra l’agire di Davide e la logica di Dio. Ma lo fa ricordando a Davide che può riconoscere se stesso, le sue scelte, solamente se avverte che la sua persona è interpellata, è un ‘tu’ che sta davanti a qualcun altro, che lo chiama e gli si rivolge. E’ invito ad alzare lo sguardo, a non restare chiuso in un ripiegamento e autodifesa che non fa riconoscere l’altro. L’altro che non può essere piegato alle proprie esigenze, ai propri interessi. L’altro che non deve essere strumentalizzato a misura di un io potente, che tutto può comprare e permettersi, che tutto sistema secondo i propri calcoli. Davide è accompagnato dal profeta a riconoscersi in tal modo come colui che ha peccato: ha disprezzato la parola del Signore perché la sua vita era concepita senza l’altro. Non stava di fronte a… non ascoltava una chiamata che la precedeva. Peccato è quindi indicazione di una logica di vita: laddove esiste solamente la propria parola onnipotente e senza limiti, laddove le voci e gli appelli degli altri - in cui si fa presente la parola dell’Altro - dei deboli, sono tralasciati, schiacciati e allontanati sì da non sentirli. Peccato è un orizzonte di scelte e di modo di concepire l’esistenza in una relazione piegata nell’orizzonte chiuso dell’idolatria dell’io. Percepire il peso del peccato è qualcosa di faticoso, diviene percorso liberante perché apre ad un cambiamento, apre ad uscire dalla grande pena che è la schiavitù e l’imprigionamento nel proprio io, nella autoesaltazione e affermazione di sé ad ogni costo.

Davide vedeva solamente il suo interesse, la sua ricchezza, le donne, gli altri, come sua proprietà, i suoi soldati come pedine di cui disporre. Quando si apre a scoprire che egli stesso è un tu in relazione, con volti storie e nella relazione fondamentale con la parola del Signore, si apre a scorgere una alterità fondante la sua esistenza. Si fa strada il riconoscimento del peccato come di un costruirsi che non compie la sua umanità chiamata ad essere relazione, a costruirsi sempre, di nuovo, nella relazione.

In questo riconoscimento si apre una strada inattesa e nuova. il Signore ha rimosso il peccato, la sua è presenza che dona possiiblità di vita oltre il peccato: “tu non morirai”. Così il salmo esprime questo passaggio: “Ho detto: confesserò al Signore le mie iniquità e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato”.

"Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acque per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo, lei invece mi ha cosparso i piedi del profumo”.

Da queste parole veniamo a conoscere alcuni gesti delicatissimi propri dell’ospitalità orientale e dell’accoglienza nella condivisione della mensa: l’acqua per lavarsi all’ingresso della casa, il bacio, l’olio e il profumo.

Simone il fariseo aveva preparato un banchetto ben organizzato, ma aveva tralasciato i gesti dell’amore. Una donna, senza nome, trova un varco, entra a scompaginare questa festa. Ha il coraggio e la libertà femminile di parlare con gesti inauditi, gesti dell’ospitalità e che sfondano il rito dell’ospitalità: sono i gesti dell’amore che vanno oltre i riti codificati. Scandalo nell’organizzazione del banchetto. Ma a questa donna Gesù guarda come segno di presenza nuova. Vede nei suoi gesti il tratto dell’accoglienza profonda, lo spossessamento di sé per fare spazio all’altro, l’amore di consegna e di alterità. Il fariseo, l’uomo della legge, viene posto davanti alla parabola del ‘condono’ di un debito e risponde secondo la logica del dare/avere: ‘amerà di più colui a cui ha condonato di più’. Gesù, subito dopo, guardando la donna, presenta un percorso diverso, che rivoluziona ogni pensiero religioso. E’ l’amore che genera il perdono: ‘le sono perdonati i peccati perché ha molto amato’. L’onnipotenza fragile sta nei gesti della gratuità della donna che aprono al perdono di Dio. E’ l’amore che suscita il dono. Per lei è stata la scoperta di un dono che la precedeva, da cui si era sentita accolta, lei di cui si diceva: ‘se fosse profeta saprebbe chi e che specie di donna è colei che o tocca’ - . La consapevolezza di essere accolta le ha suggerito i gesti dell’amore gratuito, l’amore che si fa concretezza nei gesti dell’ospitalità. Gesù è accolto come l’ospite atteso e amato dalla donna. Eppure lei stessa rivela nei suoi gesti la scoperta che l’ha spinta a farsi strada in quella casa del fariseo, la consapevolezza di essere accolta, lei nella sua storia, con le sue ferite, con i suoi errori e con le sue sofferenze, con la commistione intricata di bene e male presente nella sua vita. E’ la consapevolezza che Gesù poteva ospitarla, lui che non aveva casa dove poter mettere a disposizione una tavola dove mangiare insieme. Lei esprime questo con gesti così umani da essere il gesto di Dio, i gesti profondi dell’ospitalità. E’ allora il perdono di Dio l’amore che genera ospitalità. E si rivela così una sorperendente circolarità tra condono, e amore, tra perdono e amore.

L’ospitalità nei confronti dell’altro, dello straniero, del povero è esperienza che provoca a convertirsi, che fa incontrare il volto di Dio raccontata nella vicenda di Gesù, il Dio che si fa ospite, il Dio che per primo è opsite perché accogliente, fonte del perdono nelle nostre esistenze.

Uno spunto da

Delitto e castigo è il titolo del romanzo scritto da Fëdor Mihajlovic Dostoevskij, pubblicato a puntate sulla rivisita mensile “Russkij vestnik” ("Il messaggero russo") nel 1866.

Protagonista del romanzo è Raskolnikov, un brillante studente che si reputa un novello Napoleone, intelligente e ricco d’energia, che fatica a pagarsi gli studi, impregnato di idee filosofiche umanistiche e socialiste. Pensa perciò di compiere un delitto per impadronirsi del denaro di una vecchia vedova dedita all’usura, da lui vista come parassita inutile della società. Il progetto del delitto si carica di motivazioni ideali che ai suoi occhi lo giustificano per poter utilizzare in modo migliore quel denaro per sé e a servizio dell’umanità, il tutto quindi per un ‘fine superiore’. Giunge così a compiere il delitto, ma il sopraggiungere di una inattesa testimone, la sorella dell’usuraia, mite e pia, Lisaveta, lo conduce ad uccidere anche lei.

Da quel momento Raskolnikov vive il rimorso e l’angustia per l’azione compiuta; la sua figura caratterizzata da superbia e spietatezza rivela i tratti della sua inconsistenza e del dramma del nonsenso che il suo gesto ha aperto nel suo cuore. Dopo aver commesso il delitto si spalancano per lui le porte della disperazione.

Eppure nel lento progredire del romanzo Raskolnikov si ostina a non riconoscere e confessare l’azione commessa. Accanto a lui scorrono altri personaggi, la figura del commissario, investigatore che nutre sospetti sulla sua responsabilità e riesce con saggezza a far emergere elementi di consapevolezza; l’amico Rasumichin che non riesce a capacitarsi del comportamento impaurito e delirante di Raskolnikov. Tuttavia l’ex studente mantiene nel segreto della sua coscienza il rimorso e la pena di quanto aveva compiuto. L’unica a cui confessa la sua colpa è Sonia Marmeladova, figura che rappresenta un cuore puro e trasparente di fede, la cui vita è segnata dalla tragedia del padre funzionario, ubriaco, morto schiacciato da una carrozza e dal dovere di sostenere la matrigna e i fartellini ancora piccoli: per questo si prostituisce per guadagnare denaro. Sarà lei ad accompagnare Raskolnikov fino alla confessione dei suoi delitti e ad accettare la condanna ai lavori forzati in Siberia. Ancora lei accompagnerà Raskolnikov trasferendosi in Siberia e rimanendogli vicina. Fino ad allora il suo atteggiamento era quello di chi non aveva potuto sopportare il suo fallimento, il suo fiasco e per questo di essersi costituito, ma non aveva provato pentimento:

"Almeno il destino gli avesse concesso il pentimento, un rimorso di quelli che bruciano, che spezzano il cuore, che tolgono il sonno; un rimorso così tormentoso da far desiderare il nodo scorsoio o i gorghi di un fiume! Oh, come ne sarebbe stato felice! Tormento e lacrime, anche questa è vita. Ma egli non si era pentito del suo delitto... (…) Il suo delitto, per lui consisteva unicamente nel fatto di non aver saputo reggerne il peso, e quindi di essersi costituito e di aver confessato. Soffriva anche a un altro pensiero: perché non si era ucciso, quella volta? Perché aveva esitato, là sul fiume, e aveva preferito costituirsi? (…) Si tormentava con questa domanda e non riusciva a capire che forse già allora, là sul fiume, presentiva dentro di sé, nelle sue convinzioni, una profonda menzogna; non capiva che quel presentimento poteva essere il preannuncio di una svolta nella sua vita, di una futura rinascita, di un nuovo modo di vedere la vita”.

Improvvisamente, in virtù della presenza di Sonia e del suo amore che gli trasmette il vangelo non con la dialettica ma con la vita, si apre alla fiducia nella vita stessa. Avviene in lui una trasformazione. La pagina finale del romanzo descrive così questo passaggio di scoperta e di novità:

"Di nuovo, era una giornata tiepida e serena. Di buon mattino, verso le sei, Raskòlnikov andò a lavorare sulla riva del fiume, dove era stata impiantata una baracca per triturare e cuocere l'alabastro. Vi andarono tre uomini in tutto. Uno dei detenuti, con la guardia di scorta, tornò in fortezza a prendere un utensile; l'altro cominciò a preparare la legna e a sistemarla nella fornace. Raskòlnikov uscì dalla baracca e raggiunse la riva del fiume, dove sedette sui tronchi accatastati accanto alla baracca e si mise a guardare la corrente, ampia e deserta. Dalla sponda, ch'era piuttosto alta, si vedeva un panorama molto vasto. Dalla lontana riva opposta giungeva, appena percettibile, una canzone. Laggiù nella steppa immensa, inondata dal sole, nereggiavano, puntini appena visibili, le tende dei nomadi. Laggiù c'era la libertà e vivevano altri uomini, completamente diversi da questi; laggiù era come se il tempo si fosse fermato, come se non fossero ancora passati i secoli di Abramo e delle sue greggi. Raskòlnikov, seduto, fissava quel panorama senza distoglierne lo sguardo; dai pensieri passava alle fantasticherie, alla pura contemplazione; non pensava a nulla, eppure una strana angoscia lo agitava tormentandolo. A un tratto, si trovò accanto Sònja. Si era avvicinata pian piano e gli si era seduta accanto. Era ancora molto presto, il freddo del mattino non s'era ancora attenuato. Lei indossava il suo povero vecchio mantello e quel tale scialletto verde. Il suo viso mostrava ancora i segni della malattia: era più magro, più pallido, più affilato. Gli sorrise dolcemente, piena di gioia, ma, come al solito, gli tese la mano quasi con timore. Gliela tendeva sempre così, con timidezza, e a volte non gliela tendeva affatto, come prevedendo che lui l'avrebbe respinta. Lui la prendeva, di solito, quasi con avversione; in genere la accoglieva con una specie di stizza, e spesso non apriva bocca durante tutta la visita. Allora, lei sentiva quasi paura di lui, e se ne andava profondamente addolorata Questa volta, invece, le loro mani non volevano sciogliersi; egli le lanciò una rapida occhiata, non disse niente e abbassò lo sguardo. Erano soli, nessuno li vedeva. La guardia di scorta, in quel momento, guardava da un'altra parte. Nemmeno lui, poi, avrebbe saputo dire com'era accaduto. A un tratto si sentì come afferrato e gettato ai piedi di lei. Piangeva, e le abbracciava le ginocchia. Dapprima Sònja si spaventò a morte, il viso le si fece d'un pallore mortale. Balzò in piedi e lo guardò tremando; ma subito, in quello stesso istante, capì tutto. Nei suoi occhi brillò una felicità infinita; capì, e per lei non ci fu più alcun dubbio: egli l'amava, l'amava immensamente: alla fine, quel momento tanto atteso era arrivato... Avrebbero voluto parlare, ma non potevano. Avevano le lacrime agli occhi. Tutti e due erano pallidi e magri, ma sui loro volti sbiancati dalla malattia splendeva già la luce di un futuro diverso, di una completa rinascita, di una vita nuova. Li aveva risuscitati l'amore: il cuore dell'uno, ormai, racchiudeva un'inesauribile sorgente di vita per il cuore dell'altro. Erano decisi ad attendere, a pazientare. Restavano loro ancora sette anni di quella vita; e prima d'allora, quanto intollerabile dolore e quanta felicità! Ma egli era rinato e lo sapeva, lo sentiva con certezza in tutto il suo essere rinnovato; e lei, lei non viveva che della vita di lui! La sera di quello stesso giorno, quando le baracche erano già state chiuse, Raskòlnikov, sdraiato sul tavolaccio, pensava a Sònja. Quel giorno, gli era sembrato perfino che gli altri forzati, prima suoi nemici, lo guardassero in un modo diverso. Era stato lui a rivolger loro per primo la parola, e loro gli avevano risposto affabilmente. Se ne rendeva conto solo adesso; ma non era giusto, del resto, che fosse così? Ogni cosa, ormai, non doveva forse mutare? Pensava a lei. Ricordò come l'aveva sempre tormentata, come aveva straziato il suo cuore; ricordò il suo visino pallido, smunto; ma quei ricordi non lo facevano più soffrire: sapeva con che amore infinito, ormai, avrebbe ripagato tutte le sue sofferenze. E poi, che importanza avevano, ora, tutte le pene passate? Ogni cosa, perfino il suo delitto, perfino la condanna e la deportazione, gli parvero allora, in quel primo impulso, come fatti esteriori, estranei, cose che non erano accadute a lui. Quella sera, tuttavia, non gli era possibile pensare a lungo ad una sola cosa, né concentrarsi in un solo pensiero; non riusciva a ragionare su nessun problema: poteva soltanto sentire... Alla dialettica era subentrata la vita, e nella sua coscienza si preparava ormai qualcosa di completamente, oscuramente diverso. Sotto il suo guanciale c'era il Vangelo. Lo prese macchinalmente. Quel libro apparteneva a lei, era lo stesso dal quale lei gli aveva letto i versetti sulla resurrezione di Lazzaro. Nei primi tempi della sua deportazione, egli pensava che Sònja lo avrebbe tormentato con la religione, che si sarebbe messa a parlargli del Vangelo e a imporgli di leggere dei libri. Invece, con sua grandissima sorpresa, lei non aveva affrontato nemmeno una volta quest'argomento, e nemmeno gli aveva mai offerto il Vangelo. Era stato lui a chiederglielo, poco prima della sua malattia, e lei gli aveva portato il libro senza una sola parola. Fino a quel momento, del resto, lui non l'aveva nemmeno aperto. Nemmeno adesso l'aprì; ma per la mente gli passò, rapido, questo pensiero: «Posso non avere le sue stesse convinzioni, ormai? O almeno, i suoi stessi sentimenti, le sue stesse aspirazioni?...» Anche lei fu molto agitata, tutto quel giorno, e di notte si sentì perfino male di nuovo. Ma era così felice da aver quasi paura della sua stessa felicità. Sette anni, soltanto sette anni! All'inizio della loro felicità, in quei primi momenti, tutt'e due erano pronti a considerare quei sette anni come sette giorni... Egli ignorava perfino che quella nuova vita non gli veniva data così, gratuitamente; che avrebbe dovuto pagarla, e a caro prezzo: pagarla compiendo qualcosa di grande negli anni a venire. Ma qui, ormai, comincia una nuova storia, la storia della rinascita di un uomo, della sua graduale trasformazione, del suo lento passaggio da un mondo a un altro mondo, del suo incontro con una realtà nuova e fino a quel momento completamente ignorata. Potrebbe essere l'argomento di un nuovo racconto; ma il nostro, intanto, è finito”.

Dalla Parola alla vita

Nella sensibilità comune, esito anche di una catechesi e di modelli presentati, la questione del peccato è avvertita quasi unicamente come questione della vita individuale, connessa per lo più ad alcuni ambiti limitati dei comportamenti della vita personale e di relazione, ma è inavvertita la questione del peccato nei suoi aspetti sociali e non si pensa alle domande che essa pone per una vita intesa come cammino di una umanità chiamata a non seguire logiche di guerra ma prospettive di relazioni con altri popoli e culture, di giustizia, di pace, di un rapporto che coinvolge anche la natura.

Con la sua penna agile e puntuale Massimo Gramellini nella concidenza del 2 giugno ha ricordato in questi giorni di crisi finanziaria le bugie del potere e la grande ipocrisia della situazione in cui stiamo vivendo. L’ha fatto con ironia e delicatezza, tali da generare ancor più tristezza e scoramento, accompagnati da indignazione per scelte politiche miopi e preoccupate degli strumenti di guerra che passano inosservate e non divulgate. Mentre si chiede con una legge finanziaria sacrifici e restrizioni nella vita delle famiglie, della scuola, dei servizi sociali, lo Stato italiano ha investito più dell’equivalente della manovra finanziaria per l’acquisto di uno stormo di cacciabombardieri ed elicotteri. (“Aerei blu”, La Stampa 2 giugno 2010).

“Nel giorno della parata militare lungo i Fori, oso sperare che nessuno sottovaluterà l'importanza dell'acquisto di centotrentuno cacciabombardieri F-35, centoventuno caccia Eurofighter e cento elicotteri NH90 da parte delle nostre Forze Armate. Con una certa malizia i Verdi fanno notare che lo scontrino complessivo di una spesa degna del set di "Apocalypse now" ammonta a 29 miliardi di euro, 5 in più della manovra (a proposito di apocalissi). Ma tutti sappiamo che, oggi come oggi, senza un cacciabombardiere non si va da nessuna parte, Quindi lungi da noi l'idea populista di rinunciare al rombo dei motori guerrieri per tutelare lo stipendio di un impiegato pubblico o la sopravvivenza di un ente culturale. Però, forse, almeno un accenno a questa eventualità poteva essere fatto da chi ci governa. Anche solo come gesto di trasparenza e di cortesia: cari italiani, vi chiediamo di stringere la cinghia, però sappiate che i vostri sacrifici non saranno vani, perché dei cacciabombardieri così belli non li ha nessuno. Per non parlare degli elicotteri. L'emozione sarebbe stata talmente forte che i dipendenti dello Stato avrebbero donato, se non l'oro (di cui al momento sono sprovvisti), i loro straordinari alla Patria, pur di consentirle di sfrecciare invitta e gloriosa nei cieli. E i poliziotti avrebbero sbandierato con orgoglio la mancanza di soldi per il carburante delle auto di servizio, con la tranquilla consapevolezza di chi sa che per combattere la mafia, stroncare la corruzione e proteggere i cittadini, nulla è più efficace di uno stormo di cacciabombardieri”.

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
__________________________________________________________________

IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

__________________________________________________________

PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
__________________________________________________________________

La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

AVVERTENZA

I blog che seguono (cui si può accedere col comando - in alto al centro - "blog successivo") non sono legati a questo sito, che rimane autonomo e indipendente quanto ai suoi contenuti.