Rev. Padre guardiano, rev. Parroco, amici dell’Ordine francescano secolare, vogliate gradire il saluto che Vi do a nome della Fraternita laica domenicana di Palermo.
Anche quest’anno (per me è il terzo) sono chiamato a questo breve messaggio, di simpatia tra la famiglia francescana e quella domenicana, che cercano, sia pure in modo perfettibile, di continuare l’amicizia che storicamente intercorre tra il santo d’Assisi e il nostro Padre Domenico.
Accomunati dalla missionarietà.
“Francesco, va’: ripara la mia casa, che è in rovina !”, sente da Dio il “poverello”. E per rimediare alla rovina della casa del Signore, che non è solo materiale, egli si reca persino in Terra santa quale messaggero di pace e abbandonando lo “stile della <<>>” [1]. Parallelamente Domenico è inviato dal Vescovo a debellare l’eresia catara e opera infaticabilmente, passando la notte in preghiera, abbracciato al Crocifisso, e recando ai poveri non solo il pane, ma anche la verità [2].
I due santi fondatori, dunque, non scelgono una vita meramente ascetica: certamente l’incontro con Dio, l’orazione, è essenziale per loro. Ma questa ascesi (da cui deriva, pare, lo stesso toponimo “Assisi”), che è innalzamento del cuore e della mente al Creatore, viene da loro interpretata come discesa. Lo sguardo verso l’alto è azione verso il basso. Verso il basso del mondo lacerato dalla povertà, fisica e spirituale. Scosso dall’ingiustizia. Orbene, rispetto a questo mondo essi sono missionari. Sono mandati, da Cristo e dalla sua Chiesa, per predicare ai poveri la buona novella. Per dirla con il Vangelo odierno, non avvolgendosi in “morbide vesti” o godendo della frequentazione dei “palazzi dei re” [3], ma vivendo ‘deserticamente’, un po’ come il Battista, che ci viene presentato in questo periodo di Avvento.
E, similmente a san Giovanni, Francesco e Domenico, quali missionari sono anche profeti: interpretano cioè radicalmente i “segni dei tempi” leggendoli alla luce della Parola di Dio e in suo nome.
E’ questo quindi l’augurio che, oggi, Vi, e si fanno i laici domenicani: che possiamo acquisire sempre maggiore coscienza del nostro essere missionari nella Chiesa e per la Chiesa. Che possiamo imitare, fattivamente, Francesco e Domenico, al servizio dell’umanità dolente del tempo in cui viviamo.
Scomodandoci. Rischiando. “Uscendo dal tempio”, per andare incontro al fratello che soffre. Comprendendo che il cristianesimo borghese, della tranquillità, non è vero cristianesimo. Capendo, col sentimento, con l’intelligenza e con la volontà, che il nostro modello è invece - ieri, oggi e sempre - Gesù Cristo.
Venuto in povertà per i poveri. Nella periferia del mondo. Perché è qui che, realmente, si loda e benedice il Signore, ringraziandolo e servendolo “cum grande humilitate” [4] !
Auguri !
Salvatore Scaglia, priore della F.l.d. - Palermo, 16-12-2007
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[1] M. Lemonnier o.p. , Storia della Chiesa, edizioni Istituto San Gaetano, Vicenza, 1981, pagg. 249-250.
[2] Cf. idem, ibidem, pag. 251.
[3] Mt XI, 8.
[4] Cf. Francesco d’Assisi, Cantico delle creature, chiusa.