Pier Giorgio Frassati nasce a Torino il 6 Aprile 1901, da famiglia di origine biellese.
Il padre, Alfredo, fondatore, proprietario e direttore del giornale "La Stampa", nel 1913 è nominato senatore del Regno e nel 1921 ambasciatore d'Italia a Berlino.
Pier Giorgio frequenta le scuole presso il Ginnasio-liceo Massimo D'Azeglio e l'Istituto Sociale retto dai Gesuiti; nel Novembre 1918 si iscrive al Politecnico di Torino: corso di Ingegneria industriale Meccanica (con specializzazione mineraria). Nel 1919 entra a far parte del Circolo universitario cattolico Cesare Balbo: un momento molto importante perchè coincide con un più deciso impegno nella società, in nome e a partire dai suoi ideali cristiani, mentre incombe sul paese una crisi politica che sfocerà nel regime fascista. Iniziano anni in cui le sue intense giornate si dividono tra gli impegni di studio e la partecipazione ad incontri, dibattiti, convegni; tra i frequenti soggiorni in Germania, dove continua il suo "tipo" di vita, e i momenti di riposo e di distensione trascorsi sui monti; tra la dedizione alle opere di carità e l'impegno politico, sociale, culturale. E' iscritto al Partito Popolare Italiano, alle Conferenze di San Vincenzo, al Circolo Milites Mariae della Gioventù Cattolica, alla Pax Romana, un'organizzazione internazionale che riunisce i cattolici intenzionati a promuovere la pace; fa lavoro di propaganda per i giornali cattolici. Prende parte attiva alla vita delle associazioni cattoliche, partecipando tra l'altro ai vari Congressi Eucaristici che si svolgono in alta Italia; nel 1921 partecipa al Congresso della Pax Romana a Ravenna e a quello della Gioventù Cattolica a Roma. Nel 1922 entra nel Terz'ordine domenicano nella chiesa di San Domenico in Torino assumendo il nome di fra' Girolamo Savonarola. Muore il 4 Luglio 1925 (quando gli mancano pochi mesi alla Laurea) dopo quattro giorni di dolorosa e improvvisa poliomielite fulminante.
Nel 1932 il card. Maurilio Fossati, arcivescovo di Torino, apre il processo diocesano informativo sulle virtù eroiche e la fama di santità di Pier Giorgio Frassati. Nel 1935 il processo si chiude a Torino e l'incartamento passa a Roma alla Sacra Congregazione dei Riti. Nel 1977, dopo una lunga sosta per motivi d'istruttoria, il processo viene ripreso dietro sollecitazione di Paolo VI, che ha conosciuto personalmente Pier Giorgio. Il 31 Marzo 1981 viene eseguita la ricognizione della salma nel cimitero di Pollone dal Tribunale Diocesano per le cause dei Santi. Come dichiarato, la salma è ritrovata in perfetto stato di conservazione. Il 20 Luglio 1981 si chiude a Torino, alla presenza del card. Anastasio Ballestrero, il processo apostolico, e il 31 Luglio gli atti sono trasferiti a Roma alla Sacra Congregazione per le cause dei Santi. Venerdì 23 Ottobre 1987, mentre è in corso l'Anno Mariano e il Sinodo mondiale dei vescovi sulla vocazione e la missione dei laici, alla presenza di Giovanni Paolo II nella Congregazione per le cause dei Santi sono riconosciute, con la promulgazione di uno speciale decreto, le virtù eroiche del Venerabile Pier Giorgio Frassati. Il 21 Dicembre 1989 - dopo aver accolto il parere favorevole delle commissioni di medici, teologi e cardinali - un decreto riconosce ufficialmente un miracolo dovuto all'intercessione di Pier Giorgio Frassati: la guarigione del friulano Domenico Sellari dal morbo di Pott, avvenuta nel 1933.
Pier Giorgio Frassati è solennemente proclamato Beato il 20 Maggio 1990 da papa Giovanni Paolo II: la sua festa si può celebrare ogni anno nel giorno della sua nascita al cielo, il 4 Luglio. Il 16 Settembre avviene la traslazione delle sue reliquie dal cimitero di Pollone, nel biellese, alla Cattedrale di S. Giovanni Battista di Torino.
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DA ALCUNI SCRITTI. «Sempre più desidero scalare i monti, guadagnare le punte più ardite, provare quella gioia pura che solo in montagna si ha» (lettera a un amico).
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«Dal ghiacciaio il mio pensiero è corso agli amici lontani: li avrei voluti avere tutti qui a godere con me quello spettacolo meraviglioso» (lettera a un amico).
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«Ieri sono stato insieme con Bertini Delpiano e altri del circolo «Cesare Balbo» al convegno di Novara. E’ stata una manifestazione che veramente mi ha colpito: sono passati per le vie di Novara, recentemente funestate da sangue fraterno, migliaia e migliaia di giovani entusiasti e pieni di Fede. [...]
V’è un buon risveglio anche di gioventù femminile (nota bene alla presidentessa abbiamo venduto 2 libretti) purtroppo si notava anche molte signorine fasciste, le quali però al vedere tanti giovani al fianco delle bandiere della Fede e pregare per le vie della città si ritirarono un po’ mortificate; speriamo che la Provvidenza arrivi ai loro cuori, affinché riporti queste pecorelle smarrite all’ovile.
Avevo portato 50 libretti con me temendo di non poterli vendere ed invece per fortuna me ne restano pochi e poi un centinaio sono venduti».
(lettera a Antonio Severi, 9 ottobre 1922)
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Mi piacerebbe molto che tu assumessi il nome di Fra Girolamo, non perché è il nome che io ho come figlio di San Domenico, ma perché mi ricorda una figura a me cara e certamente anche a te, che hai comune a me gli stessi sentimenti contro i corrotti costumi, la figura di Girolamo Savonarola, di cui io molto indegnamente porto il nome.
Ammiratore fervente di questo frate, morto da santo sul patibolo, ho voluto nel farmi terziario prenderlo come modello, ma purtroppo sono ben lungi da imitarlo.
Pensaci e poi scrivimi le tue idee in proposito».
(lettera a Antonio Villani, Pollone, 31/8/1923)
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«Carissima, grazie anzitutto della buona lettera. Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? finché la Fede mi darà forza sempre allegro! ogni cattolico non può non essere allegro: la tristezza deve essere bandita dagli animi cattolici; il dolore non è la tristezza, che è una malattia peggiore di ogni altra.
Questa malattia è quasi sempre prodotta dall’ateismo; ma lo scopo per cui noi siamo stati creati ci addita la via seminata sia pure di molte spine, ma non una triste via: essa è allegria anche attraverso i dolori.
Poi in questi giorni l’animo mio esulta perché è giunto da Livorno Marco Beltramo».
(lettera alla sorella, Torino, 14/2/1925)
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E' STATO DETTO DI LUI. "Piergiorgio è stato qualcosa di più di un giovane, puro, allegro, orante, aperto alla vera bellezza e libertà, pieno di comprensione per i problemi sociali, che porta nel suo cuore la Chiesa e il suo destino con serena e virile naturalezza, così come tanti giovani di allora e di oggi. Al suo tempo non erano ancora molti coloro che, pur provenendo da un ambiante borghese e liberale, fossero cristiani come Frassati, senza che si debba ricorrere per lui alla normale legge psichica della protesta dei figli contri i padri. Questo infatti è il fatto insolito: in cui manca tale protesta. Egli è un cristiano che semplicemente tale si presenta e ha protestato soltanto essendolo con tutta naturalezza, come se fosse naturale per tutti. E' uno che ha il coraggio e la forza di essere un cristiano non per una reazione contro la generazione dei propri genitori, non a motivo di diagnosi o di prognosi culturali o altro di simile, ma perché ha compreso il cristianesimo stesso, che ci insegna a credere in Dio, nel valore della preghiera e dei sacramenti, alimento dell'eterno nell'uomo, e nella fraternità universale. In lui si può scoprire all'opera in maniera misteriosa e umanamente inspiegabile la grazia di Dio: all'improvviso si ripresenta un cristiano dove l'ambiente e i genitori pensavano che ciò fosse semplicemente superato. Ed egli è lì giovialmente, senza diventare partito che si autopropaganda e si sforza con veemenza di distinguersi. E' semplicemente un cristiano che, dopo aver compreso se stesso sino a spaventarsene e dopo aver risolto, forse piangendo, i suoi problemi tuffandoli nella grazia, vive il suo cristianesimo pregando, mangiando il pane della morte e della vita, amando i suoi fratelli" (dalla biografia di K. Rahner scritta da H. Verglimler).