> CHI SIAMO

I Laici domenicani di Palermo costituiscono una Fraternita laica (di San Domenico; abbreviato: F.L.S.D.). Sono l'ex "Terz'Ordine", espressione e articolazione del più ampio Laicato domenicano, quale condizione del fedele cattolico impegnato a vivere, nel mondo (ossia non da ministro ordinato o soggetto di vita consacrata), il carisma di san Domenico di Caleruega - Spagna - (1170-1221; nell'immagine sopra, a sinistra, mentre adora la Croce - Beato Angelico, particolare, Firenze, museo di San Marco): preghiera, studio e predicazione.

La Fraternita palermitana si riunisce di norma due volte al mese (il 1° e il 3° Lunedì alle ore 21) presso il convento dei Padri domenicani, sito in via Bambinai n. 18 - c.a.p. 90133 - (dalla via Roma, zona Poste centrali; dal lungomare, rione San Pietro).

Scopo delle adunate è l'incontro fraterno unito alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, in funzione della predicazione: sia dei singoli sia del gruppo. Si punta così a formare dei laici adulti, capaci di permeare le realtà secolari con lo spirito cristiano (cf. , nel Concilio ecumenico Vaticano II, Lumen gentium, n. 31) secondo l'ideale domenicano.

Una sottolineatura è data anche alle tematiche attuali di Giustizia e Pace (cf. Costituzione fondamentale del laicato domenicano, n. 6), nella memoria operativa dei tanti che - nell'Ordine domenicano - si sono battuti per un mondo migliore, in cui la tranquillità universale (pace) non sia frutto di armistizi o silenzio delle armi, ma piuttosto del "dare continuamente a ciascuno il suo" diritto (giustizia).
D'altro canto chi ama veramente Cristo è chiamato a servirlo nei fratelli (cf. Matteo 25).

> L'IDENTITA' E LA STORIA

Il Laicato domenicano nasce in stretto collegamento con l'Ordine dei Predicatori (approvato da papa Onorio II nel 1217). Infatti, già agli albori della sua attività apostolica, a san Domenico (+ 1221) si uniscono dei laici (ossia delle persone che non sono nè chierici nè frati), che, come "famuli" o "donati", adempiono delle funzioni materiali, cioè di supporto a quelle dei frati. Così, un po' dappertutto, accanto ai conventi sorgono delle confraternite, rette da statuti peculiari e costituenti delle vere e proprie scuole di fede, preghiera e vita cristiana secondo lo spirito del fondatore. S'impone, dunque, la necessità di dare a tutte queste confraternite una regola generale. Ciò accade nel 1285 con il Maestro generale Munio di Zamora, che promulga la "Regola dei fratelli e delle sorelle dell'Ordine della Penitenza di S. Domenico, fondatore e padre dei Frati Predicatori". Esordisce, in questo modo e formalmente, il Laicato domenicano, che più tardi (secolo XV) assumerà il nome di "Terz'Ordine", a significare, appunto, la sua presenza dopo i Frati e le Monache. Secondo la Regola zamorana il candidato, "come figlio prediletto di S. Domenico nel Signore", dovrà essere "emulatore e ardente zelatore, secondo il proprio stato, della Verità della fede cattolica" (cf. Regola citata, n. 1). I laici domenicani, quindi, operano fin dall'inizio al servizio della Verità, che contemplano e annunciano agli altri (il loro scopo è "contemplari et contemplata aliis tradere", per dirla con san Tommaso d'Aquino). Contemplano, cioè, il Vangelo di Cristo con la preghiera e lo studio, e, senza estraniarsi completamente dal mondo (da "single" o sposati e nelle più varie occupazioni lavorative), si santificano e santificano il mondo, informandosi al carisma di Domenico (cf. Costituzione fondamentale, n. 2) e seguendo l'esempio di Caterina da Siena, patrona dei laici domenicani (cf. Costituzione cit. , n. 5). In quanto titolari di questo gravoso, ma suggestivo mandato, i laici di Domenico sono parte, a pieno titolo, della più ampia "Famiglia domenicana" (felice denominazione che, per decisione del Capitolo generale di Madonna dell'Arco (NA) - 1974 -, sostituisce quelle obsolete di "Primo, Secondo e Terzo Ordine").

> LA SPIRITUALITA'

L'attività dei laici di san Domenico è particolarmente importante per la Chiesa. Infatti, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II (1962-65), il laicato, come condizione di qualsiasi battezzato (che non sia ordinato nè religioso), viene riscoperto per la sua essenziale funzione di ordinazione a Dio delle realtà temporali (cf. la menzionata Lumen gentium, n. 31). I laici domenicani, tuttavia, hanno una tensione tutta speciale, sia per la loro vita spirituale (individuale e comunitaria), sia per il servizio a Dio e al prossimo, che, come detto, si sostanzia nella competente e coerente testimonianza della Verità di Cristo. Per il laico di Domenico, insomma, la più alta forma di carità consiste proprio nel "portare l'altro dalle tenebre dell'ignoranza alla luce della conoscenza" (Tommaso d'Aquino). A questo fine, i laici si incontrano periodicamente nella sede della Fraternita per esercitare un sano e caldo amore fraterno, ma anche per formarsi in dottrina (con l'esame della Scrittura e del Magistero ecclesiale), per pregare nonchè per organizzare la predicazione e le altre azioni caritative proprie dello spirito di Domenico (cf. nuovo Direttorio nazionale, nn. 18 e 24). Insieme costituiscono un'associazione di fedeli (Fraternita), "i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma" domenicano, "sotto l'alta direzione" dell'Ordine (cf. Codice di Diritto canonico, can. 303).

> I MAGGIORI LAICI DOMENICANI

Foltissima è la schiera dei laici domenicani, che hanno fatto la storia della Chiesa e della Società civile. I più noti sono certamente la nominata Caterina (+ 1380), patrona dei laici predicatori, dottore della Chiesa ed ispiratrice del ritorno del Papa a Roma dalla "cattività avignonese"; santa Rosa da Lima (+1617), patrona dell'America latina; i beati Pier Giorgio Frassati (+1925) e Bartolo Longo (+ 1926), istitutore del santuario mariano di Pompei; Giovanni Acquaderni (+ 1922), fondatore dell'Azione cattolica italiana; Titina De Filippo (+ 1963), attrice; Giorgio La Pira (+1977), politico; Aldo Moro (+ 1978), statista; i futuri papi Benedetto XV (+ 1922) e Pio XII (+ 1958); don Luigi Sturzo (+ 1950), creatore del Partito popolare; nonchè don Giacomo Alberione (+ 1971), fondatore della Famiglia paolina.
Su La Pira e Sturzo sono stati recentemente aperti, a Firenze e a Roma, processi diocesani super virtutibus.
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Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino

Benedetto XVI RINUNCIA al mandato petrino
Permanere "usque ad mortem" sul Soglio pontificio può essere una sorta di martirio (come dimostra la recente testimonianza di Giovanni Paolo II). Tuttavia, secondo il tradizionale insegnamento della Chiesa, non tutti sono chiamati al martirio e dunque non si può censurare (del resto non lo fa nemmeno la legge canonica, che prevede e disciplina la rinuncia al mandato petrino !) il Papa che, responsabilmente e coscientemente davanti a Dio (come ha dichiarato Benedetto XVI), si dimette.
VIVA BENEDETTO XVI, Papa dotto, mite e capace di atti importantissimi (tra cui l'aver dato norme severe contro la pedofilia e il riciclaggio del denaro, in cui era coinvolto lo IOR).
Ma VIVA SOPRATTUTTO LA CHIESA CATTOLICA, nella quale PERMANENTE non è la figura dell'uomo, persino il santo, che rimane ministro (ossia servitore), ma di GESU' CRISTO NOSTRO SIGNORE, che l'ha fondata e la continua a governare fino alla fine dei tempi.
Perchè SU DI ESSA, come promesso dallo stesso Signore, LE PORTE DEGLI INFERI "NON PRAEVALEBUNT" !
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Sulla manovra economica, DALLA PARTE DEGLI ULTIMI

La manovra economica in discussione alla Camera colpisce, non per la prima volta, le famiglie e le persone più deboli.

In un contesto economico-sociale assai critico - in cui la famiglia è obbiettivamente alla base del welfare italiano, tamponando le insufficienze delle istituzioni pubbliche, centrali e locali, circa i giovani disoccupati, gli anziani e gli ammalati - ci indignano i tagli lineari delle agevolazioni fiscali, seppur per il 2013-2014, riguardanti persino i figli a carico e le spese sanitarie. Ma anche la stabilizzazione, per l’immediato, degli aumenti provvisori delle accise sui carburanti, che porta complessivamente le tasse sul carburante al livello più alto dal 1995, è una ver’e propria stangata per consumatori e imprese.

Ci appare, peraltro, paradossale che chi ha chiesto ed ottenuto il consenso elettorale promettendo « meno tasse per tutti » oggi non riesca a calibrare diversamente questa manovra, pur indispensabile per la tenuta dei conti italiani secondo i parametri dell’Unione europea.

Se, quindi, come ha dichiarato in queste ore lo stesso Ministro dell’economia, « la salvezza arriva dalla politica » e « la politica non può fare errori », auspichiamo una modifica sostanziale, se non sui numeri, sui primi destinatari della manovra stessa, che rischia di impoverire ulteriormente il c.d. ceto medio, dando l’impressione di risparmiare i ricchi di un Paese, in cui il 10% delle famiglie possiede il 44% della ricchezza nazionale.

Pertanto, si attivino specialmente quanti in Parlamento si dicono credenti, ricordando che per « l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò - dice il Signore - » e « metterò in salvo chi è disprezzato » (Salmo 11, 6).

Commissione Nazionale della Famiglia Domenicana Giustizia Pace e Creato

Roma, 15-7-2011

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X GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana ha organizzato, a Bergamo, il 27 Novembre 2010, la X Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Per un'economia centrata sulla vita. Morti bianche, conti in rosso. I colori della crisi economica nel mondo del lavoro.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace:


A questo link, invece, qualche foto dell'evento:


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APPELLO al Papa per Padre Pino PUGLISI MARTIRE

Clicca qui sotto per firmare, eventualmente indicando una motivazione e l'associazione di appartenenza:

http://diamounsegno.wordpress.com/2010/09/25/don_pino_puglisi_martire/comment-page-1/#comments
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A Palermo dalla parte di lavavetri e senzatetto

E' appena entrata in vigore un'ordinanza del Sindaco di Palermo che prevede un'aspra sanzione pecuniaria, tra l'altro, nei confronti dei lavavetri ai semafori delle strade e di persone senza fissa dimora sorprese a bivaccare (sic). Il provvedimento ritiene che le loro attività creino problemi di ordine pubblico: l'intento è dunque quello - ha dichiarato il Sindaco - di "migliorare la qualità della vita dei cittadini", rispondendo "anche ad un sentire comune".

Tuttavia è paradossale che, in una città in cui la violazione delle regole è all'ordine del giorno, si chiamino a rispondere di comportamenti illeciti i poveri, quali sono le persone umane che chiedono qualche centesimo agli incroci o, in mancanza di un'abitazione, si sistemano a dormire tra improvvisati cartoni e coperte. In un momento in cui, secondo i dati Istat, la disoccupazione dilaga e si allargano le aree di povertà nella città, questa misura è davvero sorprendente, anche perchè rischia di consegnare uomini e donne che vivono di espedienti alla commissione di veri e propri reati, se non alla mercè della criminalità organizzata.

La decisione, in ogni caso, non risponde affatto al nostro sentire di cittadini e di cristiani, che anzi affermano con forza come una vita migliore per Palermo sarebbe, non già quella in cui gli indigenti siano resi invisibili, togliendo dagli occhi di chiunque lo scandalo della miseria, bensì quella intessuta di attenzione, da parte di ciascuno, ai bisogni degli ultimi, in nome di una reale solidarietà e giustizia.


Palermo, 24 Settembre 2010 (pubblicato su La Sicilia - Palermo del 5-10-2010, p. 33)



Fra' Graziano Bruno o.f.m., Giustizia Pace Integrità del creato - Sicilia

Fra' Giovanni Calcara o.p., Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione

Salvatore Scaglia, Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia domenicana

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Il Papa a Palermo e le polemiche

In questi giorni abbondano le polemiche circa le spese relative alla visita di Benedetto XVI a Palermo, prevista per i primi di Ottobre.
Polemiche - al di là del loro fondamento - sovente strumentali perchè agitate, per fastidio preconcetto, contro la Chiesa cattolica. Ma, rispetto alle quali, persino qualche autorevole replica non è stata del tutto felice, avendo fatto un riferimento - generale - a cene di magistrati sotto scorta, in una città che ha visto letteralmente dilaniati diversi operatori di giustizia con le loro tutele e in cui diversi continuano a rischiare davvero le loro vite.
In questo contesto di sterili contrapposizioni, io scelgo una parte sicura: quella del Vangelo: ‎"Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" " (Matteo 16, 16-18).
E' dunque la fede ("nè la carne nè il sangue") a far credere in Cristo-Salvatore e dunque nella Chiesa, ossia l'assemblea dei fedeli, da Lui fondata.
Ma sto anche con la Costituzione. Dovrebbe essere quindi espressione di autentica laicità (intesa come pluralismo confessionale e culturale, per dirla con le sentenze della Corte costituzionale), visto che questa terra è di tutti, consentire ai molti credenti - che accorreranno a Palermo non solo dalla provincia - di ascoltare le parole del Successore di Pietro.
Il quale peraltro, quando parla dell'uomo, che dovrebbe stare a cuore a tutti quanti, si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà: credenti o non; che ascoltino o non ascoltino.

Salvatore Scaglia
Presidente dei Laici domenicani di Palermo

13 Settembre 2010 (pubblicato su Avvenire del 16-9-2010, p. 33)
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Sulla promozione INTEGRALE della persona umana

Le recentissime posizioni con cui i neo Presidenti del Piemonte e del Veneto, Cota e Zaia, intendono contrastare l'aborto, se in sè e per sè sono buone, stridono nettamente con il trattamento che gli stessi, assieme ad esponenti non solo della Lega Nord, riservano agli immigrati irregolari. Spesso questi - se li si incontra personalmente - sono poveri in fuga da guerre civili o da gravi disordini sociali; disperati che meritano accoglienza e non criminalizzazione. Come si può dunque attribuire dignità di vita umana - giustamente - all'embrione ed essere, nel contempo, draconiani, ormai anche mediante norme giuridiche, nei confronti di queste persone ?
"Ero forestiero e mi avete ospitato", recita il Vangelo di Matteo (25, 35). Ma anche l'Antico testamento è nutrito di passi come: "non maltratterai lo straniero e non lo opprimerai, perchè anche voi foste stranieri nel paese d'Egitto" (Esodo 22, 21). Peraltro moltissimi italiani sono stati, e sono tuttora, emigranti. O si è cristiani sempre, quindi, o non lo si è mai, a meno di realizzare mere strumentalizzazioni politiche, che nulla hanno a che spartire con la vera Legge di Cristo.

2 Aprile 2010 - Passione del Signore

- Fra' Graziano Bruno o.f.m., Moderatore di Giustizia e Pace dei Frati minori per la Sicilia
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione - Sicilia
- Salvatore Scaglia, Commissione nazionale domenicana di Giustizia e Pace
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NESSUNO, se non Dio Padre, CONOSCE il tempo del RITORNO DI CRISTO !

Si fanno sempre più consistenti, sui vari mezzi di comunicazione sociale, dicerie circa un imminente ritorno di Gesù. Ne può così derivare paura, rassegnazione, pessimismo cosmico, deresponsabilizzazione personale o consumazione edonistica dell'esistenza.
Tuttavia il VANGELO odierno (Domenica 15 Novembre 2009) fa piazza pulita dei FALSI PROFETI, che, ieri come oggi, pretendono di conoscere il momento della SECONDA VENUTA DI CRISTO (c.d. parusìa): "Gesù disse ai suoi discepoli: « In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. [...] Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre » " (Marco 13, 24-32, passim).

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IX GIORNATA per l'IMPEGNO e la SOLIDARIETA'

La Commissione nazionale di Giustizia, Pace e Creato della Famiglia domenicana organizza, a Bari, dal 27 al 29 Novembre 2009, la IX Giornata per l'impegno e la solidarietà, sul tema Legalità.

Qui il programma ed altri materiali su temi attuali di Giustizia e Pace: http://www.giustiziaepace.org/ .
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PREDICAZIONE. 23-10-11. Commento alla Sacra Scrittura

23-10-2011 - XXX Domenica del tempo ordinario - Anno A

Es 22,20-26; Sal 17; 1Tess 1,5c-10; Mt 22,34-40

Omelia

"Così dice il Signore: non molesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra d'Egitto. Non maltratterai la vedova o l'orfano..."

In questa pagina sono riportate alcune prescrizioni della più antica legge, il codice dell’alleanza. Tutta la legge in Israele ha come obiettivo il risvegliare le dimensioni più profonde del cuore umano, in una parola alcuni grandi orizzonti di umanità a cui tutti siamo chiamati. Restituire al povero il suo mantello prima che scenda la notte è un gesto che dice compassione prima di qualsiasi altra valutazione. Anche se è un debitore prima di tutto è un uomo e questo gesto è manifestazione del tener conto che altrimenti egli non potrà dormire. Pur dovendo pagare un debito è un volto da accogliere, in cui riconoscere le necessità fondamentali, da trattare con umanità.

Così il non opprimere lo straniero è indicazione per considerare che lo straniero è un uomo in condizione di difficoltà e di povertà. Il volto dello straniero diviene nella legge d’Israele il luogo di una duplice memoria. E’ memoria innanzitutto della propria identità: anche Israele è stato schiavo e straniero in Egitto. Lì, nella condizione della schiavitù ha scoperto la presenza di un Dio vicino che ascolta il grido di chi è oppresso, si china sul povero e ama lo straniero. Per questo il volto dello straniero è memoria delle proprie radici e della propria storia per Israele, ma anche memoria per ogni comunità umana. Ed è così appello a vivere il medesimo agire che Dio ha compiuto verso il popolo povero e straniero. Ma lo straniero è anche memoria di Dio stesso: il suo volto ricorda che Dio non è un possesso di qualcuno ed il rapporto con Lui passa attraverso l’ospitalità nei confronti dell’altro. Dio ama lo straniero. Credere in Lui comporta assumere nella propria esistenza l’orientamento del suo agire: Dio difende coloro che non hanno appoggi e sicurezze, la vedova l’orfano e il forestiero. Così amare Dio si concretizza nella cura per l’altro, per chi è più debole. Non c’è contrapposizione o differenza tra amare Dio e amare l’altro, nella gratuità del dono di sè. Sta qui uno degli aspetti più profondi della spiritualità ebraica che Gesù accoglie e porta a radicalità: ed è anche uno tra gli aspetti meno compresi quando si oppone amore di Dio e amore dell’uomo.

"voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia"

Paolo scrive alla comunità di Tessalonica e ne loda la fede, anche se è una comunità in cammino, con tante fatiche e dubbi. Loda questo piccolo gruppo di persone, che riconosce come chiesa di Dio presente in quella città, perché affrontano le prove ponendo al centro della loro vita la Parola di Dio e l’hanno accolta con quella gioia che viene dallo Spirito. L’esperienza della piccola comunità di Tessalonica presenta un paradosso: nella prova trova la possibilità di una gioia che non è spensieratezza ma serenità profonda, affidamento all’operare dello Spirito nei cuori. E’ una comunità in cammino che sta seguendo l’esempio di Paolo e quello del Signore Gesù. Poche parole queste che offrono alcune pennellate sull’essenziale della vita di una comunità cristiana, al di là di tanti orpelli ed elementi che forse sono un sovrappiù, o addirittura distolgono da ciò che più conta: seguire Gesù, il suo esempio, e lasciarsi cambiare dall’esperienza dello Spirito.

"Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... il secondo poi è simile al primo Amerai il prossimo tuo come te stesso"

Gesù è ancora interrogato da chi non intende avvicinarsi a lui per ascoltarlo, ma per metterlo alla prova. Questa volta si tratta di uno scriba. La domanda verte sul 'grande comandamento'. E' una sfida perché Gesù prenda posizione a favore o contro nel dibattito tra scuole religiose, nelle quali il dibattito sembra essere fine a se stesso e non cambia la vita. Gesù non si sottrae, ma anziché parlare di un comandamento ne indica due; pone insieme due comandamenti che già erano presenti nella tradizione ebraica. Amare Dio con tutto il cuore è il primo, ma ce n'è un secondo 'simile al primo'. La sua parola riporta la questione dai dibattiti di scuola alla dimensione della vita. E forse si può anche intravedere tra le righe come egli indichi anche un terzo comandamento, perché per amare il prossimo è necessario passare attraverso una giusta comprensione di cosa significhi 'amare se stessi': "amerai il prossimo come te stesso". C'è un 'come' che porta a guardare dentro se stessi, scoprendo che la nostra più profonda identità è apertura all’incontro e alla relazione. Amando gli altri si fiorisce nelle dimensioni più profonde del proprio essere si ama anche se stessi e così l’attenzione a sé apre al dono e al servizio.

Al primo posto sta il rivolgersi a Dio con una attitudine particolare: c'è una totalità di coinvolgimento che è richiesta: 'con tutto il tuo cuore'. Non solo alcuni settori marginali della vita. Incontrare Dio significa metterlo al centro della vita, riferimento delle scelte in tutti i momenti. Negli aspetti quotidiani e ordinari della vita. E’ un cammino, un orientamento della vita che non è mai raggiunto completamente e sempre si apre ad un di più.

Ma il problema è anche: quale Dio amare con tutto il cuore? Amare Dio che non vedi si attua nell’amare il prossimo che vedi. Si verifica quindi nella cura e nell'attenzione concreta e situata per qualcuno, con il suo volto, con la sua storia. Amare Dio non è cosa lontana lassù in cielo, ma incontra la nostra quotidianità, si fa orientamento di vita sulla terra: non c’è amore di Dio che non passa per l’amore all’altro. Gesù porta a considerare che Dio da amare è il Padre che ha cura e compassione delle persone nella loro individualità e concretezza. Ogni persona che si china sull’altro, chi dedica tempo fatiche competenze per i piccoli e i poveri, chi cerca di costruire una storia di pace, ha un cuore aperto a quell’amore di Dio che si verifica nell’amore per l’altro considerato non nemico ma prossimo.

Dalla Parola alla preghiera

Donaci Signore di vivere tutti i momenti e tutte le situazioni con un cuore capace di attenzione e compassione verso gli altri

In un tempo segnato dall’incrociarsi di popoli e culture e dalla presenza di stranieri nelle nostre città, donaci Signore di essere aperti alla cura e all’attenzione soprattutto verso gli stranieri poveri

Fa’ crescere in noi Signore la passione e l’impegno per costruire comunità, anche laddove è difficile e dove sembra non ci sia speranza

Fa che il nostro amore sia concreto e fattivo: donaci di amare te con tutto il cuore nello spenderci per gli altri, guidaci a crescere in un amore che sappia rispettare gli altri e li faccia sentire accolti.

La Parola dei Padri

“Quando infatti egli dice: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza" (Mc 12,30), vuole che mai ci sciogliamo dai vincoli del suo amore. E quando con questo precetto del prossimo (cfr. Mc 12,31 ss.) congiunge strettamente la carità, ci prescrive l’imitazione della sua bontà, affinché amiamo ciò che egli ama, e ci occupiamo di ciò di cui egli si occupa. Sebbene infatti siamo "il campo di Dio e l’edificio di Dio" (1Cor 3,9), e "ne chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere" (1Cor 3,7), tuttavia esige in tutto il servizio del nostro ministero, e vuole che siamo dispensatori dei suoi doni, affinché colui che porta "l’immagine di Dio" (cf. Gen 1,27), faccia la sua volontà”.

(Leone Magno, Tractatus 90,3-4)

Uno spunto da…

“I dati della questione morale rendono ardua e infuocata – rossa di vergogna o di collera – quella che Hegel chiamava la preghiera mattutina del cittadino, la lettura di giornali. Corruzione a tutti i livelli della vita economica, civile e politica. La pratica endemica degli scambi di favori a tutti i livelli: cariche pubbliche a figli e amanti, lo scambio di carriere politiche contro favori privati, i concorsi pubblici (quelli universitari per esempio) decisi sulla base di accordi fra gruppi di persone o cordate – quando non addirittura di parentele – e non su quella del merito., lo sfruttamento di risorse pubbliche a vantaggio di interessi privati, il familismo, il clientelismo, le caste, la diffusa mafiosità dei comportamenti, la vera e propria penetrazione delle mafie in tutto il tessuto economico e nelle istituzioni, la perdita stessa del senso delle istituzioni da parte dei governanti. La discesa in campo politico dell’interesse affaristico che si fa partito e prostituisce il nome di ‘libertà’ a indicare il disprezzo di ogni regola che possa frenare o limitare la libido di ‘un potere enorme’ – letteralmente e-norme, sottratto a ogni norma di civiltà e diritto. (…) E infine una sorprendente maggioranza degli italiani che approva, sostiene e nutre questa impresa, e collabora passivamente e attivamente a dissipare, insieme, la migliore eredità morale e civile e il patrimonio di bellezza e cultura del nostro Paese. Ciliegina sulla triste torta, l’alleanza delle gerarchie ecclesiastiche romane e di molto associazionismo cattolico con questo programma di disgregazione di ogni minima virtù di cittadinanza …” (pp.11-12)

Il quadro descritto da Roberta De Monticelli della situazione sociale del nostro Paese è realistico, crudo e sconfortante. Nel suo libro La questione morale (ed. Raffaello Cortina 2010) non si limita a tratteggiare il quadro desolante della condizione morale attuale dell’Italia. Ne ricerca le radici; si addentra nell’individuare quell’attitudine che caratterizza lo spirito degli italiani e che venne presentata da un grande classico, Francesco Guicciardini, nei suoi Ricordi. Guicciardini elencando una serie di realistici precetti – il farsi amici dei potenti, attuare la doppiezza, dare risposte sempre generiche, fare ogni cosa per apparire solamente, proclamare bugie anche insostentibili con la fiducia che a forza di ripeterle diventino verità - descrive un codice che vede il suo fondamento sull’interesse ‘particulare’, su quel cinismo che denota l’incapacità di passare dalla condizione di sudditi a quella di cittadini e di uscire da uno stato di minorità. Tre secoli dopo Giacomo Leopardi nel suo Discorso sopra lo stato presente de’ costumi degli italiani, del 1824, descrive uno stile di vita segnato dall’indifferenza e da “un pieno e continuo cinismo d’animo, di pensiero… dove il più savio partito è quello di ridere indistintamente d’ogni cosa e di ognuno, incominciando da se medesimo” (cit. p. 40). Uno sguardo sull’oggi riporta a considerazioni analoghe.

La De Monticelli osserva come l’individualità adulta si contrappone ad un concetto di individuo e di morale utilizzati oggi come concetti da rigettare e disprezzati come individualismo e moralismo. Scrive infatti: “… l’individualità delle persone moralmente adulte non solo non si oppone affatto, ma è fondamento e perno dell’universalità delle leggi e in particolare dell’universalità del dovere morale, che è il dovuto da ciascuno a tutti. Invece il ‘particulare’… - la diffusa volontà di partecipare al privilegio, all’eccezione, al favoritismo – si oppone precisamente all’approfondimento della propria responsabilità individuale nei confronti di tutti. L’uomo del particolare sembra destinato alla minorità morale e civile” (p. 55).

Il saggio si inoltra così alla ricerca di un approfondimento della questione morale, non solo con sguardo alla storia italiana, ma nella considerazione del pensiero europeo del ‘900. In questa impegnativa parte del saggio, in vari autori e correnti filosofiche è riscontrata la linea di uno scetticismo pratico che innerva oggi la vita politica del nostro Paese. La domanda fondamentale che percorre la ricerca è se ci si debba piegare ad una sorta di scetticismo nell’ambito della questione morale, nella ricerca di un fondamento alle scelte relative alla ragione pratica, oppure se una via diversa sia possibile e sia da percorrere. Nel saggio si contrasta la visione che scinde questione etica e questione politica per cui l’etica è etica e la politica è politica e chi si pone in un orizzonte di giustizia e moralità deve entrare in monastero ma non fare politica. La questione morale infatti diviene questione politica nell’indicazione di percorsi di convivenza ed è possibile ‘tornare a respirare’ se si intraprende la via di una riscoperta della autonomia morale - ben diversa dalla logica del particolare – nella prospettiva di una vita che faccia emergere l’identità più profonda di una persona nel suo agire, nello fatica della scelta e della responsabilità. Sono così offerti così alcuni orientamenti: “la minorità, e anche l’imbarbarimento morale e civile si combattono risvegliando le coscienze alla serietà dell’esperienza morale, che in ogni individuo deve rinnovarsi, cioè farsi esperienza sempre nuova delle scoperte sulle quali la nostra società si è edificata, pena l’imbarbarimento” (p.180). La linea che la De Monticelli suggerisce è una ripresa della via esigente suggerita da Socrate che guidava a chiedersi ‘perché’ e provocava ad un percorso non per via di autorità, ma per via di scoperta interiore e di giustificazione delle proprie scelte davanti agli altri. Socrate richiama come fonte della morale non è la tradizione la religione o il mito ma la reazione di fronte al male che si percepisce, di fronte ai torti subiti, o percepiti nelle vittime del male. “Spetta a ciascuno di noi riprendere, anche nel vasto regno dell’etica, del diritto, della politica – la via di Socrate. Quello che il nostro triste presente ci insegna, è che delle personalità morali in definitiva, una comunità può fare a meno. Con la banalità del male cresce la banalità della chiacchera quotidiana, del ‘pensiero’ che riesce a imporsi ai media, perfino la banalità del dissenso, dell’opposizione politica. La fondazione della civiltà sulla coscienza e ragionevolezza degli individui liberi e responsabili è cosa recente – e fragilissima. Non c’era ancora ai tempi del Guicciardini – e se continuiamo in questo modo potrà non esserci più, nella nostra tarda e sconfitta modernità” (p.186).

Le pagine di questo testo invitano a riflettere innanzitutto sulla serietà della nostra esperienza morale in quanto la nostra coscienza è aperta al vero, e per questo anche può e deve rinnovarsi correggersi e crescere. E in secondo luogo la ricerca di norme per la vita di cittadini e non di sudditi non può derivare da tradizione, da autorità religiose e tanto meno dalla forza, ma si pone come esigenza di rinnovamento morale delle persone che si ponga nello spazio dei meccanismi di una democrazia costituzionale.

Dalla Parola alla vita

E’ una notizia minore di fronte alle tante che coprono le prime pagine dei giornali eppure parla dell’unità di amore di Dio e del prossimo, parla della testimonianza di chi non appare ma vive il quotidiano come preparazione del regno:

“Se c’è un tratto, infatti, che colpiva di padre Fausto è proprio la «semplicità evangelica» di cui parla Benedetto XVI. Da buon brianzolo, era un uomo concreto: non amava mettersi in mostra, per lui l’importante era mostrare, con le opere più che con le parole, che un’autentica liberazione dall’oppressione è possibile, per chi si mette alla scuola del Vangelo.

Aveva trovato nell’Arakan Valley, una località sperduta di Mindanao, il luogo dove testimoniare la sua passione per Cristo e dove provare a costruire una risposta evangelicamente alternativa all’economia dello sfruttamento e dell’ingordigia.

Dopo lunghi anni di servizio gomito a gomito con i tribali del luogo, era riuscito a formare e organizzare le piccole comunità manobo, disperse tra colline e montagne. Sapeva bene che tale impegno significava dare fastidio. Il suo anziano confratello Peter Geremia – che per anni si è dedicato alla causa dei tribali, sfidando anche autorità e tribunali – nel passargli il testimone l’aveva messo in guardia: perseguire la giustizia, in un contesto arroventato come quello, vuol dire fronteggiare interessi nemmeno troppo occulti, poteri davvero forti. E soprattutto passare, inevitabilmente, per guastafeste. Perché chi vorrebbe portar via le terre ancestrali ai loro legittimi possessori non va molto per il sottile, quando si tratta di raggiungere l’obiettivo”. (G.Fazzini, La semplicità evangelica che arriva fino al martirio, Avvenire 18 ottobre 2011)

“Fausto Tentorio aveva 59 anni, ed era originario di Santa Maria Hoé, presso Lecco, dove vivono ancora i familiari. Il fratello Felice lo ricorda con commozione: ’Ho chiesto ai suoi collaboratori quale poteva essere la spiegazione di un gesto tanto crudele. Mi hanno detto che non risultavano essere giunte minacce. Pensano che l'omicidio sia legato a vecchi rancori, dovuti al suo impegno a favore delle popolazioni locali. Fausto ha sempre difeso gli abitanti della zona dai latifondisti che volevano espropriare i terreni’. (…)

Nella zona di Arakan, sull’isola di Mindanao, vivono gli indigeni di etnia Lumad, in lotta per il riconoscimento dei loro diritti sulle terre ancestrali, che sono sotto costante attacco di compagnie minerarie quali l’anglo-svizzera Xstrata, interessate all’oro e altri metalli del sottosuolo. Padre Pops era per i Lumad un medico e un maestro di scuola, più ancora che un prete. Tutti lo ricordano per le battaglie condotte a viso aperto, senza paura di dire quello che pensava. ‘È chiaro che l’esercito governa questo Paese -disse l’anno scorso ad un convegno-. Finché le forze armate non si sottometteranno al governo civile, non ci sarà pace per le singole comunità’. Tentorio aveva messo il dito nella piaga della politica filippina. (…)

Chiesa dai due volti quella filippina. Arroccata ai piani alti intorno alla difesa di posizioni ultraconservatici nella sfera dei comportamenti privati e sociali. Ma schierata al fianco dei deboli attraverso l’azione di molti sacerdoti simili al missionario italiano assassinato ad Arakan”.

(G.Bertinetto, Padre Fausto ucciso dai killer nelle Filippine dei latifondisti, L’Unità 18 ottobre 2011)

Alessandro Cortesi op

I DOMENICANI del Meridione E LE SFIDE di oggi (Giustizia e Pace)

Al link sotto indicato si può trovare il recente comunicato di Giustizia e Pace, formulato dai Frati Domenicani del Meridione d'Italia sulle urgenze del nostro Paese.

Palermo, 10 Agosto 2009

http://groups.google.it/group/giustizia-pace-integrita-del-creato/browse_thread/thread/983c4859fa3e215b?hl=it
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IL POVERO NON E' UN CRIMINALE

Leggi qui http://www.giustiziaepace.it/index.php?option=com_content&view=article&id=63:il-povero-non-e-un-criminale&catid=9:relazioni-interne&Itemid=4 il comunicato che
, quali cittadini e cristiani,
abbiamo emesso in relazione a talune norme del disegno di legge c.d. sulla sicurezza, da poco approvato dal Senato della Repubblica.

Palermo, 7 Febbraio 2009

- Fra' Graziano Bruno o.f.m. , Moderatore di Giustizia e Pace per la Sicilia dei Frati Minori
- Francesco Lo Cascio, Movimento Internazionale per la Riconciliazione
- Salvatore Scaglia
, componente della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Famiglia Domenicana

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PETIZIONE contro la PEDOFILIA

Già i Romani avvertivano che "debetur puero maxima reverentia". Gesù Cristo, poi, è perentorio: "chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli [...], meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in fondo al mare" (Matteo 18, 6).

Firmiamo dunque in massa la petizione internazionale contro la pedofilia (sul sito sotto indicato), promossa dall'associazione Meter di Fortunato Di Noto, sacerdote di Avola (SR), da anni impegnato sul fronte della tutela dei bambini.

http://www.associazionemeter.org/index.php?option=com_content&task=view&id=63&Itemid=68

Palermo, 28 Settembre 2008
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La chiesa di san Domenico a Palermo (pantheon dei siciliani illustri): nell'annesso convento - sul retro - si incontra la F.L.S.D.

L'obelisco dell'Immacolata, davanti alla chiesa, e il simulacro della Madonna del Rosario, all'interno, attribuito a Girolamo Bagnasco (prima metà XIX sec.)

Laici domenicani di Palermo e Catania a Caltanissetta, con la calotta cranica di San Domenico, nel Maggio 2009

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