PREDICAZIONE. 11-10-09. Commento alla Sacra Scrittura

11-10-09 - 28a Domenica del tempo ordinario – Anno B

Sap 7,7-11; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30

‘Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza… l’amai più della salute e della bellezza”

Il libro della Sapienza canta la sapienza come un dono. La sapienza si distingue dallo sforzo umano di conoscenza ed è piuttosto capacità di orientare l’esistenza secondo il bene. E’ partecipazione alla sapienza divina e per questo non può essere il risultato di un’opera e di un programma condotto con le proprie capacità. Essa è in radice accoglienza che richiede affidamento al Signore, cammino nella via dell’amore. La sapienza infatti più che alla dimensione del conoscere appartiene alla dinamica dell’incontro che esige di investire la vita, di abbandonare ciò che conta meno per scegliere la relazione. Solo l’apertura del cuore operata dalla preghiera che si affida rende libero lo spazio all’operare di Dio, all’incontro con lui: la preghiera nella sua radice è trasformazione della vita nel cercare di vedere le cose e il mondo secondo il disegno di Dio, nell’essere con Lui. Essere cercatori di sapienza significa divenire cercatori di vita, di un senso che non si fermi alla superficie e alle cose inutili.

“La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio: essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”

Parola di Dio è espressione che indica il libero comunicarsi di Dio nella creazione e nella storia. La stessa Scrittura contiene la Parola di Dio, è rinvio a quella Parola vivente che è la comunicazione personale di Dio. Il Padre offre la partecipazione alla sua vita come dono di salvezza all’umanità. La Parola è innanzitutto ‘viva’, espressione del Dio vivente, che ama e ha cura della sua opera e dei suoi figli, ed è viva perchè portatrice di vita e creatrice.

Il contatto e l’ascolto con la Parola è un momento fondamentale nella vita del credente, nel cammino della fede. La Parola è poi efficace come bene esprimono le immagini della piogia e della neve portatrici di fecondità e di vita usate dal secondo Isaia (Is 55,10-11). Stare sotto la Parola conduce anche a lasciare spazio all’operare di Dio nella storia, a riconoscerne i segni, ad ascoltare quanto il Signore ci sta chiedendo nelle vicende della vita. La parola è tagliente: giunge a toccare le profondità dell’esistenza, non produce solamente fatui entusiasmi. Se accolta, va ad incidere sulle scelte di fondo della vita e tocca le coscienze richiamando alla responsabilità personale e suscita un diverso modo di vedere le cose, e di agire con impegno. Essa giunge fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito: ‘anima’ nel linguaggio neotestamentario indica il principio umano di vita che è chiamato a lasciare spazio ad una apertura e trasformazione al dono dello Spirito santo. E’ lo spirito come dono che rende capaci di amare e di scoprire così il senso più profondo della vita.

“Un tale gli corse incontro… gli domandò: ’Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?... Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: ‘Una cosa sola ti manca: va’ vendi quello che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo’”.

Un ‘tale’ gli corse incontro… Il dialogo che si apre con Gesù vede nella prima parte l’indicazione del decalogo come via della vita eterna. Le dieci parole sono declinazione dell’accoglienza della Parola nella vita ed acquistano il loro senso e la loro profondità da quell’unica Parola che è dono di vita e di alleanza: ‘Io sono il Signore vostro Dio’. Ma quel tale ha osservato la legge e vive già nella linea dei comandamenti. Tuttavia cerca qualcosa di più, vive un’inquietduine che lo spinge a cercare. Gesù gli offre il suo sguardo capace di vedere in lui le aspirazioni più belle che reca nel cuore: ‘fissatolo lo amò’. Gli fa parte del suo amore e lo chiama ad un incontro per cui tutto passa in secondo ordine ed il primato va a seguire lui stesso, ad entrare in relazione con lui. E’ offerta di condivisione di vita, perdendo tutte le sicurezze ma nell’orizzonte di ritrovarsi. Nomn gli chiede di fare qualcosa ma di fare spazio nella sua vita ad un incontro. E accogliere così un volto nuovo di Dio, non come il ‘Dio delle prestazioni’ che soppesa le osservanze della legge, ma come un Tu capace di compassione con cui intrattenere una relazione viva. ‘Lasciare’ i beni terreni, non attaccarsi alle ricchezze è quanto viene richiesto per fare spazio ad accogliere un dono, perché la Parola di Dio sia pienamente efficace nella vita. Gesù fa cogliere ai suoi discepoli quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze possono entrare nel regno di Dio, perché le ricchezze divengono sicurezze a cui ci si attacca e che impediscono la disponibilità del cuore e la generosità per accogliere. Ma allora chi può essere salvato? Alla domanda di Pietro Gesù risponde ricordando che la salvezza è dono gratuito e chiede solamente apertura ad una azione di Dio in noi: E’ “impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio, perché tutto è possibile a Dio” (Mc 10,27).

Alessandro Cortesi op