Rev.mo Padre guardiano, rev.mo Parroco, amici del Terz’ordine francescano, vogliate gradire il saluto che, su mandato della Priora, Vi porto a nome dell’intero Laicato domenicano.
E’ per noi domenicani, questa, occasione quanto mai propizia per esprimere la nostra simpatia per il Vostro ordine.
Simpatia che si pone in ideale continuità con quella che ha animato i rispettivi fondatori, Francesco e Domenico, accomunati, nel Paradiso dantesco, da un unico amore a Dio, seppur manifestato con carismi differenti [1]: un’ardente carità serafica per il santo d’Assisi, una cherubica sapienza per il Guzmàn [2]
I due, nonostante le divisioni che il prosieguo della storia ecclesiale avrebbe talvolta riservato alle loro congregazioni e “sebbene di carattere così diverso”, sono stati amici e hanno nutrito “sempre una reciproca ammirazione” [3].
Ma così è stato non solo per loro.
Molti, nei due ordini, hanno coltivato scambievoli e fattive relazioni spirituali.
Sul punto, quali laici domenicani, ci piace ricordare in particolare quel luminoso beato che è stato Pier Giorgio Frassati (1901-1925), che nel 1919 si è recato appositamente ad Assisi per conoscere la terra di Francesco [4], di cui certamente condivideva la semplicità di vita e l’afflato verso i poveri, invero proprio anche di san Domenico.
Ma rapporti coll’Ordine di Francesco ha avuto altresì santa Caterina da Siena (1347-1380), laica anche lei e nostra patrona, che, nel circondarsi di discepoli di varie scuole religiose, ha attinto da loro pure la mistica e la riflessione teologica francescana [5].
Altri esempi ancora si potrebbero invocare, ma questi appaiono i più significativi per lo spessore dei personaggi citati.
Se, però, i carismi e la missione dei due Ordini sono nettamente distinti, uno solo ne è lo spirito, quello della carità, che è amore verso il Creatore estrinsecato nella sollecitudine verso i fratelli bisognosi.
E tante sono, invero, le esigenze (o le “nuove povertà”) della società contemporanea, in cui, ancora, Francesco e Domenico continuano instancabilmente ad operare, nei loro conventi , nei loro successori e in noi fedeli.
Svariati, infatti, sono i campi d’azione cui siamo chiamati. In primo luogo, la miseria materiale, prodotta da un mondo spesso opulento ed egoista, in cui aumentano in modo esponenziale le possibilità tecnologiche e conoscitive dell’uomo, ma queste, paradossalmente, ridondano a beneficio di pochi.
Ma non meno grave (anche se più surrettizia) è la diffusissima miseria morale, intesa come ignoranza anche delle cose più elementari per vivere in modo pienamente umano; come ignoranza di Gesù Cristo, unico Salvatore degli uomini; ed infine come ignoranza etica, in un panorama desolante nel quale sovente appare lecito e buono ciò che, invece, è ontologicamente immorale.
Ecco, dunque e in conclusione, la perenne attualità del messaggio di Francesco e Domenico: che realizziamo la carità, anche oggi !
Voi francescani in “un fecondo apostolato di dolcezza, di semplicità e di povertà evangelica, fondato […] sulla fraternità universale” [6]. Noi domenicani con la preghiera, lo studio e la predicazione della Verità, consci che la “carità consiste nel portare il prossimo dalle tenebre dell’ignoranza alla luce della conoscenza” (san Tommaso d’Aquino).
Per il Laicato domenicano,
Salvatore Scaglia - Palermo, 14-12-2003
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[1] Cf. I Lettera di san Paolo ai Corinzi, XII, 4.
Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 1992, § 800.
[2] Cf. Dante, Divina commedia, Paradiso, canto XI, 37-39.
[3] I. Montanelli, Storia d’Italia, Corriere della Sera, Milano, 2003, vol. I, pag. 621.
[4] Cf. Pensieri e parole di Pier Giorgio Frassati, Paoline, Milano, 2002, pagg. 8-9.
[5] Cf. Enciclopedia cattolica, Città del Vaticano, 1949, vol. III, pag. 1153.
[6] Cf. Enciclopedia cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. V, pag. 1584.