Ma accanto al disagio provo un senso di stupore, che avverto attorno e che ci viene ricordato nonostante tutto dai bambini. Lo stupore di una notte di veglia: Natale è festa dello stupore, è ritorno a quello stupore di bambini che si meravigliano. Si meravigliano di fronte alla luce che rompe il buio, si meravigliano di fronte al racconto che li coinvolge e che rompe ogni distanza tra la vita ed il racconto.
Natale è notte di veglia che dice qualcosa di tutta la nostra vita. Vegliare per ascoltare un racconto: una parola che si racconta e si racconta in un bambino.
Ogni uomo e donna reca in sé un'attesa e anche noi siamo questa sera invitati a partire, ad ascoltare una voce che chiama, ad intraprendere un viaggio: Jalal Al-Din Rumi, mistico musulmano scrive nei suoi versi: "Anche se tu non hai piedi, scegli di viaggiare in te stesso, come miniera di rubini sii aperto all'influsso dei raggi del sole. O uomo! Viaggia da te stesso in te stesso, ché da simile viaggio la terra diventa purissimo oro".
C'è un viaggio che questa notte ci invita a compiere, un viaggio dentro le nostre attese, per imparare a leggerle e per cogliervi dentro una chiamata ed un'apertura. C'è un viaggio che sta dentro di noi, è un lasciare spazio al mettersi in cammino dentro: è questo il vegliare di questa sera, come chi, nel silenzio della notte, veglia.
E' un viaggio nella terra della nostra esistenza per scoprire che in questa terra c'è il raccontarsi di Dio, c'è la narrazione di Dio.
Natale può essere un'occasione per lasciare spazio al silenzio e al vegliare. Per lasciare spazio a domande che sono al cuore della nostra vita, per lasciare spazio a quei desideri, a quella ricerca che sta al centro del nostro cuore. Forse se già Natale fosse notte della domanda: se le nostre liturgie fossero apertura alle domande vere...
Moni Ovadia in una sua opera teatrale ricorda che secondo i maestri della ghematria ebraica (l'arte di trovare corrispondenze numeriche nei nomi e nelle parole) la parola 'Adam' corrisponde alla particella interrogativa 'che cosa?' “Da questa identità numerica i nostri maestri deducono che essere umano è colui che sa porre domande. Non chi dà risposte, ma chi sa porre domande. Perché chi pone domande apre alla produzione di senso, apre al futuro, dà alle generazioni avvenire la possibilità di intervenire, di esistere. Perché la domanda è quella che apre la questione, sollecita una risposta anche su questioni già apparentemente chiuse: si trova sempre una nuova domanda” (Perché no?, Bompiani, 1996, pag. 10).
Natale è questo incontro di Dio e Adam, il suo rendersi presente e vicino in Adam.
Forse Natale è occasione per respingere il grande relativismo dei tempi, quello presente in tutti i pensieri che relativizzano Dio e le grandi questioni della vita all'interno di un pensiero che assomiglia più ad una contabilità in cui tutto ritorna e tutto trova soluzione chiara e autoritativa piuttosto che ad un interrogarsi con l'inquietudine del credente che s'interroga e chiede al Signore come vivere la sua com-passione, nella ricerca e nell'invocazione.
Ma anche Natale può essere occasione di ascoltare un racconto: come bambini di lasciarci coinvolgere in un racconto: il racconto di questa sera ci dice che Dio si è raccontato in un bambino. Il racconto di questa sera ci parla di un avvicinarsi. C'è una tensione nel racconto tra la lontananza dell'imperatore che ordina un censimento - nella Bibbia il censimento è una sorta di atto idolatrico: si tratta di contare la propria potenza senza pensare che ogni forza viene solo da Dio che chiede non manifestazioni di potenza ma atti di affidamento - e la piccolezza di un bambino che racconta la vicinanza di Dio e della terra.
Gesù, ci dice Luca, nasce nella 'casa del pane': la 'mangiatoia' dove alla sua nascita questo bambino venne posto era probabilmente la grande borsa, la bisaccia, in cui si custodiva il pane, che accanto a quella dove si conservavano gli strumenti di lavoro, veniva caricata sull'asino nei percorsi del viaggio: il pane e il lavoro, l'essenziale della vita umana sulla terra. La presenza di Dio non si fa incontro a noi nel chiuso di luoghi separati, i palazzi o i templi della religione o del potere, o nei luoghi 'esclusivi' - o dell'esclusione - ma nella quotidianità delle cose della nostra esistenza. Cose che dicono le preoccupazioni e le relazioni della vita: pane e lavoro, il cammino e i percorsi di ogni giorno.
Gesù in questo racconto è presentato come pane buono, una vita che si fa pane. La' dove non c'era posto nell'alloggio un bambino nasce come pane condividendo la lontananza di tutti coloro che stanno fuori dell'alloggio. E' un racconto che ci parla di un congiungersi alle storie più lontane. E' un racconto che descrive tutta la vita di Gesù: il suo andare incontro e dire a chi pensava di essere fuori che la sua attesa e il suo cammino avevano un senso, trovavano in lui una mano che li prendeva ed accompagnava. Dovremmo riflettere oggi su tutto questo: in che modo oggi la comunità che si richiama a Gesù è luogo dove le attese umane, nella loro fragilità e nell'incertezza e immaturità trovano accoglienza, compagnia, le attese di chi è turbato nel confine tra la vita e la morte, le attese di chi vive la complessità dei sentimenti e degli affetti, le attese di chi nella sua vita vive le conseguenze di errori, di passi falsi, di offese arrecate ad altri? In che modo oggi l'annuncio di Gesù è portato non come adesione ad un gruppo ideologico o di potere, ma come accoglienza di chi è rifiutato in tanti modi dal vivere sociale? In che modo le comunità che a Gesù si rifanno sono luoghi in cui sentirsi a casa e non luoghi dell'esclusione e del rifiuto?
Questa notte può essere occasione di ascolto: lasciarsi prendere da uno stupore che diviene un lasciare spazio ai segni del passare di Dio che la vita, la più ordinaria con le sue gioie e i suoi dolori, reca con sè.
Ascolto di quell'annuncio che dice nella terra della nostra vita c'è un seme buono che germoglia cresce. Può essere occasione di incontro: tra le nostre attese e domande e Colui che è grembo e porto della nostra esistenza che si fa vicino e chiede di essere incontrato come bambino.
"Chi, alla mangiatoia,depone finalmente ogni violenza, ogni onore, ogni reputazione, ogni vanità, ogni superbia, ogni ostinazione, chi sta dalla parte degli umili e lascia Dio solo essere grande; chi, nel bambino nella mangiatoia, vede la magnificenza di Dio, proprio nell’umiliazione, costui festeggerà l’autentico Natale".
(Dietrich Bonhoeffer, Meditazioni sul Natale, Claudiana, 2004)
Alessandro Cortesi op - 25 Dicembre 2008