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27-9-09 - XXVI Domenica del tempo ordinario - Anno B
Num 11,25-29; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48
“Mosè gli disse: Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito”
La pagina dal libro dei Numeri è stupenda la narrazione di un episodio nel deserto durante il cammino dell'Esodo: Mosè si era scelto settanta uomini fra gli anziani di Israele perché lo aiutassero nel condurre e guidare il popolo. Per la loro missione essi ricevettero il dono dello Spirito di Dio, lo spirito di profezia. Ma Eldad e Medad che non erano nel numero dei settanta anziani furono investiti dallo spirito e 'si misero a profetizzare nell'accampamento'. Questa sorpresa e novità suscitò indignazione: Giosuè si recò da Mosè ad indicare la cosa. "Ma Mosè gli rispose: Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito!".
Mosè nella sua risposta spalanca il cuore alla consapevolezza della libertà dello Spirito e alla necessità di entrare in questa libertà: non si può racchiudere lo Spirito e soffocare la sua iniziativa nei nostri ristretti schemi e nella nostra pretesa di dominare l'agire di Dio nella storia. Mosè indica l'atteggiamento di accoglienza e di disponibilità per quanto lo Spirito nella sua creatività suscita anche al di fuori delle appartenenze visibili e costituite. Indica la promessa e la speranza che tutti siano profeti nel popolo del Signore, cioè testimoni e portatori della Parola che è sempre nuova e spinge sempre oltre. Mosè vede nella profezia di Eldad e Medad la chiamata e l'azione dello Spirito che soffia dove vuole. Potremmo trovare in queste parole l'indicazione di una comunità in cui la responsabilità della profezia, della fedeltà alla Parola sia riconosciuta in ogni suo membro. Applicando alla chiesa questa riflessione potremmo così dire: “La chiesa non succede a Cristo. Nasce in permanenza da lui. Ha la sua fonte sempre nuva in lui, nel sacrificio e nell’offerta della croce, nella vittoria della sua risurrezione, nel dono del suo Spirito santo… anche la Chiesa, a modo suo, è come una creazione continua di Dio. Persino, e forse soprattutto quando si logora e invecchia, non cessa di essere chiamata a nascere e rinascere da lui…” (C.Dagens, Libera e presente. La chiesa nella società secolarizzata, EDB 2009, 74-75)
“’Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva’. Ma Gesù disse: ‘Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi’”.
Ai discepoli preoccupati perché qualcuno agise ma ‘non era dei nostri', Gesù risponde "Chi non è contro di noi è per noi. Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa".
Anche i discepoli di Gesù non riconoscevano come 'uno dei nostri' colui che scacciava i demoni, che agiva attuando liberazione di chi era oppresso. Lo Spirito agisce con libertà e a noi è richiesta l'attitudine a saper riconoscere i segni della sua presenza a non vivere nella paura ma nella apertura ad accogliere la sua iniziativa anche in persone e nei movimenti storici che non riconoscono esplicitamente il riferimento a Cristo.
La vita al seguito di Cristo si riconosce non tanto da proclamazioni esteriori o gesti di culto, piuttosto nel quotidiano dell'esistenza: un bicchiere d'acqua dato nel suo nome non andrà perduto e in ogni gesto che ha alla sua radice il dono è presente la comunicazione del Dio della gratuità. Le chiamate dello Spirito giungono dai gesti anche di chi cristiano non è e ci invitano a rimanere come coloro che sono a servizio dell'agire di Dio nella storia, e in ascolto umile aperti a quei passaggi di novità che furono esperienza anche delle prime comunità. Nessuno può avanzare la pretesa di avere il monopolio della salvezza. Gesù invita poi a tagliare tutto ciò che può essere di impedimento e di inciampo (scandalo) a chi è piccolo, cioè coloro che sono più più deboli nella fede. L’attenzione per questi ‘piccoli’ è segno di un modo di pensare alla fede non come percorso individuale che può aprire a forme di orgoglio, ma come vicenda comunitaria in cui ognuno deve farsi carico dell’altro. Rompere con ogni occasione di male e di peccato è un movimento in cui perdersi per ritrovarsi. Anche nella vita personale c’è la dimensione dello scandalo: ‘se la tua mano ti è motivo di scandalo tagliala’. Sono espressioni da leggere come immagini di richiamo ad una radicalità di orientamento e decisione nel togliere via tutto quello che impedisce di camminare nell’incontro con Lui e nella fedeltà alla chiamata del Padre verso il regno di Dio.
“Ecco il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente”
La lettera di Giacomo ha parole durissime per i ricchi che opprimono il giusto: non si può vivere nel disinteresse per gli altri ma ogni tesoro diverrà ruggine se non è inteso secondo la logica della responsabilità e della condivisione per gli altri e con i poveri. Nello stile della protesta profetica queste parole sono non tanto espressione di minaccia e di vendetta, presentazione del volto di un Dio vendicativo e giudice. Piuttosto si presentano come un accorato invito ad una revisione della propria vita e ad un cambiamento. C’è un modo sbagliato di vivere l’uso dei beni, secondo la logica dell’accumulo senza limite e nel disinteresse verso chi soffre. ‘Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni’. Eppure proprio la prospettiva degli ultimi giorni dovrebbe suscitare un comportamento diverso nel presente. Ciò che è considerato ricchezza e frutto di accumulo si trasformerà in ruggine che corrode la vita stessa e genera infelicità e morte.
E’ questa una pagina che letta nella situazione di ingiustizia che segna il nostro mondo, suscita un forte ripensamento sul nostro modo di vivere. E’ uno stimolo ad essere critici di fronte al mito di un benessere senza limiti, a pensare che siamo oggi chiamati ad operare un cambiamento radicale in vista di stili di vita segnati dalla sobrietà e dalla solidarietà.
Alessandro Cortesi op
Num 11,25-29; Gc 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48
“Mosè gli disse: Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito”
La pagina dal libro dei Numeri è stupenda la narrazione di un episodio nel deserto durante il cammino dell'Esodo: Mosè si era scelto settanta uomini fra gli anziani di Israele perché lo aiutassero nel condurre e guidare il popolo. Per la loro missione essi ricevettero il dono dello Spirito di Dio, lo spirito di profezia. Ma Eldad e Medad che non erano nel numero dei settanta anziani furono investiti dallo spirito e 'si misero a profetizzare nell'accampamento'. Questa sorpresa e novità suscitò indignazione: Giosuè si recò da Mosè ad indicare la cosa. "Ma Mosè gli rispose: Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito!".
Mosè nella sua risposta spalanca il cuore alla consapevolezza della libertà dello Spirito e alla necessità di entrare in questa libertà: non si può racchiudere lo Spirito e soffocare la sua iniziativa nei nostri ristretti schemi e nella nostra pretesa di dominare l'agire di Dio nella storia. Mosè indica l'atteggiamento di accoglienza e di disponibilità per quanto lo Spirito nella sua creatività suscita anche al di fuori delle appartenenze visibili e costituite. Indica la promessa e la speranza che tutti siano profeti nel popolo del Signore, cioè testimoni e portatori della Parola che è sempre nuova e spinge sempre oltre. Mosè vede nella profezia di Eldad e Medad la chiamata e l'azione dello Spirito che soffia dove vuole. Potremmo trovare in queste parole l'indicazione di una comunità in cui la responsabilità della profezia, della fedeltà alla Parola sia riconosciuta in ogni suo membro. Applicando alla chiesa questa riflessione potremmo così dire: “La chiesa non succede a Cristo. Nasce in permanenza da lui. Ha la sua fonte sempre nuva in lui, nel sacrificio e nell’offerta della croce, nella vittoria della sua risurrezione, nel dono del suo Spirito santo… anche la Chiesa, a modo suo, è come una creazione continua di Dio. Persino, e forse soprattutto quando si logora e invecchia, non cessa di essere chiamata a nascere e rinascere da lui…” (C.Dagens, Libera e presente. La chiesa nella società secolarizzata, EDB 2009, 74-75)
“’Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva’. Ma Gesù disse: ‘Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi’”.
Ai discepoli preoccupati perché qualcuno agise ma ‘non era dei nostri', Gesù risponde "Chi non è contro di noi è per noi. Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa".
Anche i discepoli di Gesù non riconoscevano come 'uno dei nostri' colui che scacciava i demoni, che agiva attuando liberazione di chi era oppresso. Lo Spirito agisce con libertà e a noi è richiesta l'attitudine a saper riconoscere i segni della sua presenza a non vivere nella paura ma nella apertura ad accogliere la sua iniziativa anche in persone e nei movimenti storici che non riconoscono esplicitamente il riferimento a Cristo.
La vita al seguito di Cristo si riconosce non tanto da proclamazioni esteriori o gesti di culto, piuttosto nel quotidiano dell'esistenza: un bicchiere d'acqua dato nel suo nome non andrà perduto e in ogni gesto che ha alla sua radice il dono è presente la comunicazione del Dio della gratuità. Le chiamate dello Spirito giungono dai gesti anche di chi cristiano non è e ci invitano a rimanere come coloro che sono a servizio dell'agire di Dio nella storia, e in ascolto umile aperti a quei passaggi di novità che furono esperienza anche delle prime comunità. Nessuno può avanzare la pretesa di avere il monopolio della salvezza. Gesù invita poi a tagliare tutto ciò che può essere di impedimento e di inciampo (scandalo) a chi è piccolo, cioè coloro che sono più più deboli nella fede. L’attenzione per questi ‘piccoli’ è segno di un modo di pensare alla fede non come percorso individuale che può aprire a forme di orgoglio, ma come vicenda comunitaria in cui ognuno deve farsi carico dell’altro. Rompere con ogni occasione di male e di peccato è un movimento in cui perdersi per ritrovarsi. Anche nella vita personale c’è la dimensione dello scandalo: ‘se la tua mano ti è motivo di scandalo tagliala’. Sono espressioni da leggere come immagini di richiamo ad una radicalità di orientamento e decisione nel togliere via tutto quello che impedisce di camminare nell’incontro con Lui e nella fedeltà alla chiamata del Padre verso il regno di Dio.
“Ecco il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente”
La lettera di Giacomo ha parole durissime per i ricchi che opprimono il giusto: non si può vivere nel disinteresse per gli altri ma ogni tesoro diverrà ruggine se non è inteso secondo la logica della responsabilità e della condivisione per gli altri e con i poveri. Nello stile della protesta profetica queste parole sono non tanto espressione di minaccia e di vendetta, presentazione del volto di un Dio vendicativo e giudice. Piuttosto si presentano come un accorato invito ad una revisione della propria vita e ad un cambiamento. C’è un modo sbagliato di vivere l’uso dei beni, secondo la logica dell’accumulo senza limite e nel disinteresse verso chi soffre. ‘Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni’. Eppure proprio la prospettiva degli ultimi giorni dovrebbe suscitare un comportamento diverso nel presente. Ciò che è considerato ricchezza e frutto di accumulo si trasformerà in ruggine che corrode la vita stessa e genera infelicità e morte.
E’ questa una pagina che letta nella situazione di ingiustizia che segna il nostro mondo, suscita un forte ripensamento sul nostro modo di vivere. E’ uno stimolo ad essere critici di fronte al mito di un benessere senza limiti, a pensare che siamo oggi chiamati ad operare un cambiamento radicale in vista di stili di vita segnati dalla sobrietà e dalla solidarietà.
Alessandro Cortesi op
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